MARCO MATERAZZI (EVERTON, 1998/99)
Uno degli eroi di Berlino, è il classico giocatore che si è fatto partendo dal basso, nelle serie minori con Tor di Quinto e Marsala, prima di conoscere la C con Trapani e Carpi. Già nell’orbita del Perugia da alcune stagioni, nel 1997 esordisce finalmente in Serie A – guarda il caso – contro l’Inter, per poi realizzare il primo gol nel massimo campionato contro la Juventus. Arrivano la retrocessione e l’immediata risalita in A degli umbri. E qua, a sorpresa, il club di Gaucci accetta l’offerta di 6 miliardi di lire dell’Everton, attratto dalle buone prestazioni di Materazzi, diventato ormai stabilmente titolare al centro della difesa del Grifone. Lo vuole fortemente il manager Walter Smith, convinto che l’imponente fisico del ragazzo sia adatto a farlo sfondare in Premier. Dal punto di vista tecnico, la stagione di Materazzi non è negativa. Gioca da titolare ma fatica a frenare il suo grande agonismo: alla fine i rossi collezionati sono ben quattro. Troppi per la dirigenza dei toffees, che individua nell’italiano uno dei colpevoli del negativo campionato, chiuso al 14esimo posto. Dopo 33 presenze e due gol fra premier e coppe, viene così rispedito a Perugia. Si è trattato probabilmente di un errore, visto che proprio da qua inizia l’inarrestabile salita di Matrix verso il grande calcio: i 12 gol con gli umbri, il triplete con l’Inter, il mondiale con la nazionale. Una sola stagione sulla sponda blu del Mersey, eppure un legame profondo stretto con i tifosi locali. Quando infatti due estati fa si recò a Liverpool per motivi personali, i suoi ex supporters inondarono i social con messaggi di bentornato in città. Anche la società lo omaggiò con una foto che lo ritraeva assieme al piccolo figlio.
CHRISTIAN PANUCCI (CHELSEA, 2000)
Altro difensore forte e vincente, Panucci ha giocato in Spagna, Inghilterra e Francia. Cresciuto nelle giovenili del Genoa (quando si manteneva lavorando in un distributore di benzina, per non gravare economicamente sui genitori) In Italia lo ricordiamo soprattutto per aver vinto tutto nel Milan, e per le ottime annate alla Roma. Nel mezzo altre esperienze fra alti e bassi, condizionate dal carattere non semplicissimo del giocatore. Nel gennaio 1997 infatti, lascia i rossoneri per i forti contrasti con Arrigo Sacchi – traghettatore di lusso – per accasarsi al Real Madrid, sotto la guida del suo mentore Fabio Capello. Nel 2000 invece, dopo aver alzato ogni sorta di trofeo nella capitale spagnola, saranno i problemi di convivenza con Marcello Lippi a fargli cambiare aria dopo un solo anno nell’Inter. Arriva dunque il passaggio al Chelsea degli Italiani Zola, Vialli e Di Matteo. Le cose con i Blues sembrano partire con il piede giusto, ma la squadra vive un periodo di risultati negativi. Lo spogliatoio è spaccato a metà, e una fronda capeggiata da Deshamps, Petrescu e Zola chiede l’allontamamento dalla panchina di Vialli. A farne le spese dopo sole cinque giornate, è proprio l’ex attaccante di Sampdoria e Juventus, che ricopriva il duplice ruolo di allenatore e giocatore. Il suo successore, Claudio Ranieri, non vede un titolare nell’ex Real, che perde così il posto a favore di Mario Melchiot. Nonostante abbia dichiarato in una recente intervista che il suo periodo a Londra è stato positivo dal punto di vista dei rapporti umani con i compagni di squadra, dopo soli sei mesi Panucci è costretto a salutare i Blues, con appena 8 presenze. Passa così al Monaco, prima del rientro in Italia con la Roma e un’ultima stagione con il Parma.
DAVID DI MICHELE (WEST HAM, 2008/09)
Tipico attaccante di provincia, lo ricordiamo soprattutto con le maglie di Udinese, Reggina, Palermo, Torino e Lecce. Dopo essersi fatto le ossa con i colori di Lodigiani, Foggia e Salernitana, fra Serie C e B, lo chiama l’Udinese, con cui inizia una serie di stagioni nella massima serie con alterna fortuna. Dopo la parentesi di due anni alla Reggina, torna a Udine, dove disputa la sua migliore stagione in Serie A, con 15 centri. Dopo le tre annate fra Palermo e Torino, piuttosto buone dal punto di vista tecnico, meno da quello realizzativo, ecco che arriva la chiamata del West Ham, nel settembre 2008. Dopo aver sfiorato negli anni precedenti il passaggio all’Inter e alla Roma (trattative bloccate in extremis da Salernitana e Udinese), quando ha 32 anni sembra cosa fatta il trasferimento in giallorosso, alla corte di Luciano Spalletti. Il presidente granata Urbano Cairo, però, si mette di traverso, sostenendo di non voler cedere il giocatore a una concorrente per l’Europa League. De Biasi non lo vuole al Toro, così Di Michele prende il volo per Londra e atterra al West Ham. All’esordio, sostituisce il beniamino locale Dean Ashton, mentre alla prima ad Upton Park realizza una doppietta e un assist nel 3-1 sul Newcastle, all’esordio di Gianfranco Zola come manager degli Hammers. Sembra l’inizio di una favola, ma si tratta di una rondine a febbraio, o poco più. Il feeling con il calcio inglese stenta a decollare, l’attaccante incappa in qualche simulazione di troppo, e non riesce a entrare nel cuore dei tifosi. Il bilancio finale sarà di 4 reti e altrettanti assist distribuiti in 30 presenze. “E’ stato bellissimo e ho imparato tanto – ha riportato due anni fa Lalaziosiamo noi – In Inghilterra ci sono tante squadre, poche però ti lasciano l’emozione degli Hammers. Hanno fascino […] Andai lì e da italiano non fu semplice. Prima di me Di Canio era diventato una leggenda. Terminato il prestito, torna a Torino (nel frattempo retrocesso), vivrà due promozioni in A con i granata e con il Lecce, prima delle ultime annate al Chievo e alla Reggina.
