Danny Wilson e Lynne Giggs sono giovani, incoscienti, forse anche innamorati. Di sicuro hanno 17 anni a testa. A Cardiff è il 29 novembre 1973 quando la vita cambia per sempre: nasce Ryan, il loro primo figlio. La giovane coppia non se la passa benissimo: lei fa la babysitter e l’aiuto cuoca in un pub del porto, mentre Danny è figlio di marinai mercantili originari della Sierra Leone, gli avi arrivati in Galles all’inizio degli anni Venti. Non sono sposati, ma non importa. C’è un figlio appena arrivato, che diamine. Ma, a dire il vero, per Danny contano soltanto due cose: la palla ovale e le pinte di birra.
Sì, lo avete già capito. Nessun lieto fine, almeno stavolta. Danny se ne va in giro con i suoi folti capelli afro, un paio di baffoni ed il petto in fuori: “La cosa – racconterà Ryan molti anni più tardi – faceva letteralmente impazzire le donne“. Donne che sono attratte non soltanto da quel fascino dissoluto, ma anche dalla montagna di muscoli che giaciono possenti sotto la pelle ruvida di un giocatore di rugby. Così, mentre Danny si disimpegna con disinvoltura tra camicette slacciate e fiumi di birra, alla povera Lynne tocca sobbarcarsi tutta la faccenda.
Quando torna a casa, molto spesso, Danny la picchia. Provate ad immaginare cosa possa significare agli occhi di Ryan. “Ognuno – dirà ancora l’asso dello United rimescolando le dita tra le frange del passato – è forgiato dall’adolescenza che vive“. Il rapporto, incrinato, è destinato a creparsi ulteriormente quando la famiglia si trasferisce a Manchester perché Danny ha un trilione di difetti, ma una cosa la sa fare bene: giocare a rugby. La periferia mancuniana però non è Cardiff e, da lì a poco, tutta la famiglia si trova a fare i conti con episodi di esplicito razzismo.
Il rugby è una componente talmente essenziale che, inizialmente, anche Ryan vi si avvicina. Durerà poco però: il fisico, così diverso dalla corporatura massiccia del padre, è quello agile e scattante di un’ala di calcio. Forse, della migliore ala di tutti i tempi. Ryan decide di dribblare il destino e si iscrive alla scuola calcio del Manchester Utd, con il quale firmerà il suo primo contratto da professionista il 29 novembre 1990.
All’inizio di Match Point, pellicola cult per i fan di Woody Allen e non soltanto, la voce fuori campo sussurra: “Chi disse preferisco avere fortuna che talento percepì l’essenza della vita“. Il problema – o meglio – la questione, è che Ryan possiede entrambe le cose. Il suo giorno di fortuna ha la faccia benevolente di Dennis Schofield, un modesto lattaio dei sobborghi di Manchester con una passione che gli arde dentro: scovare nuovi talenti per segnalarli al City o allo United. Un giorno – è il 1981 – ferma il suo furgoncino davanti alla Grosnevor Road Primary School di Swinton. In campo c’è un gruppo di ragazzini sotto i dieci anni. Dennis si avvicina alla rete, osserva la gara e subito dopo si attacca ad una cabina telefonica: “Ho trovato il prossimo talento del calcio britannico”, esclama tutto eccitato, la voce che si lavora il cavo arriva fino all’altra cornetta, dove ad ascoltare c’è un dirigente del Manchester City. Più tardi, Dennis dichiarerà: “Non avevo mai visto niente di simile. Ryan Wilson correva come una gazzella ed aveva la dinamite nei piedi“. Ma torniamo a quel giorno del 1981: Danny è a Liverpool e l’unica cosa da farsi, per Dennis, è parlare con la madre. Lynne è titubante perché fatica a gestire la famiglia, alla quale nel frattempo si è aggiunto il fratello di Ryan, Rhodri. Ma alla fine Dennis la spunta: per tutta la stagione sarà lui a prenderli a casa e a portarli agli allenamenti. Sul furgoncino del latte, ovviamente.
Facciamo un piccolo salto in avanti. E’ il 1986, Ryan torna dagli allenamenti ed in salotto trova un signore distinto, le guance vermiglie e gli occhiali ben saldi sul naso, che sta parlando con sua madre. Quel signore è Alex Ferguson. “Vidi Ryan sul campo quando aveva 13 anni – dirà Sir Alex – e rimasi colpito: mentre gli altri correvano, lui fluttuava“. Eccola qui, l’altra sliding door di Ryan, idolo del Manchester Utd, non dei Citizens.
Ryan Wilson diventa Ryan Giggs nel 1989. Le giovanili dei Red Devils sono in Italia per un torneo e, dentro gli spogliatoi, succede quello che non è mai successo prima. L’arbitro fa la chiama e scandisce “Giggs”. Ryan si alza in piedi e dice “Sono io”. Ecco il dribbling della vita. Ecco il modo scelto per urlare forte: “Mamma, sono stato, sono e sarò sempre dalla tua parte. Papà, addio”. Recidere questo laccio è l’innesco definitivo per spiccare il salto.
Nel 1992 Ryan – finalmente Giggs – fa parte di quella che oggi è nota a tutti come la “Class of ’92”. Sul rettangolo verde, insieme a lui, ci sono ragazzi come David Beckam, i fratelli Neville, Nicky Butt e Paul Scholes. Un gruppo terribile che si allena al The Cliff, sognando forte di diventare grande in fretta. Sette anni più tardi, nel maggio del 1999, saliranno insieme sul tetto d’Europa.
Wilson, che divenne Giggs, scrive così il suo personalissimo riscatto. Ad Old Trafford debutterà il 2 marzo 1991, sostituendo Denis Irwin in un match perso contro l’Everton per 2-0.
Ryan Giggs gioca per lo United dal 1990 al 2014. Tutt’oggi è il primatista di presenze nel club (963), nonché il secondo giocatore con il maggior numero di apparizioni (634) nella storia della Premier League. Con 37 trofei conquistati in carriera, resta il giocatore più vincente della storia del calcio inglese.
Oltre le statistiche, probabilmente, la migliore ala di tutti i tempi.