Cantano a gran voce i Bhoys, saltando sugli spalti. Ć la 2Ā° di campionato e stanno asfaltando per 4-1 il Raith Rovers.
Agosto 1996. Paolo era arrivato un paio di mesi prima ed ĆØ travolto dallāentusiasmo di questa bolgia biancoverde. Paolo non ne ha mai abbastanza: ha fame di gol, di calcio e di successo. Ć uno abituato al sacrificio, ad andarsi a prendere la palla, a sgomitare per un posto in campo. Ha lasciato Milano proprio per questo: nella metĆ rossonera non trovava posto da titolare, faticava ad inserirsi. E lui, fermo a guardare gli altri giocare, nel pieno della sua carriera, alla soglia dei 30 anni, a fare da spettatore: proprio non ci voleva stare… Sembra lontano il giorno in cui aveva lasciato la sua Roma, 6 anni prima: cresciuto tra la periferia e i gradoni della Curva Nord, nelle fila del gruppo ultrĆ degli Irriducibili, a tifare ogni maledetta domenica per spingere la sua Lazio. āCalleri, ascolta: Di Canio non si tocca!ā contestavano i tifosi biancocelesti al loro Presidente del tempo, reo (cosƬ sembrava) di aver ceduto il loro fratello per fare cassa. In seguito veste per due anni la maglia della Juve e un anno quella del Napoli, prima di approdare alla corte di Berlusconi e Galliani: poi gli scazzi con Capello e quellāidea di cambiare tutto, di svoltare e di scappare lontano e ricominciare… oltremanica: anche lui, come molti altri.
āAmore, che ne pensi se ci trasferissimo quassĆ¹ (-e sposta il dito sempre piĆ¹ a nord-): tipo in Scozia?ā fa il vago, indicando a sua moglie una cartina geografica. Ć uno che non si tira mai indietro e ha fame di nuove sfide: per questo accetta lāofferta del Celtic e si trasferisce oltre il Vallo di Adriano. Il compenso economico non lo soddisfa, ma si fida di Fergus McCann, dirigente della squadra: se farĆ bene, riceverĆ un aumento lāanno dopo. Una balla: e lo leggerete poi… Anyway. La presentazione ĆØ allo stadio, in grande stile: tanto che ĆØ lo stesso giocatore a chiedersi chi sia la star… ma lāentusiasmo ĆØ tutto per lui e ne viene trascinato. āCome on Paolo: say āCeltic is the best football team to play for!āā E lui ripete, senza esattamente capire unāacca di quelle parole. La folla di tifosi si esalta e urla sempre di piĆ¹ il suo nome a gran voce: aggiunge delle smorfie, comincia a smanettare con la sciarpa ed ĆØ lāapoteosi.Tutto molto bello… come prologo. Ć un colpo di fulmine reciproco, la famiglia ĆØ contenta della nuova casa, lo stadio ĆØ pieno di tifosi esaltati, lui ĆØ carico a mille… bla bla bla: lāidillio si incrina un mese dopo lāinizio del campionato, il 28 settembre. Si gioca ad Ibrox contro gli acerrimi nemici Rangers. ā…And music played at the penny arcade, yes it played and it played, played all the time. Roll up and spend your last dime…ā: ĆØ una marea blu, spezzata da Union Jack, ad alzare uno dei propri inni, nonchĆ© coro considerato settario. Volano insulti e minacce, l’adrenalina cresce assieme alla voce. Fuori la tensione ĆØ altissima. Ć lƬ che il nostro italiano si rende conto di cosāĆØ lāOld Firm: lui che ha vissuto tante stracittadineĀ a Roma, dove certo non volano fiori (e anzi per molto tempo la puncicata fuori dallāOlimpico ĆØ stata la regola – quando non altro purtroppo), oltre a qualcuno anche nei suoi passaggi a nord, capisce che cāĆØ di molto peggio… qui siamo al sottile confine di una guerra. Qui serpeggia l’odio vero. Unionisti contro repubblicani. Protestanti contro cattolici: una fede religiosa, prima ancora che calcistica.
