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domenica 24 Novembre 2024
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05-03-20, il giorno in cui tornai da Rooney con l’ennesima sigaretta accesa

5 ' di letturaHo acceso la dodicesima sigaretta della giornata. Sono ancora le cinque e venti del pomeriggio, sono già nervoso. Durante il viaggio in macchina ne avrò fumate circa due, forse tre di queste Chesterfield rosse che stranamente oggi ho comprato. Di solito mi affido alle Winston rosse, più che di solito lo faccio da quando tu sei andato via, qualche anno fa. Oppure mettiamola così: lo faccio da quando hai dovuto accettare il fatto che i tuoi anni con noi erano stati abbastanza per qualcuno e hai lasciato forzatamente Manchester. Come mai? Ancora te lo chiedi? Ti hanno incastrato. Ti hanno detto che non servivi più. Te ne sei reso conto no? Hai capito che è stato tutto un complotto spero. Sì, perché solo questo puoi pensare. Solo con questa pazza ipotesi puoi ragionare sul fatto che il bomber più prolifico della storia del Manchester United se ne sia andato come un viscido rettile di cui si era ormai ci si era stancati lì, tra le scartoffie, i computer super-moderni e i piani di sviluppo della società.

Sì, piani di sviluppo, perché per come hanno trovato te amico mio, ne stanno cercando già altri pronti a rimpiazzarti. Va benissimo l’innovazione, l’aggiornamento, lo stare al passo coi tempi, va benissimo anche circondarsi di mega strutture e palazzoni, e bravi allenatori, e osservatori e spie nel senso buono della parola per tornare ad essere grandi. Va bene tutto quello che mandi avanti questa squadra per me. Ma il tuo omicidio, il tuo stupido e orrendo omicidio, lo sogno ancora la notte. Te ne sei andato in silenzio, e io neanche ci credevo che te ne fossi andato. Certo, qualcosa l’avevo capita, ma non avevo proprio avuto modo di realizzare il fatto che te ne saresti andato un giorno.

Accendo la tredicesima sigaretta intanto, sono nei pressi di Pride Park. La mia maglia rossa non è la sola nei pressi dell’impianto del Derby County. Siamo in tanti, siamo forti, anche se si nota meno rispetto a qualche anno fa. Finisco la birra e mi metto in fila, canto, penso a quello che eravamo ieri. Poi piango, piango mentre staccano una parte del mio biglietto. Sono già seduto in tribuna quando tu esci dagli spogliatoi per il riscaldamento. E ti fisso, immobile, sento la rabbia, avverto una sensazione di freddo inspiegabile. Ma quel numero Wayne…cosa c’entra con te quel numero trentadue? Guardo la mia dieci, e piango di nuovo. Piango come un bambino a cui hanno tolto il gioco più bello dell’universo.

Asciugo le mie stupide lacrime, qualcuno mi guarda, ma non va oltre il semplice sguardo curioso di chi vuole farsi i fatti altrui. Accendo la sigaretta numero diciotto, ripensando a quella mattina in cui comprai il giornale a mio padre e leggemmo insieme la notizia del tuo arrivo a Manchester. 39 milioni di sterline chi le aveva mai viste? Tu no di certo, io nemmeno. La partita è iniziata già. Vorrei non guardarla, tornare a casa e vedere una partita diversa. Tu però sei un po’ più distante. Meglio di niente, continuo a guardarla.

Ti avevano provato a centrocampo ancor prima che te ne andassi, ma avevano capito di aver commesso un errore. Uno sbaglio, come quello di lasciarti in panchina nella tua ultima finale che, nonostante questo errore, siamo riusciti a vincere. Ho festeggiato, ma con amarezza. Tu eri felice, io no. Avevo già capito tutto. E quella passerella finale era la prova. L’entrata che hai fatto ormai a tempo scaduto era la prova. Non te la meritavi. Dovevi giocare tutta la partita.

