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I peggiori undici calciatori che hanno vinto la Premier nell’ultimo ventennio

Ecco una lista di coloro che sono partiti senza lasciare un buon ricordo, ma con un campionato in tasca.

7 ' di letturaE’ cosa nota che, di tanto in tanto, tabloids e quotidiani sportivi inglesi avvertano la necessità di dileggiare qualche malcapitato atleta, partito alla volta d’Inghilterra per cercar fortuna, e poi costretto a fuggire inseguito dalla malasorte. Così, quei burloni del “The Sun”, si sono divertiti nello stilare una compagine di tutto rispetto: il peggior undici che abbia avuto l’onore di alzare la Premier nell’ultimo ventennio.
Ecco a voi undici nomi. Alcuni di questi veramente inaspettati, di atleti che in altri lidi si sono espressi ad altissimi livelli. Se di alcuni invece neanche ricordate l’esistenza, la vostra dimenticanza è assolutamente giustificabile.

COSTEL PANTILIMON

L’estremo difensore rumeno aveva l’altezza dalla sua, ma non molto altro da offrire. Pantilimon avrebbe dovuto essere una figura imponente e autoritaria: il futuro fra i pali del ricchissimo Manchester City.
Collezionò appena 7 presenze in 3 stagioni all’ombra dell’Etihad, alcune delle quali durante l’annata trionfale di Manuel Pellegrini, in sostituzione dell’infortunato Hart. Da quel momento in poi, per il portiere rumeno, seguirà un lento ed inesorabile declino: due anni al Sunderland, senza lasciare ricordi indelebili; una stagione al Watford (con appena due presenze e la bellezza di 4 goal subiti); infine la cadetteria tra i pali del Nottingham Forest, gloriosa decaduta. Poi, nell’indifferenza generale, di lui si sono perse le tracce. L’ultimo tesseramento noto è quello per il Denizlispor, squadra militante nella Super Lig turca, con la quale però non ha disputato neanche una partita.

 

JOSE BOSINGWA

Quando, nel lontano 2008, il Chelsea si assicurò le sue prestazioni dal Porto, a Londra i tifosi avevano più di una ragione per essere ottimisti. Del resto, avevano dagli stessi portoghesi era stata prelevata gente del calibro di Paulo Ferreira ma soprattutto di Ricardo Carvalho, divenuto bandiera del club ed ultimo baluardo difensivo assieme a J.T.
Ma il terzino destro, invece, spesse volte si rivelò una calamità dalle parti di Stamford Bridge. Comunque, in qualche modo, riuscì a collezionare ben 125 presenze in quattro stagioni trascorse con la casacca dei Blues, togliendosi la soddisfazione di alzare al cielo non soltanto la Premier, ma anche la storica Champions League ed una FA Cup.

PASCAL CYGAN

“He’s bald, he’s s+++, he plays when no one’s fit- Pascal Cygan, Pascal Cygan”
Probabilmente questo non è un coro che desidererebbe alcun calciatore. Certamente nessuno di noi potrebbe immaginare ma certamente che fosse diretto a un membro della famosa armata di Wenger, quella degli “Invincibili”.
Il goffo centrale francese non fu certo una delle migliori scoperte che il buon Arsene portò con sé dalla madrepatria. Di sicuro, ogni volta che scendeva in campo, il centrale transalpino riusciva nell’impresa di far salire il cuore in gole alle migliaia di Gunners sugli spalti. Dopo 4 lussuosi anni sulle panchine londinesi, firmò per il Villarreal, ma l’avventura nelle massime serie durò ben poco per lui. Au revoir.

IGOR STEPANOVS

Quando la storica colonna difensiva dell’Arsenal, Tony Adams, nel corso della stagione 2000, subì un serio infortunio, Arsene Wenger fu costretto a gettarsi frettolosamente sul mercato alla ricerca di un degno sostituto, per quanto difficile sia esser degni di sostituire Adams. L’attenzione ricadde su uno sconosciuto centrale lettone, allora militante nelle fila dello Skonto Riga.
Le premesse non erano delle migliori, ma Stepanovs riuscì anche a deludere le già basse aspettative. O meglio, le cose all’inizio andarono anche discretamente bene per il nuovo arrivato, finché nel suo goffo percorso non ebbe a incorrere nello United di Sir Alex. Nella tana del diavolo i Gunners vennero strapazzati con un sonoro 6-1. Una prestazione indecorosa, che ancora dalle parti dell’Emirates si ricordano bene, segnò le sorti del lettone, ben lontane da Londra. Ciononostante, prima di imbarcarsi in una vera e propria carriera da nomade tra Svizzera Danimarca e Russia, si tolse lo sfizio di alzare la Premier nella stagione 2001-2002.

ALEXANDER BUTTNER

Altro nome giunto ad Old Trafford col fardello di un’eredità pesante, quella di Patrice Evra. Le cose iniziarono bene per l’olandese scuola Vitesse, addirittura con una rete al debutto contro il Wigan.
Nonostante la vittoria del titolo alla prima stagione mancuniana, con l’avvento di Van Gaal ricevette il benservito e, dopo un breve pellegrinaggio in Russia, fu nuovamente spedito in Olanda. Un passo indietro dal quale Alexander non ha mai saputo ritrovare la strada per le grandi piazze, anzi: qualche anno più tardi fu svincolato dallo stesso Vitesse, non certo il Real Madrid, a causa della sua imbarazzante forma fisica. Alla soglia dei 31 anni, quello che sembrava essere un astro nascente, si ritrova a giocare nella fila dell’Apollon Limassol, a Cipro.

