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Bobby Charlton, l’elegantissimo tuttocampista di Ashington

5 ' di letturaSe cinque dei tuoi zii materni sono dei calciatori e, anche tuo fratello maggiore, inizia ad appassionarsi al football è poco probabile che tu scelga un’altra strada, soprattutto se possiedi delle qualità che, con tutto il rispetto per i parenti di prima, sono superiori a chiunque altro sotto il tetto di casa tua. Di questo avviso sarà di certo anche Jackie Charlton, difensore del Leeds per diciannove anni, compagno di reparto di Bobby Moore al mondiale d’Inghilterra del 1966, ex allenatore di Middlesbrough, Newcastle e Sheffield Wednesday nonché fratello maggiore di Robert Charlton, il poliedrico tuttocampista di Ashington meglio noto come Bobby. Insomma, quello che ha appreso il gioco del calcio dai parenti e l’ha reso qualcosa di più, di più serio ed elegante praticamente.

Parliamo sempre di quel Charlton lì, voluto da Matt Busby all’inizio degli anni Cinquanta, quello che a 15 anni firmò il suo primo contratto con il Manchester United. Quello che fece il suo esordio in First Division nell’ottobre 1956, giocando una partita contro una squadra che portava il suo stesso cognome a cui rifilò una doppietta davanti al pubblico dell’Old Trafford, che assistete ad un perfetto 4-2 quel pomeriggio. Bella presentazione per un novellino. Quel giovanissimo Bobby si aggiudicò la First Division in quella stagione (1956-57), mentre suo fratello Jackie conquistò un ottavo posto con il Leeds, in cui giocava dal 1950, che era appena stato promosso dalla Second Division. La vittoria del titolo valse chiaramente la qualificazione alla Coppa dei Campioni della stagione successiva, quella che sarebbe diventata l’ossessione di Matt Busby. L’andamento degli inglesi in Europa fu straordinario, il Manchester United raggiunse le semifinali della competizione. Il destino però aveva altri piani per quella squadra.

Il 6 febbraio 1958 l’aereo su cui viaggiano il Manchester United, al ritorno da una trasferta a Belgrado dove ha appena disputato i quarti di finale di ritorno della Coppa Campioni contro la Stella Rossa, e vari giornalisti è fermo a Monaco di Baviera. Non si leverà mai da terra, schiantandosi nello stesso aeroporto tedesco. Fuoco, lamiere, grida, disperazione. Sono solo poche parole per descrivere quel tragico momento. A perdere la vita sono in ventitré, Busby rimane gravemente ferito, ma è scosso dentro, come tutti i sopravvissuti, tra cui figura anche Bobby. Che non sarà più lo stesso da quel giorno.

Bobby Charlton nel 1966 ha vinto Mondiale e Pallone d’Oro

Il tecnico scozzese, che intanto si trovava in ospedale in condizioni molto gravi, aveva già un piano: ripartire, come sempre. E scelse proprio Charlton come punto di riferimento, l’uomo che non sorrise più da quel giorno. Quello che nel 1966 realizzò il primo gol dell’Inghilterra al Mondiale casalingo nella seconda sfida giocata contro il Messico. Quel Bobby Charlton che in semifinale si caricò una nazione sulle spalle superando anche il Portogallo di Eusebio, che segnò un gol in quell’occasione. Bobby ne fece due. È proprio lui, Bobby Charlton, il punto di ripartenza per tutto il Manchester United e non solo. Quello che, insieme al fratello Jackie e altri nove compagni, il 30 luglio 1966 scese sul prato di Wembley per dimostrare ai tedeschi (finalmente) chi avesse inventato il gioco del calcio, quello che si guadagnò meritatamente il riconoscimento come miglior giocatore europeo nell’anno benedetto dal popolo inglese.

Il Manchester United campione d’Europa nel 1968

Quello stesso tuttocampista che due anni più tardi, sempre a Wembley, insieme a un certo George Best, il suo antipodo per modi e applicazione nella vita extracalcistica ma anche grande compagno di squadra, condusse il Manchester United alla tanto voluta vittoria in Coppa dei Campioni nella finale contro il Benfica. Povero Eusebio, di certo ne aveva abbastanza di quei due fuoriclasse. Bobby in quella partita guidò i Red Devils con una prestazione da urlo e un colpo di testa eccellente che si infranse oltre la linea della porta lusitana. E dopo i supplementari, sul prato immenso di Wembley, guardando il cielo con la Coppa tra le mani e gli occhi pieni di lacrime, forse accennò ad un sorriso. Ma solo quella volta, perché poi di quella cosa che segnò per sempre la sua vita non ne parlò più con nessuno probabilmente.

Bobby Charlton, secondo miglior marcatore della storia del Manchester United, accanto a Wayne Rooney, primatista assoluto con 253 reti

 

Ma non cambia niente tutto ciò. Non cambia niente se davvero abbia sorriso o no da quel giorno. Perché Bobby era un grandissimo calciatore, un campione, ma soprattutto un uomo di parola. Busby l’aveva detto che quello sarebbe stato un punto di riferimento, Busby l’aveva detto che prima o poi avrebbe vinto la Coppa dei Campioni, Busby l’aveva detto che Bobby Charlton sarebbe diventato qualcuno di importante. L’aveva detto a sé stesso quel giorno che gli fece firmare il suo primo accordo con il Manchester United, a cui restò legato fino al 1973. E Bobby quel foglio di carta l’ha onorato fino all’ultima partita giocata per lo United. L’ha onorato così tanto da lasciare un segno indelebile ed essere il secondo giocatore più presente e prolifico della storia del club con 758 presenze e 249 gol.

A Sir Bobby Charlton è dedicata una tribuna di Old Trafford

E menomale che sua madre, Mrs Elizabeth Ellen “Cissie” Milburn, coniugata Charlton, si convinse a farlo giocare piuttosto che fargli sistemare fili elettrici. Probabilmente si era stancata di tutti quei palloni in casa e tutto quel football attorno con cinque fratelli al servizio del prato verde, ma menomale che si convinse… E la sua convinzione non venne tradita dal figlio minore, che nel corso del tempo non solo si guadagnò i migliori onori come calciatore, ma anche una statua di fronte al Teatro dei Sogni, una tribuna coperta e un titolo di baronetto da parte della Regina Elisabetta II.

Signora, menomale che si convinse, menomale che i suoi fratelli divennero calciatori, menomale davvero. E grazie, sia per Bobby che per Jackie. Perché Bobby i fili non li aggiustava, non li poteva aggiustare. Lui li teneva signora, e li terrà ancora, per sempre, quei fili del calciatore onesto, professionale, elegante e brillante qual è stato. L’immagine immortale di un campione, e non quella, seppur rispettabile, di elettricista. Perché suo figlio, signora mia, era destinato a fare cose diverse, cose di cui tutti oggi parlano. E menomale…

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