Il 13 maggio del 2012 il grande occhio dell’Europa calcistica è spalancato sull’Inghilterra, fisso sulla città di Manchester: è l’ultima giornata di una Premier League non ancora decisa. A contendersela sono il Manchester United e i cugini del Manchester City, appaiati in vetta alla classifica con 86 punti ed entrambi impegnati contro avversarie non irresistibili, ma solo sulla carta. I Red Devils sono ospitati dal Sunderland, mentre agli uomini di Mancini tocca forse la prova più difficile possibile, battere un Queens Park Rangers affamatissimo di salvezza.
Se dal match dello Stadium of Light ci si aspetta un esito quasi scontato, coi Black Cats che non hanno più niente da chiedere al campionato, quella tra i Citizens e i londinesi è una sfida tra chi vuole dimostrare di essere in cima alla catena alimentare e chi vuole sopravvivere. Fin da subito sugli spalti si respira un’aria di festa, ma già nei primi minuti i padroni di casa si rendono conto che scalfire la difesa granitica del QPR non sarà un’impresa semplice. È la legge della Premier, qui non esistono squadre materasso.
Dopo l’1 – 0 firmato Zabaleta, infatti, l’istinto di sopravvivenza degli ospiti si manifesta prepotentemente e porta a un ribaltone clamoroso: al 66′ il tabellone mostra uno spietato 1 – 2, nonostante la bravata di Barton al 54′ che gli è costata l’espulsione (CLICCA QUI). Al 90′, col risultato invariato, il veliero celeste sembra destinato ad affondare. C’è chi piange, c’è chi se ne va. C’è chi, come Noel Gallagher, sta guardando la gara in un bar, incredulo e incapace di accettare l’idea che anche per questa stagione saranno i diavoli sghignazzanti ad avere la meglio.
Arrivederci e grazie, anche quest’anno vincono loro. “Quei maledetti”. A proposito, lo United ha appena vinto per 1 – 0 ed è pronto ad alzare il trofeo per il secondo anno consecutivo.
All’Etihad si aspetta solo il triplice fischio, ma nello spazio di quattro minuti di recupero il Manchester City scrive una delle pagine più importanti del calcio inglese, una di quelle che, a fine libro, non ci si aspetta, perché si crede che l’autore abbia già detto tutto.
Ecco che la fortezza del QPR, in dieci e ormai salvo grazie alla sconfitta del Bolton, crolla come un castello di carte. Al 92′ è Dzeko a colpire, sfruttando un calcio d’angolo dopo un assedio infinito. Due minuti dopo, a tempo praticamente scaduto, siamo di nuovo nell’area degli Hoops. Il pallone è tra i piedi di Balotelli; è pressato, ma resiste. Cade, ma riesce a servire il compagno più vicino, che elude la marcatura di due avversari e si ritrova, dopo averne saltato un terzo, a tu per tu col portiere.
Il gol se lo ricorderanno tutti; l’urlo di Martin Tyler, storico telecronista, pure.
“Agüerooo!”
Da posizione angolata, l’attaccante colpisce il pallone più forte che può e segna. Certo che segna, l’uomo del destino, uno degli ultimi arrivati nell’estate del 2011.
Finisce 3 – 2, come all’andata. Per la regola della miglior differenza reti, il Manchester City è campione d’Inghilterra per la terza volta, a quarantaquattro anni di distanza dall’ultima. Ma nella rete del Kun c’è molto più di un successo nazionale. C’è il futuro di Mancini, che avrebbe seriamente rischiato l’esonero in caso di secondo posto. Poi c’è la fine della tetrarchia delle Big Four (l’altro Manchester, il Chelsea, l’Arsenal e il Liverpool), le uniche squadre in lotta per il trono dal 1996 fino a quell’anno. Inoltre – questo è per i più romantici – il gol non ha precedenti nella storia del calcio: mai un campionato era stato risolto nell’ultimo minuto di recupero dell’ultima giornata.
Comincia una nuova era.