Così, se nasci da queste parti è chiaro che le cose si fanno subito in salita. Hai avuto sfiga, che posso dire? Se al quadretto poco edificante di un quartiere che definire “difficile” è un simpatico eufemismo unisci altre botte di malasorte, ecco che allora ce ne sarebbe abbastanza per chiudersi in casa a compiangersi per anni.
Perché se vieni alla luce a Ciudadela il 5 febbraio 1984 – e sei Carlos Tevez – devi sapere che le cose si metteranno male fin da subito. Non ci credi? Bè, allora senti questa: il tuo padre biologico verrà ucciso a sangue freddo quando tua mamma sarà al settimo mese di gravidanza. Gli scaricheranno addosso un caricatore intero, tanto per essere sicuri, Gesù. Quindi cominciamo da qui: tuo padre non lo conoscerai mai. Credi che sia finita? Nemmeno per sogno: abbiamo appena iniziato.
Ti daranno il nome di papà, per onorare la sua memoria. Tua mamma ti partorisce, ma dopo soltanto tre mesi Fabiana Martinez – sì, mamma si chiama così – deciderà di abbandonarti.
E non è ancora tutto: a dieci mesi ti si rovescerà addosso l’acqua incandescente di un bollitore. Lì per lì – mentre vibri forsennatamente per il dolore che ti squarcia i tessuti – proveranno a fasciarti con del nylon: ecco, sappi che sarà una stronzata e peggiorerà le cose. Rimarrai in terapia intensiva per due mesi, con ustioni di secondo grado. Te la caverai, ma ti rimarrà per sempre un’enorme cicatrice a lavorarti viso, collo e petto.
Sei ancora lì? Ecco, forse adesso pensi che non ne vale la pena di venire al mondo, ma devi sentire l’altra parte della storia.
Ti affideranno agli zii materni, Adriana Martìnez e Segundo Tevez: prendi questo cognome e ti nota il Boca Juniors. Le giornate a Fuerte Apache saranno tutto un dribbling: sul campo e per le strade, dove dovrai schivare pallottole, droga e chissà cos’altro ancora.
Facciamo un salto in avanti, perché lo so che smanii per ascoltare la parte bella. Alla Bombonera, con gli Xeneis, vincerai tutto: titolo, Libertadores, Intercontinentale e Copa Sudamericana.
Ti prenderà il Corinthians. La gente del Timão non riuscirà mai ad amarti fino in fondo, ma vincerai un titolo ed un Balòn de Oro.
Poi eccoti pronto per la grande avventura: solcherai l’oceano e sbarcherai a Londra, sponda West Ham. Al tuo fianco ci sarà un giovane Javier Mascherano e ti farà sentire meno solo. Sappi che verranno fuori un mucchio di polemiche per il vostro trasferimento e la Football Association multerà il club. Sul campo vorrai spaccare ogni cosa, ma quel cocciuto di Alan Pardew preferirà metterti ala, diluendo il tuo potenziale. Subirai diversi infortuni, segnerai poco e finirete quindicesimi.
Ti ho ingannato, dici? No, aspetta: ora migliora.
Ti compra il Manchester Utd: il 23 settembre metterai il tuo primo sigillo ad Old Trafford, contro il Chelsea. Nel corso della tua prima stagione con i Red Devils vincerai la Premier e la Champions League, grazie al successo ai penalties proprio contro i Blues. Alla fine la gente chiamerà il tuo nome: Apache, Apache, Apache! Come il quartiere da cui provieni. Le stelle che si sono capovolte.
L’incanto non durerà molto: andrai dai cugini. Il Man City. Ancora non puoi saperlo, ma diventerai un autentico idolo da queste parti. Il primo anno farai 22 gol e in mezzo spunterà anche una doppietta nel derby mancuniano: farai vincere i tuoi 2-1 in Carling Cup. Ai Citizens Roberto Mancini ti affiderà la fascia da capitano, ci litigherai, verrai escluso, ricucirai i rapporti, vincerai un titolo che da queste parti aspettavano da 43 anni.
Noi ci fermiamo qui: ci sarebbe altro da raccontare, ma è già abbastanza per farti un’idea. Ché un campionato più bello di quello inglese, tanto, non lo troverai mai più.
E, in mezzo a tonnellate di sfortuna, resta comunque un bel motivo per nascere.