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domenica 24 Novembre 2024
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Bobby Stokes, il Pompey eroe per caso dei Saints

7 ' di letturaA metà degli anni ’70 una convergenza astrale di rara evenienza accade nel sud dell’Inghilterra. Il Portsmouth Football Club e il Southampton Football Club si ritrovano nella stessa categoria della piramide del calcio inglese. Non accadeva da quasi dieci anni, quando il leggendario Ted Bates riuscì a portare il club della chiesa di St. Mary in First Division, mentre il Pompey rimase tranquillo nella seconda categoria.

Il ritorno nella serie cadetta del Southampton ravviva il fuoco del derby più sentito dall’altra parte della Manica. Uno scontro tra due città poco distanti geograficamente quanto lontane culturalmente, acceso da un odio che nessuno riesce bene a spiegare dove nasca. Le diverse fortune delle due squadre rendono ancora più speciali i rari match ufficiali che si disputano tra i due club. Da quando i Saints tornano in Second Division riescono sempre a vincere nettamente il derby.

Ma in quegli anni ’70 un flebile filo collega le due squadre. Bobby Stokes, nato e cresciuto nelle case popolari del nord di Portsmouth, gioca infatti per gli arcirivali di sempre. Ci si potrebbe aspettare grande astio da parte dei 6.57, la firm dei tifosi Pompeys che all’epoca era una delle più temute d’Inghilterra, ma il ragazzo non potrebbe mai attrarre dell’odio su di sé. Troppo gentile, calmo e insicuro per poter suscitare qualsiasi tipo di animosità. Raramente considerato tra i giocatori più forti della rosa dei Saints, per primo da lui stesso, è sicuramente La persona che meno ti aspetti possa prendere in mano un club e portarlo a vincere l’unico trofeo della sua lunga storia.

Bobby è un centrocampista offensivo di buone qualità. Mette sempre la squadra prima del singolo e riesce anche a segnare qualche gol. È con la morte nel cuore che si aggrega alle giovanili al Southampton nel 1966, perché la squadre della sua città non l’ha voluto. Ha fatto il provino ma il club è in difficoltà finanziare e decide di non prendere nessuno dei ragazzi in trial. “Puoi fare soldi solo con i pesci del mare a Portsmouth” è stata la frase con cui riserve e giovanili furono congedate senza troppi onori.

Riesce a emergere e giocare in prima squadra solo tre anni più tardi, ma bagna l’esordio con un gol contro il Burnley. Vive la seconda metà degli otto anni in First Division dai Saints, che persa la guida di Bates non trovano il bandolo della matassa e finiscono all’ultimo posto nel 1974. Nel frattempo Bobby è amato e rispettato dai suoi compagni di squadra. Silenzioso, lavoratore, amante del bevuta al pub post allenamento, si nasconde come può dalla ribalta. Ogni giorno percorre in treno quelle trenta miglia che separano Portsmouth e Southampton senza la convinzione di essere davvero abile abbastanza per giocare titolare. Dopo una partita persa i compagni dovevano spesso incoraggiarlo a non disperarsi, mentre lui farfugliava che sarebbe stato rimandato tra le riserve se non direttamente a casa. Alla fine la dirigenza inizierà seriamente a dargli retta, a credere che non sia al livello necessario per risalire in First e nel dicembre 1975 pensa di mandarlo via, ma con uno scatto d’orgoglio rifiuta il trasferimento proprio ai Pompeys. Non sarebbe la scelta giusta secondo lui. Il calcio è fatto di sliding doors da prendere immediatamente, e Bobby si è buttato a capofitto dentro quella più importante della sua carriera.

C’è una caratteristica che Bobby Stokes condivide con pochi calciatori, inspiegabilmente ha la capacità di segnare gol pesanti. Non perché si esalti particolarmente se ha davanti partite importanti, sicuramente non perché abbia grande forza mentale, e non è neanche quell’uomo spogliatoio che riesce a convincere la squadra a seguirlo nei momenti più bui. Semplicemente si trova lì al momento giusto. A Southampton se ne accorgono soprattutto nel 1976 durante la FA Cup.

La squadra è arrivata incredibilmente al quinto round, anche se in maniera rocambolesca. Al terzo turno batte nel replay l’Aston Villa, squadra rognosa di First Division, e al quinto turno si trova di fronte il West Bromwich Albion che arriverà terzo in Second davanti i Saints. Il giorno prima della partita però la cena risulta indigesta ai più. Stokes, Nick Holmes, più di metà della rosa si sente male. Ma coach McMenemy manda comunque in campo tutti i migliori.

Dopo dieci minuti i Saints capiscono che dall’umida serata allo stadio The Hawthorns difficilmente potranno uscirci vincitori. Diventa presto una gara di sopravvivenza, a cercare di tener duro il più possibile per portare il ritorno a casa nel catino The Dell dove ci pensano 30.000 tifosi a tenerti su di giri per i 90 minuti. È questo il vero spirito della FA Cup: partite secche, dure e senza esclusione di colpi che diventano spesso più battaglie nel fango che convoluzioni tattiche di alto livello.

Dopo pochi minuti dall’inizio della ripresa però il WBA riesce a rompere la difesa dei Saints e a segnare. L’unico obiettivo realistico può esser quello di riuscire in qualche modo a pareggiare, vincere non è possibile in queste condizioni fisiche. L’eroe che non ti aspetti però è sempre in campo. Il regolamento prevede una sola sostituzione possibile e nonostante la fatica nel giocare Bobby Stokes è rimasto a lottare con la sua squadra. E sarà proprio lui a trovare l’insperato pareggio che porta tre giorni dopo la contesa a Southampton per il replay. I Saints a quel punto si sono ripresi e l’atmosfera elettrica del The Dell fa il suo effetto e il WBA è battuto con un secco 3-0.

