Di origini modeste (il padre lavorava in una fabbrica di rame, mentre la madre era un’impiegata di banca), Vida nasce nel 1981 a Užice, città dell’allora indivisa Jugoslavia. La famiglia, come tante altre, vive nel timore paranoico dei bombardamenti, piaga di una realtà irrimediabilmente conflittuale e sempre sul punto di andare in mille pezzi. Dopo un’infanzia tesa e pochi anni di gavetta, Vidic si scopre già adulto, costretto com’è ad assumersi una responsabilità che mai invaderebbe i pensieri di un adolescente: partire per la guerra o mettersi in salvo dalla follia umana. Approfittando della libertà concessa negli anni ’90 a studenti e calciatori, non obbligati ad arruolarsi, il giovane abbraccia il suo talento e si lascia trascinare lontano, alla deriva di un sogno.
Nel 2005, dopo otto anni allo Stella Rossa tra giovanili e prima squadra e una breve parentesi con la maglia dello Spartak Mosca, Vidic è vicino alla Fiorentina. Tuttavia, le speranze dei viola si spengono al termine di una battaglia di mercato con il Manchester United, che si aggiudica il serbo facendolo firmare il giorno di Natale. Il resto, come si suol dire, è storia.
Giusto il tempo necessario per adattarsi alla Premier League, il numero 15 diventa presto un monumento delle retrovie dei Red Devils e, come dimostrano qualche cartellino e ferita al volto di troppo, non si tira mai indietro, neanche quando si tratta di conquistare l’area avversaria. Nelle sue due migliori stagioni (2007-2008 e 2008-2009) vince praticamente tutto, segnando alcuni gol pesanti come quello agli Ottavi di Champions contro la prima Inter di Mourinho. In seguito al ritiro di Gary Neville nel 2011, Vidic diventa capitano della squadra, primo cittadino della sua utopia, vincendo la sua ultima Premier nel 2013, un anno prima di salutare i compagni e sbarcare sulla sponda nerazzurra di Milano.
Restare in Inghilterra non è mai stata un’opzione. Non per lui, che non immaginava neanche di poter vestire altri colori. Eppure, anche se lo avesse fatto, quel rosso fuoco ormai gli stava incollato sulla pelle. Come vuole quel detto che celebra tutti e al tempo stesso pochi eletti, once a Red Devil, always a Red Devil. Una volta indossata questa maglia, non si toglie più. Soprattutto se sei stato un gigante.