“There’s a lady who’s sure. All that glitters is gold. And she’s buying a stairway to Heaven…”
(“Stairway to Heaven” – Led Zeppelin)
Il riferimento alla canzone è puramente per la melodia e ad una scala immaginaria che porta il destino delle persone al Paradiso… oppure all’Inferno: come accadde ai protagonisti di questa storia… È il 2 gennaio 1971: un giorno in cui dei tifosi in maglia blu, come i colori della loro squadra, uscirono di casa e non vi fecero più ritorno. Ma il cielo non era blu, quel giorno, su Glasgow. Era carico di nuvole. Carico come gli animi delle 80.000 persone presenti all’Ibrox Stadium. È un giorno importante: è in programma l’Old Firm, il “derby” per eccellenza in Scozia e in città, nonché uno dei più antichi al mondo.
I Rangers ospitano infatti gli acerrimi nemici del Celtic. La rivalità nasce fin dai tempi della fondazione: l’una è stata fondata nel 1872 da glasvegiani di fede protestante (come la maggioranza degli scozzesi), su esempio della locale squadra di rugby, scegliendo il blu che dicevamo come loro colore; mentre l’altra nasce nel 1888 come espressione della comunità cattolica (soprattutto irlandese), adottando il quadrifoglio come simbolo e il bianco-verde come colori. Le due si sono spesso contese il titolo nazionale e rimangono, tuttora, quelle che ne hanno vinti di più: 54 “scudetti” i primi e 50 i secondi. Addirittura, per moltissimi anni, in entrambe le squadre non vennero schierati giocatori di fede religiosa diversa da quella che la squadra rappresentava; fino ad almeno gli anni ‘90: che coincisero con una maggiore apertura del mercato e arrivarono, oltre il “Vallo di Adriano”, un numero crescente di calciatori stranieri (tra cui anche italiani).
Per questi motivi è sempre stato un match sentitissimo ed anche pericoloso: spessissimo si sono infatti verificati scontri tra le due tifoserie, culminati in veri e propri bagni di sangue. Non è il caso di quel giorno: stranamente da molte altre volte, pare che le due tifoserie non fossero venute a contatto. Ognuna prende posto nei propri settori, ugualmente intenzionata a sconfiggere l’altra sul campo di gioco. La partita si sta però avviando ad un mesto, seppur combattuto, pareggio a reti inviolate. Finché, allo scadere dell’89°, gli hoops la buttano dentro: per la gioia dei rivali ospiti. Alcuni dei tifosi di casa, allora, cominciano ad avviarsi arrabbiati o sconsolati verso l’uscita… ma non è finita: i gers pareggiano subito dopo, allo scadere, e l’entusiasmo degli home esplode.
Dopo ciò accade l’incredibile ed è tutta questione di attimi lunghissimi: in cui si scatena un pandemonio sulla ripida scalinata della “Stairway 13”, l’accesso agli spalti dell’ingresso n° 13… Le ricostruzioni delle autorità ci dicono che sicuramente una parte dei tifosi, sentendo le urla del gol, si sia girata per tornare indietro, risalendo all’improvviso e spingendosi inevitabilmente contro chi stava scendendo, creando così una calca pericolosissima: qualcuno deve aver perso l’equilibrio e/o dev’essere inciampato; si parla di un bambino di 9 anni che avrebbe esultato sulle spalle del papà e sarebbe poi caduto, dando (involontariamente) inizio al dramma…
Fatto sta che si crea una calca esplodono panico e confusione. La gente tenta di fuggire… delle persone rimangono schiacciate da altre… un effetto a catena che non lascia scampo. Il sorriso di quel bambino si è tramutato in un’espressione di paura e si è spento. Un poliziotto si accorge delle urla di terrore, accorre con altri colleghi e si trova davanti una scena terribile: corpi in terra e sangue ovunque. Provano a salvarli, portano via più persone possibili… ma per alcuni: non c’è purtroppo nulla da fare. I corrimani appaiono piegati e sfondati come fossero di gomma. Una morte atroce: molti dei coinvolti spirano, di fatto, asfissiati. Alla fine si contano 66 vite prematuramente spezzate (tra cui anche diversi giovanissimi), tutti con meno di 50 anni; mentre in 200 rimangono feriti. Tutti avevano in tasca il biglietto di quella partita: un biglietto per l’Inferno, purtroppo… Chi lo avrebbe immaginato?!? <<Tutti lottavano per scappare, soffocando. Fu essenzialmente una lotta per la sopravvivenza.>> riporta la BBC.
“…There’s a feeling I get, when I look to the west, and my spirit’s crying for leavin’…” cantano sempre in quella canzone i Led Zeppelin: e penso a chissà come si sentiva, Margaret, mentre sentiva la sua anima scivolare via dal corpo… Margaret Ferguson fu una delle vittime: con lei, il destino, è stato beffardo. La ragazza aveva solo 18 anni e viveva a Falkirk. Si svegliava ogni giorno per andare a spaccarsi la schiena in fabbrica. Il calcio era la sua grande passione: al punto che, nei giorni precedenti, era stata a casa di Colin Stein, attaccante della sua squadra del cuore, per portare un regalo a lui e alla moglie. In occasione della nascita della loro figlia aveva infatti confezionato, con le proprie mani e con tutto l’affetto possibile, un piccolo orsacchiotto: incredibile ed inimmaginabile realizzare che morirà per un tragico episodio conseguente al gol del suo idolo. Lei che dava voce e passione per spingere la sua squadra alla vittoria. Era una di quelli che formano il “12° in campo”: ovvero tutti i tifosi di ogni squadra del mondo, che aspettano il giorno della partita come il più importante della settimana; che per 90 minuti abbandonano pensieri e tristezze e spendono tutte le loro energie ed emozioni nel nome di una fede calcistica.

Eppure un dramma era già successo: nel 1902, precisamente il 5 aprile. Si giocava Scozia vs Inghilterra e la struttura di una delle tribune, la Western Tribune Stand, in legno sostenuto da travi in acciaio, cedette indebolita dalle intemperie dei giorni precedenti: causando il ferimento di circa 300 persone e la morte di altre 25; seguirono lavori di ristrutturazione in cui venne usato cemento armato a rafforzare il tutto. Successivamente il 16 settembre del 1961, era stata proprio la scalinata vicina al corridoio n°13, ad essere luogo di un incidente analogo a quello posteriore del ‘71: due persone vennero uccise probabilmente dalla folla e altre rimasero ferite. E ancora la dirigenza intervenne ad effettuare migliorie: ma non bastò. Tragici precedenti non bastarono ad evitare la strage più grave.
Di nuovo vennero poi apportate ulteriori modifiche: atte a scongiurare, una volta per tutte, un ripetersi del passato. Anche su spinta del Governo di Londra: che puntava a diminuire (o eliminare) i posti in piedi, a rafforzare le barriere di protezione e voleva garanzie sulla corretta manutenzione degli impianti. E ad oggi, Ibrox, nonostante questo passato ingombrante (che pare finalmente alle spalle), col suo tifo e il suo calore tipico degli scozzesi è uno dei posti più suggestivi dove assistere ad una partita. Sempre portando nel cuore chi non può farlo più: quelli ricordati da tutti come gli “absent friends”.