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Stop di tacco, tiro a giro, goal. Quando Chicco Macheda diventò il “Golden Boy” dello United..

È il 5 Aprile 2009, il cielo è sereno e la temperatura, stranamente, è mite. Al Teatro dei Sogni si gioca Manchester United-Aston Villa

2 ' di letturadi Matteo Fabiani

È il 5 Aprile 2009, il cielo è sereno e la temperatura, stranamente, è mite.

Al Teatro dei Sogni si gioca Manchester United-Aston Villa, il match clou di una stagione incredibile, quasi impossibile da replicare.

Gli uomini comandati da Sir Alex Ferguson partono subito forte grazie alla punizione di seconda di un certo Cristiano Ronaldo, al pieno delle forze e sul nascere di una carriera quasi ultraterrena.

L’Aston Villa però non ci sta e pareggia i conti con John Carew alla mezz’ora di gioco. Forti del momento positivo, i Villans trovano addirittura la rete del vantaggio con un colpo di testa del solito, immarcabile Agbonlahor. A 10 minuti dalla fine, Cristiano Ronaldo porta nuovamente il Manchester United sul pareggio confermando le sue qualità sovrannaturali di giocatore e leader.

E qua succede l’immaginabile…

La palla viaggia sulla sinistra, il possesso è del Manchester. A controllo della sfera c’è l’immortale Ryan Giggs, forte dei suoi 38 anni carichi di vittorie e sofferenza. Un ragazzino alto e spensierato, in mezzo all’area di rigore, alza la mano e chiede insistentemente il passaggio. L’esterno gallese capisce il momento giusto e lascia partire la traccia verticale che finisce sui piedi di Macheda. Stop di tacco, tiro a giro, goal.

Federico Macheda ha da poco compiuto 17 anni e da un anno è diventato un giocatore dello United. La sua famiglia, originaria del sud, si trasferisce a Roma per dare l’opportunità al figlio di diventare un calciatore. Ad accaparrarselo e la Lazio, che lo lascia crescere nel proprio settore giovanile fino a 16 anni.

In pochi secondi “Chicco” – come viene affettuosamente chiamato da genitori e amici – si vede passare tutta la sua giovane vita fatta di sacrifici davanti agli occhi. Ripensa a quando dopo appena un giorno in Inghilterra voleva tornare a casa, al cibo che non gli piaceva, alle prime volte che si trovava accanto a Ronaldo e Giggs, 18 anni più anziano di lui.

In quei secondi di corsa dopo la rete a 30 minuti dal suo esordio ufficiale con i Red Devils, Macheda non sa cosa fare, se non cercare con lo sguardo suo padre Giuseppe e lasciarsi cadere a terra, con i compagni che lo travolgono e un inarrestabile Ferguson in panchina.

Sono passati 10 anni da quell’incredibile partita che gli portò il nome di “Golden Boy”. Oggi Macheda gioca in Grecia, nel Panathinaikos, dopo una carriera fatta di prestiti, retrocessioni e infortuni.
Tanto tempo è trascorso, tante città cambiate, tante lingue imparate. Quello che non cambierà mai, sarà il ricordo indelebile di quel 5 Aprile, quello stop di tacco, quell’abbraccio di Giggs, quell’urlo di gioia del Teatro dei sogni.

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