Come io non mi merito questa visione di te che lotti nella seconda divisione per mandare avanti una squadra che già ti ha eretto a capitano e quasi manager. Ma ti rendi conto di ciò che sei capace di fare? E noi, come degli stupidi, come gente che non ha mai visto un calciatore scendere in campo al Theatre ti abbiamo lasciato correre via, tornare alla tua città, vestire ancora quel blu che hai sempre amato, provare ad accettare di averti così vicino ma così lontano allo stesso tempo. L’hanno accettato tutti il tuo ritorno a Liverpool. Tutti tranne me, che ho iniziato a comprare sigarette e smettere di guardare l’Everton. Sinceramente simpatizzo un po’ per l’Everton, forse perché abbiamo qualcosa in comune. In ogni caso ho diversi amici dell’Everton, ma non ho parlato di football con loro l’anno in cui sei partito. Non potevo. Avrei iniziato ad urlare contro l’intero paese, il governo, le multinazionali, e tante altre cose. Me la sarei presa con tutti quelli che mi circondavano e avrei dovuto pagare. Denaro ne avevo poco, dunque avrei perso la calma a pensarci su. Penso che me la sarei presa anche con la Regina. No per carità! La regina NO! Basta. Non posso perdere la calma, ho già perso la fiducia nel mio club, quindi niente rabbia. Solo sigarette, sigarette, e ricordi. Che purtroppo non tornano Wayne.

Ti rendi conto che mi stai consumando? So che non è colpa tua, lo so, ma non ho nessuno a cui dirlo, scusami. Intanto la gara prosegue. Batti una punizione, la vedo da lontano, tutti tirano un sospiro di sollievo, io no. Avrei voluto vedere quella palla dentro e vederti esultare. L’avrei fatto con te a costo di cadere dalla tribuna con la faccia gonfia e qualche dente saltato per via dei pugni. Non mi avrebbero fermato, forse sarei finito male, quindi menomale che da un lato non hai segnato. Sono alla venticinquesima, lo United sta vincendo, chiaramente vince, ma tu non ti fermi.

Manca poco al termine, vinciamo tre a zero, tu sei ancora lì, provi a trovare una soluzione, una via di fuga, un modo per dimostrare ancora chi sei. Accenno ad un sorriso forzato, la gioia c’è, ma vederti in difficoltà… Siamo quasi alla fine, guardo un’altra punizione con la ventisettesima in mano. Sono piazzato proprio dietro il palo destro della porta nostra. Il tiro è precisione, forza, classe, intelligenza. C’è tutto in quel tiro, ma Romero ha il tempo di pararlo. Bravo lui, che peccato. Sarebbe stata vana questa rete ai fini del risultato lo so, ai fini della qualificazione pure, ma sarebbe stato comunque un tuo gol, una tua invenzione. Qualcosa di unico a cui avrei assistito dal vivo. Un modo per dimenticarmi, almeno per un instante, che tu te ne sei andato e io ho iniziato a fumare.

Peccato che non sia entrato questo pallone. Avrei gioito anche se indossi un’altra maglia adesso, anche se penso che tu sia dal lato sbagliato, anche se i miei m’avrebbero ucciso forse. Non me ne sarebbe importato. Perché da quando non scendi più a Old Trafford o in tutti i campi della Terra per noi, qualcosa è cambiato. Non è più lo stesso Wayne, lo sapevi anche tu. Sei un uomo orgoglioso, sei un uomo forte, accetti tutto. Dimostri ogni singola sfumatura d’umanità, e questo ti fa onore. Come ti ha fatto onore entrare in campo, oggi, da capitano di un’altra squadra, vedere il tuo passato, tremare quel poco che serve prima del fischio d’inizio e, con una leggerezza da campione, far finta che fosse tutto normale.

Non è così. Non è normale che tu non sia più al Manchester United. Almeno per me. Sei dal lato sbagliato, ma non per screditare il Derby County o il tuo presente. Sei dal lato sbagliato perché non sei più tra noi. E un applauso a fine partita non basta, l’ovazione di Pride Park neppure, i saluti di tutti giocatori neanche a dirlo. L’abbraccio con Ole neanche. Niente basta per colmare il vuoto che sento. Riguardo la mia maglia rossa, penso a quella nuova bianca e nera che indossi. Ma cosa c’entra? Spiegamelo. Inizio a fumare di nuovo.

Adesso sono in macchina, sulla via di casa, con un’espressione cupa come il cielo d’Inghilterra nei giorni di pioggia in viso e la quarantesima della giornata in mano. È riduttivo dire che io sia triste, perché sono di più. Sono un uomo finito ormai, un tifoso del Manchester United che ha sostenuto il Derby County solo perché tu eri dall’altra parte. Sei capace di far anche questo ad un uomo che ormai, a parte contare le sigarette, non sa più che fare senza te.

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