L’11 marzo, in una delle innumerevoli stanze private di Zoom, avviene uno di questi soliti meeting. Non è una riunione di lavoro, né una chiamata tra amici impossibilitati a vedersi dal vivo. È un incontro, anche abbastanza particolare. La lingua utilizzata è rigorosamente l’inglese, per quanto declinata in più di un accento, a volte anche incomprensibile. C’è un particolare mosaico di volti, estremamente interessante: da una parte sono presenti tre nomi noti d’oltremanica, vecchie glorie di una squadra di calcio; dall’altra una manica di ragazzi italiani dall’espressione estatica, con quel viso soddisfatto tipico di chi vede un sogno avverarsi. La chiamata è guidata da un gentile signore inglese che si fa chiamare Callum. A quanto pare il suo lavoro è quello di Supporter Engagement Assistant, qualsiasi cosa voglia dire, ma il titolo che mostra sotto la sua immagine è più che chiaro: lavora direttamente per il Leicester City Football Club.
Un gruppo di autentici tifosi Foxes
Daniele è un ragazzo di Vicenza, sul vecchio Televideo si innamora del calcio di categoria e dei diversamente vincenti, ma è sui social che si dimostra bravissimo a esprimere le sue emozioni da tifoso, ed è proprio sulle piattaforme che impara ad amare il Leicester. Tamir è jugoslavo, scopre le Foxes quando queste battono il Middlesbrough, in finale di Coppa di Lega nel lontano 1987, perché nel Boro gioca uno dei suoi primi idoli calcistici, “Penna Bianca” Fabrizio Ravanelli. Alessandro invece è un toscanaccio doc, altro amante degli eterni perdenti, quindi folgorato da Claudio Ranieri sin quando guidava la Fiorentina. Salvatore nasce a Palermo, ma tifa Roma, e come tutti i romanisti non può non avere a cuore le sorti di Sor Claudio. Il secondo Alessandro della lista, toscano anche lui ma di Lucca, non era ancora nato quando altri suoi compagni già avevano messo gli occhi su Leicester, però da quando segue le Foxes è quello che più di tutti ha calcato gli spalti del King Power Stadium. Jacopo, come anche il terzo Alessandro, ha solo 15 anni ma è già pazzo per il football all’inglese. Angelo invece è un giramondo, che per caso o per destino è finito a vivere a due passi dallo stadio fulcro della grande impresa.
I ragazzi italiani che partecipano all’incontro rispondono a questi profili. Tutti molto diversi l’uno da quell’altro, accomunati solo da un doppio filo di colore azzurro. A legarli insieme ci pensa ovviamente l’epopea di Claudio Ranieri, quando moltissimi suoi compatrioti si appassionano a ciò che succede dalle parti di Leicester. L’avventura dell’allenatore romano è seguita in maniera spasmodica, con più enfasi dell’ennesimo scudetto della Juventus in patria. Tanti si scoprono simpatizzanti delle Foxes, della loro formazione piena di eroi improbabili, con in testa un condottiero dai modi gentili e dal goffo e un po’ maccheronico inglese italianizzato.
La stagione successiva è quella della Champions League, della prima volta in una competizione europea per Jamie Vardy e i suoi compagni. Ma rappresenta anche la fine, enigmatica, troppo repentina, dell’avventura di Ranieri. Ci vorranno ancora molti anni prima che si possa sapere chi davvero ha remato contro il tecnico italiano. A Leicester pare essere ancora materia top secret, tanto che una domanda proposta dai ragazzi viene modificata appositamente per non toccare il tema.
Si sa come funzionano queste cose. Fino a che la squadra vince, entra di diritto nell’olimpo del calcio, tutti diventano tifosi sfegatati. Nel giro di pochi mesi però la scena cambia drasticamente: dall’improvvisare viaggi dall’Italia per andare a festeggiare il titolo nella città del miracolo, molti si lasciano alle spalle l’esperienza Leicester. Pochi fedeli rimangono affezionati alla squadra, la seguono anche nelle annate oggettivamente deludenti dove non si supera la metà classifica. Continuano la loro attività, soprattutto sui social. Qualcuno regolarmente vola in Inghilterra a seguire le partite. La platea però si assottiglia, l’entusiasmo c’è ma lentamente si assopisce.
Il colpo di scena lo regala proprio il COVID-19. Tutti costretti a casa dalla pandemia, i pilastri del gruppo trovano nuove energie da spendere nel portare avanti il credo delle Foxes. I rapporti tra le persone rimaste si rinsaldano, l’attività è costante. La chat Whatsapp brulica di messaggi, si formano sempre più idee interessanti. A coronamento della ritrovata vitalità, nel febbraio 2021 il Leicester City Italian Fans viene riconosciuto ufficialmente come un “supporter group” della squadra, l’unico nello stivale. Un mese dopo arriva questo incontro, il primo in cui un manipolo di tifosi italiani ha l’opportunità di interagire con tre leggende del club.
Leicester football fans matter
Perché accada tutto questo, perché un gruppo di tifosi che non ha neanche un’organizzazione rigorosa, una struttura associativa definita, venga riconosciuto da centinaia di chilometri di distanza come interlocutore per un club di Premier League, non basta l’impegno di questi veri tifosi. C’è bisogno di altro, di una società ricettiva verso le persone che la sostengono. Ci vuole una certa cura e attenzione da rivolgere ai propri fan. Sotto questo punto di vista, come in realtà in tanti altri scenari, gli inglesi sono avanti anni luce rispetto a noi.