Il calcio è fatto di sliding doors che vanno sapute prendere all’istante. Il Southampton prende proprio la porta giusta riuscendo a pareggiare in quella serata tipicamente inglese, e da lì con tre vittorie di fila arriva fino alla finale di Wembley. Dall’altra parte del tabellone però è arrivato a giocarsi la coppa il Manchester United. Non sono gli anni migliori dei Red Devils ma finiranno comunque terzi in First Division, sono sicuramente una squadra di molto superiore agli avversari che latitano di nuovo nella serie cadetta.

La partita è effettivamente a senso unico. Lo United attacca fin dall’inizio e il Southampton sta a guardia della sua porta. Il portiere Ian Turner salva diverse occasioni da rete. Come al solito la partita diventa dura, difficile, una battaglia tenuta su dall’incessante coro “Oh when the Saints go marching in” cantato dai tifosi arrivati in massa dall’Hampshire. E all’83’ l’impensabile accade. Il Southampton è quasi tutto rintanato nella sua metà campo. Un rilancio del portiere trova Mick Channon che appoggia. Nel cerchio di centrocampo la palla arriva a Jim McCalliog che vede un solo giocatore correre in avanti e alza un passaggio lungo senza troppe speranze che succeda qualcosa. Quel singolo attaccante che riesce chissà come a finire davanti la difesa dello United è proprio Bobby Stokes. È talmente incredibile quello che sta succedendo che lui stesso corre troppo in là e il pallone gli rimbalza leggermente indietro, ma riesce comunque a deviare la sua corsa e a colpire la sfera appena fuori area. Il tiro non è irresistibile ma abbastanza angolato da beffare Stepney.

Bobby corre con le braccia al cielo verso i compagni. Corre con quel sorriso a metà tra l’estasiato e l’incredulo, tipico di chi capisce di averla fatta grossa stavolta e non sa neanche lui come. Dentro quel sorriso c’è la quasi non consapevolezza di un percorso completato, da quella prima scelta compiuta sei mesi prima nel voler rimanere comunque al Southampton al segnare il gol decisivo nella finale di FA Cup, lui che è sempre stato il gregario umile e insicuro.

Il ritorno nell’Hampshire diventa una parata in suo onore. Southampton si prostra davanti a lui ma non sono soli. Anche a Paulsgrove le case popolari dove è nato sono tinte di bianco e rosso, e per un giorno i Pompeys vestono i colori dei Saints. Bobby Stokes riesce nel miracolo di mettere d’accordo per un momento le due grandi rivali.

Bobby però non sa che farsene di tutta questa popolarità. Lui che viene dalle case popolari, lui che è una persona umile e semplice, non è capace di gestire tutta questa popolarità. Rischia quasi di seppellirlo. Così l’anno seguente giocherà solo otto partite con i Saints e poi verrà mandato via senza troppe cerimonie, lui che è stato suo malgrado l’eroe della FA Cup. Trattato come l’ultimo delle riserve, finisce a giocare negli Stati Uniti, nella stessa lega dei Cosmos di Pelé, e a casa con il Portsmouth, ma non c’è più il feeling con il gioco. Nonostante abbia solo 29 anni Stokes finisce nelle serie minori, dove non ci sono luci della ribalta e si gioca semplicemente a pallone.

Appesi gli scarpini al chiodo Bobby Stokes torna a casa definitivamente. Niente più treni da prendere per andare ad allenarsi a Southampton. A 30 anni è già dietro il bancone di un pub, ma fa anche l’idraulico e il commesso nelle sale scommesse. Rimane umile, silenzioso e gentile con chiunque gli chieda qualcosa riguardo quella finale. Purtroppo continuerà a bere, troppo probabilmente, soprattutto dopo che la moglie lo lascia. I soldi finiscono in breve tempo. E allora torna alla dimora di famiglia, le case popolari di Paulsgrove, e trova lavoro nel pub della zia al porto di Portsmouth. Non sta bene, il divorzio lo distrugge, ma non lo vuole far pesare agli altri.

Il Southampton si scorda quasi del tutto del suo eroe. Sarà una chiamata dell’Independent per un’intervista a far risvegliare quel minimo di confidenza in lui necessaria per chiamare il club e cercare di organizzare almeno un testimonial match. Il giornalista che scriverà il pezzo su di lui si meraviglierà per la totale mancanza di vanteria riguardo quella partita, stoppato subito da un commento diretto “Non vesto la mia medaglia al collo perché tutti la vedano”.

Tre mesi dopo se ne va, così come era arrivato, in punta di piedi e senza disturbare troppo. Un’infezione si trasforma in una polmonite che non gli lascia scampo, a soli 44 anni. Pochi giorni prima che si giocasse quel match di tributo che sarebbe stato dovuto molti anni prima. E non se ne trova quasi più traccia, giusto il suo nome inciso in una delle suite di lusso del nuovo St. Mary Stadium e una placca in una delle costruzioni sorte al posto del mitico The Dell. Perché per quanto rimanga nelle memorie dei tifosi, Bobby Stokes è stato un’eroe per caso, il ragazzo delle case popolari di Portsmouth che non credeva in sé stesso.

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