Si scaldano gli animi minuto dopo minuto. Le Green Brigades sono schiacciate nello spazio di stand a loro destinato. E i loro beniamini sono schiacciati in campo: perdono infatti 2-0 sotto i colpi di Gough e Gascoigne. Paolo tenta di darle ad Ian Ferguson, che gli aveva urlato āF*ck you, bastard!ā: non ci vede piĆ¹ dalla rabbia e solo i compagni riescono a separarli. Allāallenamento successivo sbrocca: comincia a mandare a quel paese tutti e ad urlare a tutti āYou are sh*t!ā. No, non ĆØ Mark Renton a dirci quanto crede sia una merda essere scozzesi: ĆØ lui che non riesce a dire altro, nel suo pessimo inglese. Urla, insulta e scappa. Ć nervoso: gli rode aver perso il derby e pensa che la sua squadra non sia abbastanza forte, che il calcio scozzese sia a livello bassissimo, che i compagni siano imprecisi e non gli passino palloni come Dio comanda. Cammina lungo la Clide Gateway, fino a Celtic Park: quello che aveva considerato il suo Eldorado. Poi si blocca: una macchina gli si para davanti ed ĆØ il suo allenatore, Tommy Burns. Non ĆØ lƬ per cacciarlo, ma per calmarlo: capisce il suo disagio e cerca di rincuorarlo. E Paolo rimane colpito da questo gesto: si sente trattato come un figlio, non come una pedina a libro paga. E si scusa. Si abbracciano. Pietra sopra.I tabloid britannici lāavevano definito āfieryā: non a caso. Coraggioso. Sanguigno. “Osare. Credere. Spavaldi di essere”: ĆØ un qualcosa che hai nel sangue dalla nascita. Anche un poā cocciuto. Lo odi o lo ami. Sbotta di nuovo: il 30 novembre, nella partita in casa contro gli Hearts (dopo un’altra sconfitta con i Gers). Vantaggio ospiti, pari loro, di nuovo a segno i granata di Edimburgo e poi quel rigore che calcia proprio Paolo: segna e si fionda a cercare di recuperare la palla in fondo alla rete… āA moment of complete madness!ā: Rousset non para ma lo infastidisce e lui corre verso centrocampo stizzito… lāarbitro non gli perdona le intemperanze: estrae il giallo e poi il rosso e lo espelle. Finisce 2-2, col sentore di aver comunque fatto una figuraccia… Si fa perdonare un mese dopo, away al Pittodrie, siglando la rete della vittoria sullāAberdeen: āMarvellous ball! One of the best goal of the season!ā.
Il campionato prosegue abbastanza bene: la squadra ha ingranato, va avanti tra molti alti e qualche basso, collezionando tra i primi di gennaio e il 10 maggio 12 vittorie, 4 sconfitte e 3 pareggi. La sua unica rivincita con i Gers va in scena il 6 marzo, quando li sbattono fuori dalla Scottish Cup: giocano in casa e vincono 2-0 grazie anche alla sua precisione dagli 11 metri, su rigore. āQuando la palla toccĆ² il fondo della rete, sentii 50.000 voci che cantavano il mio nome. Era irreale!ā. Segna, esplodono i tifosi e tremano gli spalti. āIl loro astio non era solamente legato al calcio, ma era il calcio che entrava a far parte della mia sfera dāazione… Mi diede quella collera extra perchĆ© volevo disperatamente entrare nella storia del Celtic. I loro nemici erano diventati i miei nemici.ā dichiara nella sua biografia.
Alla fine arriveranno secondi, a ā5 punti proprio dagli odiati rivali. Bilancio personale positivo, perĆ²: mette a segno 12 reti in 26 partite e viene addirittura votato āplayer of the yearā (giocatore dellāanno). Ć entrato nel cuore dei tifosi, ha legato molto con lāallenatore e si ĆØ ambientato sia in squadra che in cittĆ . Ma nel momento in cui ricorda a Fergus McCann la promessa fatta, questāultimo ha un vuoto di memoria (per dirla ironicamente) e si arriva alla rottura. Gli Hoops perdono cosƬ, nella sessione di mercato dellāestate 1997, quelli che lo stesso McCann definisce amaramente e sarcasticamente i āTres amigosā: Pierre Van Hooijdonk, Jorge Cadette e Di Canio stesso; tutti e tre in rottura con la dirigenza e fondamentalmente per motivi piĆ¹ di fiducia e difficoltĆ di rapporti con essa, prima ancora che economici. Finisce cosƬ, in modo spiacevole, la stagione di Paolo nei Bhoys del Celtic di Glasgow. Next stop: Inghilterra; dove lascerĆ il segno… ma quella ĆØ unāaltra storia!