Il denominatore comune di queste vicende è uno soltanto: la loro capacità di rimanere incasellate nella nostra memoria, come un marchio indelebile.
Oggi vi raccontiamo una storia particolare, un’altra di quelle innumerevoli sfumature che costellano questo sport pazzesco, capace di assurgersi a metafora di vita. Questa è la storia di un’occasione persa, di cammini che si sarebbero potuti incrociare, cambiando il corso degli eventi, o magari no, chissà… ed è proprio questa perenne incertezza che ci rende follemente innamorati del calcio: non poter avere una risposta certa, prima che abbia parlato il campo.
Siamo nel cuore dell’Estate del ‘95, e nel Lancashire si respira un’insolita aria di festa. La città di Blackburn vive sull’onda dell’entusiasmo di un’impresa epocale. A distanza di 82 anni dall’ultima volta i Rovers sono tornati sul trono d’Inghilterra, trascinati dalla premiata ditta Sutton-Shearer.
Nella contea festeggiano tutti… tutti tranne l’autore della splendida sinfonia calcistica ammirata ad Ewood Park. Kenny Dalglish, il condottiero capace di spingere i suoi boys oltre ogni limite, è concentrato nella ricerca dei rinforzi che possano mantenere alto il livello delle prestazioni del Blackburn nella stagione successiva, ormai alle porte. La società è chiamata a predisporre una campagna acquisti coi fiocchi, per provare a bissare l’impresa della stagione precedente ed allestire una rosa degna di competere sui migliori palcoscenici europei, lungi dal passare per la cenerentola di turno.
King Kenny ha le idee chiare, o meglio, ne ha una in particolare. Desidera portare alla sua corte un tipo di giocatore che in quel momento gli manca terribilmente, una pedina fondamentale per rendere l’arsenale offensivo dei Rovers ancora più completo e devastante. Il CT scozzese vuole un calciatore dai piedi educati, in grado di agire dietro ai due cecchini che sono posti a presidio dell’area di rigore. C’è bisogno di un inventore, di uno che le partite può risolverle con una giocata.
Beh, chi non vorrebbe un giocatore del genere… facile a dirsi, difficile a trovarsi, direte voi… ma Dalglish l’ha trovato eccome.
Il coach dei Rovers ha messo gli occhi su un giovane che in quegli anni sta destando l’attenzione della Francia intera: quel ragazzo gioca a Bordeaux, e di nome fa Zinedine Zidane.
L’algerino classe ’72 ancora non è esploso fragorosamente, ma si dimostra un interprete dalle qualità tutt’altro che convenzionali; è un trequartista a dir poco totale, con qualcosa in più di un semplice vizio per il goal. In 3 anni di militanza girondina ha messo a segno 18 reti e servito, badate bene, più di 30 assist ai suoi compagni. Numeri che parlano da soli, a testimonianza del fatto che quel ragazzino, piuttosto che un semplice prospetto, fosse già un tuttocampista dalla soverchiante eleganza e dinamismo: una cenerentola di un metro e ottantacinque con la palla tra i piedi.
King Kenny ha individuato il suo obiettivo e ha tutte le intenzioni di assicurarselo: la gloria ottenuta sul campo e la possibilità di disputare la Champions giocano a suo favore. Zidane strizza l’occhio alle avances del CT scozzese e si convince a trasferirsi. Dalglish, cogliendo la palla al balzo, raggiunge un accordo di massima con il Bordeaux per portare nel Lancashire Zizou assieme a Dugarry, altro talento in maglia girondina. L’affare è in dirittura d’arrivo. Manca solo l’ultimo dannato passaggio: l’ok del boss.
Sfortunatamente, il modello societario dei Rovers è sensibilmente diverso da quello in vigore poche decine di miglia a sud-est, in quel di Manchester. In comune c’è solo la nazionalità dei due manager. Per Jack Walker, chairman dei Rovers, non vale il mantra che regna ad Old Trafford: “io ti do i soldi, tu mi porti i risultati”. Jack non si ferma a valutare esclusivamente la sostenibilità economica delle richieste del suo coach, bensì pretende di analizzarle anche dal punto di vista tecnico. Ed in questo caso, sfortunatamente, non la vede come King Kenny.
L’avvento di quella stagione eroica aveva infatti determinato l’esplosione di Tim Sherwood, giocatore che aveva letteralmente stregato il chairman. Così Walker, stranito dalla richiesta di un giocatore che avrebbe (secondo la sua lungimirante visione) oscurato il suo pupillo, pronuncia una frase destinata a consegnargli un posto speciale nella “hall of shame”.
“Kenny, why do you want to sign Zidane when we have Tim Sherwood?”
Tredici parole, sufficienti a mandare all’aria la trattativa intavolata da Dalglish col Bordeaux. Pochi secondi, in cui viene a consumarsi uno dei più grandi “orrori” di mercato della storia.
Cosa resta oggi? Sicuramente un enorme rimpianto per i tifosi del Blackburn, ma forse per tutto il calcio inglese. Perché giocatori di simile caratura cambiano le intere sorti di una stagione, sono capaci di riscrivere la storia di un campionato. E chissà se le piroette di Zizou avrebbero determinato una Premier diversa, chissà se le sue giocate avrebbero trascinato il Blackburn verso nuovi traguardi, chissà se il suo talento avrebbe frenato la futura egemonia dello United.
Permangono soltanto scampoli di immaginazione… forse gli stessi di Jack Walker che, a distanza di venticinque anni, dubito fortemente si sia dato pace.
Certo è che Tim Sherwood, in quegli anni, doveva giocare da Dio…