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Giochiamo come mangiamo! Junk Food, Ginola e la rivoluzione Wenger…

3 ' di letturaE’ una domenica di pioggia a Sheffield. Negli scomodi spogliatoi ospiti di Hillsborough il Newcastle United si prepara alla battaglia, col silenzio che aumenta la bramosia dei 3 punti. I Magpies sono primi in classifica, trainati da un francese tutto velocità e cambi di direzione, e si apprestano ad affrontare il Sheffield Wednesday in trasferta. Il ragazzo in questione è David Ginola, e si accinge a prendere qualcosa dalla sua tuta bianca e nera. E’ un pacchetto di sigarette. Mentre si cambia scarpe si siede e accendendola assapora il gusto del tabacco. I suoi compagni lo guardano allibiti, e iniziano a chiamare il loro allenatore “Coach, David is smoking! He is smoking!” La giovane ala risponde “Calm down, He saw me!” con il suo inglese ancora tentennante. Durante la partita David segna un bellissimo gol, centrando la vittoria per la squadra. A fine gara Kevin Keegan gli si avvicina e si scusa per prima, spiegandogli che in Inghilterra non si fuma prima e dopo le partite, non è una buona abitudine. Durante il ritorno il pullman fa una deviazione. Mentre i giocatori scendono Ginola non capisce, è stanco e vuole solo tornarsene a casa. Poi si rende conto, mezza squadra sta accerchiando un piccolo baracchino che vende Fish&Chips. Keegan lo invita a provare: “dopo la partita non fa mai male” dice. David rifiuta gentilmente e nella sua testa pensa “altro che le mie sigarette”. 

 

Nel 2018 Gabriel Jesus, alla sua prima stagione nel City del maestro Guardiola, ammette di avere un problema col cosiddetto junk food: “quando sono a casa non mangio molto bene, spesso pizza e pasticcini. Potrei mangiarne tutto il giorno. Solo perché sono giovane non sto avendo problemi ma non so a cosa andrò incontro se non cambio abitudini”. 

Ad oggi, per fortuna, i giocatori con cattive abitudini alimentari sono casi isolati e i nutrizionisti delle squadre sono professionisti che curano al 100% la dieta dell’atleta. Tuttavia, back in the days, i grassi e le bevande alcoliche erano buoni compagni del calciatore professionista. 

Ma come si è passati dal Fish&Chips rifiutato da Ginola ai pasti perfettamente bilanciati che sono sulle tavole degli atleti di Premier? La risposta si chiama Arsene.

Quando Wenger si insediò sulla panchina dell’Arsenal cambiò per sempre il calcio inglese, partendo dai piccoli dettagli, come racconta la punta gunner Ian Wright. Oggi Wright trascorre il suo tempo cercando di aiutare i bambini obesi in Gran Bretagna a mettersi in forma. Ma quando Wenger inizialmente cambiò menu all’Arsenal, Wright storse il naso di fronte ai broccoli. “Cosa sono questi mister?” Chiese l’attaccante inglese, “Brocoli” rispose in perfetto accento francese il nuovo coach.

Inaspettatamente i giocatori si adattarono rapidamente. Gli integratori vitaminici vennero banditi. L’alcol non venne proibito ma scoraggiato: un ottima mossa considerando la sua importanza nella costruzione dello spogliatoi inglesi. Da ragazzo sotto la casa di Wenger, in Alsazia, si trovava un pub e questo bastò per fargli capire che l’alcool non è il migliore amico dell’uomo.

Il nuovo allenatore forzò i propri giocatori a pensare come atleti a 360 gradi, e non come lads qualunque. Aiutato anche da una campagna acquisti che aveva riempito la dressing room di facce francesi, riuscì ad invertire un paradigma che era radicato da tempo. 

In breve tempo le altre squadre si sono adattate, notando il livello delle prestazioni dei gunners e scoprendone il segreto. Tuttavia alcuni giocatori continuano a mangiare e soprattuto bere male. Perché per loro il calcio e il pub sono due linee che scorrono parallele, solo che una finirà prima e l’altra forse mai. Proprio come Rooney, la cui password del cellulare fu rivelata da un hacker nel 2013. Indovinate?

Stella Artois.

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