ROLANDO BIANCHI (MANCHESTER City, 2007)
Cresciuto nell’inesauribile vivaio dell’Atalanta, nei suoi primi anni da professionista fra Bergamo e Cagliari fatica a trovare continuità di presenze e reti. La stagione della svolta è quella 2006/2007, la seconda alla Reggina, nella quale segna ben 18 gol, guidando i suoi a una miracolosa salvezza, raggiunta nonostante 11 punti di penalizzazione. Dopo un biennio agrodolce alla Lazio, farà vedere le cose migliori al Torino, che riporta in Serie A a suon di gol, divenendo un idolo dei tifosi. Ormai sulla via del tramonto, inizia un peregrinare fra Bologna, di nuovo Atalanta, Maiorca, per chiudere in cadetteria, con Perugia e Pro Vercelli. Ma nel mezzo, quando era all’apice della carriera, va annoverata la sua esperienza in Premier, al Manchester City. All’epoca i citizens, navigavano a metà classifica, ed erano ben lontani dall’essere lo squadrone pieno di campioni che conosciamo oggi. Bianchi era reduce dalla stagione magica alla Reggina, che si rivelerà essere per distacco la migliore in Serie A dell’attaccante. Così nel 2008 per la cifra all’epoca considerevole di 13 milioni, ecco che il City si assicura l’attaccante, che per vestire la maglia numero 10 oltremanica rifiuta la chiamata del Napoli, appena tornato in Serie A.
L’inizio dell’avventura è da sogno: gol all’esordio in campionato, gol all’esordio in Curling Cup, replica in poco tempo contro Tottenham e Bolton. Poi, però, qualcosa si rompe. L’allenatore Sven Goran Erikson, vecchia conoscenza del calcio italiano, lo relega sempre più spesso in panchina, a vantaggio di Mpenza e Samaras. Sull’italiano piovono dure critiche. Il bilancio della stagione non è buonissimo, ma neanche terribile: In sei mesi e 27 presenze trova la via del gol 6 volte. Troppo poco però per giustificare l’investimento sostenuto. Uno score che addirittura lo farà classificare al 38esimo posto nella poco onorevole classifica dei 50 peggiori attaccanti della storia della Premier League. “Nonostante tutte le difficoltà – ha dichiarato a fine 2019 a Sportweek – è stata un’esperienza di vita e di calcio pazzesca. Ho sbagliato a tornare in Italia. Sono stato invitato per la partita di Champions con l’Atalanta: ho ricevuto un’accoglienza fantastica. […] Lasciatemelo dire, non sono stato dimenticato”.
ANTONIO NOCERINO (WEST HAM, 2014)
Autentico girovago, in giovane età cambia molte squadre in Serie B, prima di attirare le attenzioni della Juventus, che appena tornata in Serie A dopo Calciopoli, lo preleva dal Piacenza. Lascia i bianconeri dopo una sola stagione, per affermarsi al Palermo come affidabile motore di centrocampo, in grado di portare in dote anche qualche gol. Dopo il più che buono triennio in Sicilia, arriva quasi a sorpresa la chiamata del Milan. Nonostante lo scetticismo iniziale, vive la stagione della vita, e grazie ai movimenti di Ibrahimovic segna ben 10 gol. I rossoneri perdono però tutti i loro campioni, e il rendimento di Nocerino cala vistosamente. A gennaio 2014, finito ai margini nel Milan, arriva il prestito al West Ham. E’ il manager degli Hammers Sam Allardyce a volerlo ai propri ordini. Nelle interviste di rito, il centrocampista si sente adatto al calcio inglese, fisico e veloce. L’esordio nello 0-0 con il Chelsea, è un piccolo derby personale con Mourinho, che saluta affettuosamente Nocerino e Borriello, compagni di squadra in questa avventura inglese. Le cose non vanno però per il verso giusto. Il centrocampista viene impiegato a intermittenza, non in tutte le partite, quasi sempre da subentrante. La situazione sembra migliorare in primavera. Gioca alcuni match da titolare, e in una sfida contro l’Arsenal viene eletto migliore in campo. Arrivano le classiche interviste di rito, dove afferma di trovarsi bene nella Premier e di sentirsi come in famiglia negli Hammers. Nonostante i buoni propositi, e la ribadita volontà del giocatore di voler restare, al termine del prestito non arriva il riscatto, e saluta così Londra con 10 presenze e nessun gol. Dopo i soliti balletti di mercato, che sembravano poter confermarne la definitiva permanenza al West Ham, la sua carriera prosegue fra Torino e Parma, e dopo un ultimo scampolo al Milan, Nocerino si regala l’esperienza americana a Orlando, prima di chiudere la carriera in Serie B al Benevento.