Patrick Vieira è stato, per circa dieci anni, il cuore pulsante del centrocampo dell’Arsenal di Wenger. Era il capitano degli Invincibili, una squadra leggendaria che – oltre al francese – in campo poteva schierare Gilberto Silva, Ljungberg, Pires, Henry, Bergkamp, Cole e Campbell. Un undici incredibile che, nella stagione 2003/2004, ha impressionato il mondo per il suo gioco armonioso e divertente.
In quegli anni quella fantastica squadra si contendeva lo scettro di più forte d’Inghilterra con un’altra corazzata micidiale: il Manchester United di Sir Alex Ferguson, la vera compagine da battere.
I Diavoli Rossi avevano un blocco solido, la cosiddetta classe del ’92: Paul Scholes, David Beckham, Nicky Butt, Ryan Giggs e i fratelli Gary e Phil Neville. Non gli ultimi arrivati, insomma. Oltre a loro, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000, in quella squadra meravigliosa sono transitati anche i leggendari Calypso Boys, Jaap Stam, Veròn e Rio Ferdinand. Tutta gente che sapeva bene cosa fare in mezzo al rettangolo da gioco.
Nella memoria di tutti noi rimangono ancora nitidi gli scontri titanici tra il capitano dell’Arsenal e Roy Keane, a sua volta capitano e combattente del Manchester United. Botte, insulti, sputi e calci: praticamente l’essenza del calcio che piace a noi.
In pochi, però, sono a conoscenza dei pensieri di Sir Alex Ferguson a proposito di Patrick Vieira. In pochi sanno che l’allenatore del Manchester United, una volta allontanato Roy Keane, aveva messo gli occhi addosso proprio al nemico di sempre, il capitano dell’Arsenal.
Nei piani del genio scozzese, era proprio il centrocampista transalpino a dover raccogliere il testimone del turbolento irlandese.
«Cercavamo qualcuno che potesse essere l’erede di Keane, e per questo avevamo pensato a Vieira. Sarebbe stato l’ideale: era abituato al gioco inglese, era una figura autorevole, un leader. Un grande giocatore lo riconosci anche perché i tifosi avversari cantano cori contro di lui, e nel caso di Vieira lo facevano sempre. Segno che lo temevano.»
Parola di Alex Ferguson, uno che – a ragione – si era calcisticamente innamorato del nemico di sempre.