JUAN CUADRADO

Probabilmente il nome più clamoroso di questo undici, specialmente per le brillanti giocate fatte vedere a Torino sponda bianconera, ma non solo.
L’esperienza del colombiano dalle parti di Stamford Bridge di romantico ebbe ben poco. Sbarcò a Londra, nel Gennaio 2015, per la bellezza di 23 milioni di sterline versate nelle casse della Fiorentina, e si unì ad un undici che già veleggiava nelle zone nobili della classifica. Prese parte a ben 13 gare nella cavalcata che condusse il Chelsea di José Mourinho alla vittoria della quarta Premier League della sua storia, ciononostante durante quell’avventura Juan apparve paralizzato dalla paura, a tal punto da snaturare il suo stile di gioco tutto gioia-dribbiling-fantasia. I blues i suoi slalom ubriacanti non se li ricordano, i banali passaggi al compagno più vicino invece sì. Fu spedito l’estate successiva alla Juventus, e c’è poco altro da dire, conosciamo tutti il livello di calcio che va offrendo allo Stadium.

DARRON GIBSON

Il centrocampista irlandese si presentava come uno degli astri nascenti ed una delle note più liete dello United campione 2010-2011; annata nella quale il suo rendimento spinse alcuni improvvidi ad abbozzare addirittura paragoni con Paul Scholes: un esercizio lessicale che attualmente verrebbe catalogato come blasfemo.
Del resto, il buon Darron, aveva fregato un bel po’di gente, a partire da Sir Alex, che di lui ebbe a dire: “He offers the kind of contribution we used to get from Paul Scholes”.
Una meteora, figlia anche di un carattere e di uno stile di vita all’insegna degli eccessi, che non ha omesso di mostrare anche nelle fila del Sunderland, come sicuramente ricorderanno i cultori della serie “Sunderland Till I die”. A 32 anni, con una potenziale grande carriera gettata alle ortiche, limita in League Two, nelle fila del Salford City.

JACK RODWELL

Da tutti indicato come futuro perno del centrocampo degli Undici Leoni, fece fragorosamente irruzione nel panorama calcistico inglese con la casacca dell’Everton, offrendo prestazioni superlative, mischiando grande fisicità a buone geometrie in tenera età. Un talento fragoroso, che non passò certo inosservato dalle parti dell’Etihad, a tal punto che il City fu disposto ad assicurarselo per ben 15 milioni di sterline ad appena 21 anni compiuti.
Dopo aver alzato il titolo nel 2014, sotto la guida di Pellegrini, firmò un quadriennale con il Sunderland. Per i Black Cats fu una trattativa disastrosa, inserita all’interno di un dissesto economico che di lì a poco sarebbe esploso. Sempre la famigerata Serie Tv ha mostrato la gestione problematica del “caso Rodwell”. Un calciatore ormai diventato un vero e proprio fardello economico per un club apertamente in crisi, confinato ai margini della rosa a causa della sua inflessibilità nel rifiutare qualsiasi destinazione alternativa, che non potesse garantirgli lo stesso trattamento faraonico riservatogli dai Black Cats: un ingaggio da 70 mila sterlina alla settimana.

YURI ZHIRKOV

Il russo approdò in pompa magna a Stamford Bridge, per la bellezza di 18 milioni di sterline, dopo aver messo in mostra tutto il suo devastante repertorio con la nazionale russa durante Euro 2008, ma soprattutto in patria con la maglia del CSKA.
Chiuso da due “nomignoli” del calibro di Ashley Cole e Maluda, che bloccavano ogni ipotesi di impiego sulla fascia sinistra, tanto in veste di terzino che di esterno alto, alla serie di calamità si aggiunse anche un infortunio al ginocchio. La sua esperienza londinese terminò nel 2011, quando Villas-Boas autorizzò la sua cessione all’Anzhi.
Alla veneranda età di 36 anni è ancora in attività, nelle fila dello Zenit San Pietroburgo.

MATEJA KEZMAN

Il serbo giunse a Stamford Bridge nel 2004 come una delle pedine fondamentali della rivoluzione targata Mourinho. All’epoca non gli si poteva certamente contestare la mancanza di personalità: lasciata la n°9 da Jimmy Floyd Hasselbaink, una maglia a dir poco pesante, il ragazzino non esitò a chiederla e indossarla.
Quel giovincello dal pizzetto irriverente e dai capelli intrisi di gel si presentava con uno scoring di tutto rispetto: in 122 partite disputate in Eredivisie con la maglia del PSV aveva messo a segno la bellezza di 105 reti. Quella confidenza con il goal, però, svanì misteriosamente una volta atterrato a Londra.
Dopo appena 7 reti in 41 presenze, venne spedito all’Atletico Madrid, con un titolo nazionale affisso in bacheca.

JEREMIE ALIADIERE

Ah… la potenza offensiva degli Invincibili: Henry, Bergkamp, Wiltord, Kanu e… ebbene sì, Jeremie Aliadiere.
Queste le parole del timido centravanti francese a “football.london”:ero impaurito, e non mi sarei mai sentito pronto nella vita per essere una star ad Highbury”. In poche parole, il sunto perfetto della sua esperienza coi Gunners.
Wenger, al tempo, la pensava diversamente, anzi credeva eccome nelle potenzialità del ragazzo, che fu prelevato ad appena 16 anni dall’INF Clairfontaine e portato a Londra. Il ragazzo però non riuscì mai ad appagare le aspettative su di lui riposte, forse sin troppo elevate.
Dopo quattro stagioni passate all’Arsenal, in cui giocò veramente poco e segnò ancora meno (appena 1 rete in 18 presenze complessive) fu girato in prestito prima al West Ham e poi al Wolverhampton, senza trovare fortuna. Dopo un nuovo esperimento fallito in casa Arsenal, fu definitivamente ceduto al Middlesbrough, club col quale ebbe a confermare la sua scarsa vena realizzativa, collezionando appena 11 reti in 78 presenze.

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