L’esistenza di una posizione come il Supporter Engagement Assistant è un concetto fantascientifico per le nostre latitudini. Chissà cosa si troverebbe a fare il buon Callum in uno dei nostri club. Ma basta semplicemente guardare il sito internet del Leicester, e confrontarlo con quello delle nostre società, per notare le differenze. Nessuna autoreferenzialità, disponibilità totale nel farsi contattare da parte di chiunque. Il Leicester City, così come tutte le altre squadre di Premier, sembra comprendere molto bene che, per quanto i grossi introiti provengano da altre fonti, i tifosi rimangono l’elemento fondante e centrale di questo gioco.
Così non solo le Foxes organizzano eventi come quello dell’11 marzo, ma programmano già verso il futuro, possibilmente senza gli intralci della pandemia. Tutti i ragazzi che hanno partecipato all’incontro sono stati invitati al King Power Stadium, per visitare la struttura e conoscere la squadra. Si parla addirittura di mettere in piedi una giornata a cui invitare tutti i fan club fuori dall’Inghilterra. Certamente, è più semplice fare questi progetti per una società come il Leicester rispetto a una con un seguito planetario come il Manchester United, ma quel che conta è lo spirito con cui affrontano la situazione. Quel modo di porsi che in Italia manca.
Una grande giornata di calcio… virtuale
L’11 marzo i tifosi italiani del Leicester possono incontrare tre leggende del club. Ovviamente non sono presenti i protagonisti del titolo di cinque anni fa, ma comunque due dei presenti possono vantarsi di aver aiutato a mettere un trofeo nella bacheca del King Power Stadium.
Il più conosciuto è Steve Walsh, il carismatico capitano delle Foxes durante gli anni ’90. Un periodo pieno di gioie, con due Coppe di Lega conquistate e una terza finale persa contro il Tottenham, ma non immune a grandi dolori sportivi, come la retrocessione subita nel ’95. Walsh era un difensore ruvido e roccioso, degno figlio della sua epoca sportiva, che spesso abusava delle maniere pesanti per fermare gli avversari. Non disdegnava però lasciare la sua firma nei match più importanti, soprattutto quando l’allenatore decideva di mandarlo in attacco. Fu sua la storica doppietta nella finale dei playoff a Wembley, che nel ’94 portò le Foxes in Premier. Un vero mito dalle parti di Leicester, dove è conosciuto come “Captain Fantastic”.
Compagno di reparto di Walsh per tre anni è stato Matt Elliott, che ne raccolse anche l’eredità di capitano. Inglese di nascita, giocò 18 partite con la Scozia grazie alle origini della nonna. Altro difensore ben piantato sui suoi piedi, tra lui e Walsh era difficile per gli attaccanti arrivare in porta del tutto incolumi. L’anima aggressiva della squadra, per anni considerata una delle più toste da affrontare in Premier, prendeva appieno dai suoi centrali. Elliott inoltre ebbe il piacere di dividere lo spogliatoio anche con Roberto Mancini, per quelle cinque fugaci presenze in maglia Foxes.
Ultimo presente è Ally Mauchlen, scozzese anche lui, di qualche anno più vecchio dei suoi colleghi. La sua avventura a Leicester non fu delle più simpatiche, perché coincise con un lungo periodo in Second Division, dall’85 al ’92, culminato con la sconfitta nella finale di playoff contro il Blackburn.
Le tre vecchie glorie sono molto disponibili, curiose di come gli italiani vedano da lontano Leicester e pronte a rispondere alle domande preparate dai tifosi. Walsh, che periodicamente compie degli scouting per la società, ha appesa sul muro la maglietta di James Maddison, e racconta divertito di come “odia” Roberto Baggio e la Nazionale italiana del 1994. Aveva scommesso 2000 sterline sulla vittoria azzurra del Mondiale.
Elliott invece spazia molto tra ricordi e attualità, delizia gli ascoltatori con la sua conoscenza dell’ultimo rampollo della dinastia Maldini, mentre ricorda come tutta la città sentì l’effetto dell’arrivo di Roberto Mancini: prima di lui, nessuno prestava molta attenzione alle Foxes. Mauchlen, che ha vissuto gli ultimi strascichi di un’epoca ben diversa di football, racconta invece le trasferte più dure da affrontare per quanto riguardava il tifo avversario: Millwall, Newcastle e Leeds, tre degli spauracchi più conosciuti nel mondo delle firm.
L’incontro scorre via tranquillo, in un’atmosfera di gioia e rilassatezza. Con una promessa a rivedersi, possibilmente dal vivo in Inghilterra, Callum alla fine chiude la comunicazione. I ragazzi italiani non possono essere più soddisfatti di così. Non solo hanno avuto riconoscimento dal club che tifano, con una passione vibrante nonostante la lontananza, ma sono riusciti a creare un evento in cui hanno potuto parlare con delle icone, con alcuni tra i primi giocatori che hanno potuto ammirare in maglia Leicester. Senza problemi e timori reverenziali. Non è difficile far felici un gruppo di tifosi, spesso basta solo volerlo.
Grazie ai ragazzi del Leicester City Italian Fans per le loro fotografie.
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