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5 cose che probabilmente non sapevi su N’golo Kanté

4 ' di lettura

N’golo Kanté non ha bisogno di presentazioni. Il piccolo centrocampista del Chelsea e della nazionale francese è ormai da alcuni anni riconosciuto come uno dei maggiori interpreti del suo ruolo a livello mondiale. E’ altrettanto noto il suo carattere umile e gentile, grazie al quale risulta praticamente impossibile non provare simpatia per lui. In questo articolo abbiamo raccolto cinque curiosità sul numero sette dei Blues che probabilmente non sapevi.

IL PICCOLO N’GOLO, BAMBINO SPAZZINO

La storia di Kanté è simile a quella di tanti immigrati provenienti dall’Africa. Nato nei sobborghi di Parigi, da una famiglia molto povera originaria del Mali, è il primo genito di ben 3 fratelli e 4 sorelle. Nel modesto appartamento di un palazzone di periferia dove vive, impara subito a fare i conti con la vita. Perde il padre quando ha appena 11 anni, e seppur ancora bambino, in quanto figlio più grande, si ritrova sulle spalle la responsabilità di aiutare la madre, che fa le pulizie, a portare a casa i soldi per mangiare. Non una novità, per il piccolo N’golo, che già a sette anni si procurava degli spiccioli macinando chilometri in giro per Parigi a cercare rifiuti da vendere alle ditte di riciclaggio. Quando il 12 luglio 1998 la capitale era impazzita di gioia per i mondiali appena vinti a Saint-Denis contro il Brasile, lui era a setacciare le strade in cerca dei rifiuti che la bolgia festante si era lasciata dietro. Quella nazionale vincente e fortissima, vantava campioni che avevano sangue africano, su tutti Zidane, Thuram e Makelele. Da quel momento, N’golo ha degli esempi da poter ambire di imitare. Dopo la sbornia da mondiale, ovunque sorgono associazioni sportive e squadrette di quartiere. Inseguire il sogno di fare il calciatore diviene possibile.

Un giovanissimo Kanté aspetta timidamente il suo turno per poter sollevare il trofeo vinto dalla squadra

RAGIONIERE KANTÉ, CON TANTO DI LAUREA

Kanté non ha mai avuto nella statura il suo punto di forza. Al contrario, da ragazzino è stato scartato da più squadre perché era troppo esile. Se oggi sembra un ragazzo che gioca con gli adulti, una decina di anni fa sembrava un bambino in mezzo ai ragazzi. Dopo aver giocato addirittura in quinta e sesta serie francese, a 21 anni è ancora bloccato nella squadra delle riserve del Boulogne, in CFA2 (il quarto livello del calcio d’oltralpe), e dorme in un alloggio destinato a studenti di meccanica. Normale che nella mente di N’golo si faccia spazio l’idea che il calcio potrebbe non rappresentare il suo futuro professionale. Proprio per questi dubbi, decide di completare gli studi da ragioniere, e arriva anche a conseguire la laurea in Accountancy. Finalmente la prospettiva di un buon lavoro, dopo i sacrifici compiuti da ragazzino. Il vento inizia a cambiare quando viene aggregato alla prima squadra del Boulogne, in ligue 2. Da lì in poi la scalata al successo verso il Chelsea, passando per Caen e Leicester, sarà rapida e in discesa.

AL CAMPO DI ALLENAMENTO CI VADO A CORSA…

Forse tutti o quasi sanno che Kanté è quello che si definisce una mosca bianca fra i calciatori in tema di automobili. Possiede infatti una umile Mini Cooper dai tempi del Leicester. Macchina che il centrocampista non ha alcuna intenzione di cambiare, nonostante i graffi collezionati negli anni. Del resto lui un’auto non aveva alcuna intenzione di comprarla, appena arrivato dalla Francia alle Foxes. A 21 anni si spostava per fare la spesa e andare ad allenarsi con il monopattino, perché non si poteva permettere di acquistare una macchina. Dunque per N’golo la soluzione migliore era quella di spostarsi per Leicester… a corsa. La dirigenza del nuovo club ha dovuto faticare non poco per imporre al ragazzo di comprare un’auto. E allora, se doveva essere obbligato, tanto valeva che il mezzo lo rappresentasse al meglio: piccolo, umile, ma con un motore resistente, proprio come quello che sembra muovere le sue gambe veloci che non conoscono fatica.

Kanté alla guida della sua Mini

QUEL RECORD CONDIVISO CON CANTONA

Ripercorrendo la vita di Kanté è evidente che ci troviamo al cospetto alla classica storia del ragazzo partito dal basso che si è fatto da solo. Impegno, passione e tanti sacrifici, hanno portato questo piccoletto a imporsi in Premier League, dove il fisico riveste un’importanza primaria. Nel ruolo di centrocampista, oltretutto. Così, come prima macinava chilometri per le strade di Parigi in cerca di rifiuti, oggi corre all’impazzata per tutto il campo in cerca di palloni sporchi da riciclare per i compagni. Un giorno Ranieri gli disse che sarebbe arrivato il giorno nel quale Kanté avrebbe crossato e sarebbe andato lui stesso in area a calciare. In fondo si sa, il 70% del pianeta è occupato dall’acqua, il resto da Kanté. Forse proprio la determinazione che N’golo mette nel rettangolo verde, insieme alla giusta dose di fortuna, lo hanno portato ad aggiudicarsi un primato che prima apparteneva al solo Eric Cantona. I due francesi sono i soli ad essere riusciti ad aggiudicarsi la Premier League per due anni di fila con due squadre diverse. Quando si dice spostare gli equilibri…

TROPPO TIMIDO PER CHIEDERE IL TROFEO

Da quando ha iniziato a correre su un campo di calcio, Kantè ha sempre dovuto rincorrere e faticare più degli altri. Se ogni volta sei il più basso ed esile, se ogni volta vieni guardato con sospetto, con aria come dire “ma questo veramente può giocare?”, è normale che ti possa sorgere il dubbio di essere fuori luogo, inadeguato per il successo raggiunto. In fondo N’golo a 21 anni aveva appena di che vivere nel calcio dilettantistico, e soli cinque anni più tardi si laureava campione di inghilterra da protagonista. Questa infinita umiltà lo ha messo al centro di un curioso siparietto durante i festeggiamenti subito dopo la vittoria del mondiale contro la Croazia. Mentre tutti i compagni di nazionale facevano a gara per alzare il trofeo al cielo, col passare dei minuti Kanté non era ancora riuscito neppure a sfiorare l’ambita coppa. Il motivo? Troppo timido, si vergognava a chiedere di avere il suo momento di gloria, come rivelerà in seguito Olivier Giroud. Per fortuna Steven Nzonzi si è accorto della scena, e ha provveduto a consegnare al nostro eroe la più che meritata coppa.

Leggi anche: Leicester City 2015/16: un sogno impossibile

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