Se vi dovesse capitare di andare in giro per il quartiere di Tottenham, attorno al New White Hart Lane, provate ad entrare in un locale qualsiasi, pub o ristorante che sia, chiedendo chi sia il numero 10, la risposta sarà un urlo all’unisono: “Harry Kane”!
Nuovo stadio, nuovo beniamino, fila tutto liscio sin qui. Ecco, riavvolgiamo il nastro, torniamo al 2010, stesso posto, stesso bar, quasi a citare una canzone degli 883. Se aveste posto allora la stessa identica domanda, avreste ricevuto un identico grido di giubilo al suono di: “The Irish Baby”.
Sì, era questo il soprannome di Robbie Keane, l’ultimo re di White Hart Lane, prima che dalle ceneri del vecchio impianto sorgesse il nuovo e imponente stadio, terra di conquista per Kane e compagni.
Il piccolo elfo di Tallaght, una cittadina a poche miglia da Dublino, tra le colline irlandesi; un ragazzo cresciuto in un clima tranquillo, dall’aria tenue, destinato a diventare idolo della tifoseria di uno dei quartieri più popolosi di Londra, la città del melting pot.
Muove i primi calci nella contea di South Dublin, precisamente nelle giovanili del Crumline United, ma le sirene inglesi iniziano a risuonare ben presto per lui. Se lo contendono Wolverhampton e Liverpool: alla fine Keane, mosso dalla voglia di giocare e dalla certezza del poco spazio nelle fila dei Reds, opta per vestire la maglia delle giovanili dei Wolves, all’epoca in “First Division”. E’ il 1997, dopo due anni di gavetta Robbie debutta coi grandi, e lo fa nel migliore dei modi, segnando una doppietta all’esordio contro il Norwich, che gli vale la conferma a titolare per la stagione successiva.
L’anno successivo Keane non tradisce le aspettative, segnando 16 gol e candidandosi a essere uno dei migliori talenti in circolazione. L’ottima stagione gli vale la chiamata in Premier League, destinazione Coventry City. L’assegno da 6 milioni di sterline staccato per il suo acquisto lo rende il teenager più caro di sempre.
Keane si riconferma su livelli altissimi, mettendo a segno 12 reti in 31 gare disputate. Un bottino niente male se pensate che all’epoca giocava da seconda punta. Tutta Inghilterra prende coscienza delle abilità tecniche del brevilineo irlandese, della sua fulminea rapidità nell’aggirare le difese avversarie sui lunghi lanci dei propri compagni, della capacità di attaccare l’area come una prima punta, con tempi di inserimento perfetti, della sua imprevidibilità nell’uno contro uno, perché Robbie non si dimostra solo abile nell’attacco dello spazio, ma anche capace di defilarsi per ricevere la palla sui piedi e puntare le difese avversarie. Cambia l’ordine degli addendi ma non il risultato: gol. Si perché, come se non bastasse, il genio irlandese è anche un infallibile cecchino sotto porta.
Un simile talento non passa inosservato in Europa continentale, precisamente a Milano. Massimo Moratti, patron nerazzurro, decide di investire su di lui qualche spicciolo, una cosa come 31 milioni di sterline. A Milano però le cose non vanno come previsto, Keane non riesce a trovare spazio e si rivela un flop totale, tanto che a Gennaio ha già le valigie in mano, pronto a tornare nella sua patria calcistica, in Inghilterra, precisamente al Leeds United. Sarà uno dei più grandi rimpianti dell’era Moratti.
Complici i dissesti economici del club Keane viene ceduto nel 2002 al Tottenham. E’qui che finisce la storia e inizia la leggenda.
Sei anni di amore, quello vero, sincero. White Hart Lane ha trovato un giocatore degno di indossare la numero 10, maglia che fu di Teddy Sheringham e Gary Lineker; per questo lo ringrazia, lo inneggia, lo onora. Keane lo sa, canta e porta la croce, al ritmo di capriole sotto le curve dopo ogni rete segnata. Il piccolo elfo di Tallaght, “The Irish Baby”, è diventato grande. Con Berbatov formerà una coppia sensazionale, completa, tecnica, prolifica, bella da vedere. Il folletto irlandese e il cigno bulgaro, una coppia semplicemente devastante, che i pub nei pressi di White Hart Lane ancora ringraziano per i fiumi di birra scorsi in onore delle loro gesta sul campo.
Keane raggiunge quota 80 gol in 197 partite, diventando il tredicesimo giocatore nella storia della Premier a varcare la soglia delle 100 reti segnate.
Poi accade l’imprevedibile. Il Liverpool bussa alla porta del Tottenham con in mano 20 milioni di sterline. Il club londinese non declina l’offerta, è tutto nelle mani di Robbie. La scelta sembrerebbe scontata: hai trovato la tua dimensione, sei lautamente pagato, sei un semi-dio, la squadra veleggia nelle zone di alta classifica. Perché lasciare casa tua, dove sei un eroe, per andare altrove?
Si, tutto giusto, non fosse che quella proposta arriva dalla squadra che hai tifato sin da bambino, che ti ha fatto tirare i primi calci al pallone, con la quale sognavi di alzare un titolo, una coppa. Quale giocatore-tifoso resisterebbe al fascino del richiamo della sua curva, specialmente se la curva in questione è la Kop?
Ecco che adesso la scelta di Keane diventa comprensibile. L’acquisto di Robbie fa sognare di gloria i tifosi del Liverpool, che già lo pregustano in tandem offensivo con Fernando Torres. Ad Anfield, purtroppo per Robbie, niente va per il verso giusto. Il feeling con Rafa Benitez non scatta mai, il tecnico spagnolo lo ritiene un’alternativa e, complice l’infortunio di Torres, viene relegato nel ruolo di punta centrale in un 4-5-1 che non esalta affatto le sue caratteristiche tecniche. Dopo sole 28 gare ( in 18 delle quali viene sostituito) e un bottino di 7 reti, tecnico, società e calciatore decidono di interrompere l’avventura anzitempo. Il trasferimento lascia perplessi molti tifosi Reds, tanto che la Kop esprime in via ufficiale la sua contrarietà tramite un comunicato sul proprio sito.
La delusione è tanta, lo smacco è forte. C’è solo un posto in cui può tornare a sentirsi giocatore, a sentirsi importante: White Hart Lane, casa sua. Robbie mette in preventivo un rifiuto sdegnato da parte della tifoseria all’ipotesi del suo ritorno. Così non è: la gente lo ama ancora, è pronta a accoglierlo di nuovo tra le braccia, come fa un padre con un figlio che si è perso, che ha inseguito un sogno ed è caduto. Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi, e poi ritornano. Così Robbie torna a rotolare davanti alla sua gente, così gli Spurs a intonare all’unisono “There’s only one Keano”.