Bosman avvia l’esodo italiano in Premier
Siamo nell’estate nel 1996, periodo condizionato da quanto avvenuto qualche mese prima per quanto riguarda il mercato calcistico. Con la sentenza Bosman, i giocatori comunitari possono passare da un paese europeo all’altro senza alcuna restrizione numerica. Una decisione che, in Serie A, porta ad accogliere moltissimi giocatori stranieri ma anche a salutare talenti nostrani attratti da un’esperienza estera. Una decisione che riguarda anche alcuni nomi di spicco del nostro campionato, con la Gran Bretagna come principale terra di conquista.
Vialli, Di Matteo e Zola: tre assi azzurri per il rilancio dei Blues
Tra i campioni che salutano la Serie A figura Gianluca Vialli, bomber che cerca nuovi stimoli al Chelsea dopo aver alzato la Champions League con la la Juventus. A fargli compagnia arriva Roberto Di Matteo, reduce da tre stagioni alla Lazio. Un Chelsea dal sapore italico dunque, allenato da un giovane tecnico che l’Italia la conosce bene: Ruud Gullit. Il tasso di italianità aumenta a stagione iniziata, con l’ingaggio di colui che diventerà un’icona del club londinese. Si tratta di Gianfranco Zola, in fuga dal Parma dove non è più il centro di gravità dopo l’arrivo in panchina di Carlo Ancelotti.
Subito un successo per il “Chelsea tricolore”
Nonostante questi importanti giocatori italiani nel roster, il Chelsea non riesce mai ad inserirsi nella lotta per il titolo (andato al Manchester United di Alex Ferguson). La stagione però risulta positiva, visto che i londinesi tornano a vincere un trofeo dopo 26 anni (l’ultimo era stato la Coppa delle Coppe edizione 1970/71). Si tratta della FA Cup, che trasuda italianità sia per gli uomini risolutori in maglia blu che per gli avversari. L’ultimo ostacolo prima di alzare la coppa è il Middlesbrough, che vanta nelle proprie fila l’attaccante Fabrizio Ravanelli e il difensore Gianluca Festa. Il Chelsea vince 2-0 grazie ad una bordata di Di Matteo da fuori area al primo minuto di gioco e al sigillo finale di Newton, su geniale assist di tacco di Zola. Un alloro che da il là ad una serie vincente per i Blues, con gli italiani sempre come protagonisti.
Dopo la FA Cup, il trionfo in Europa
La stagione 1997/98 non parte bene per il Chelsea. I londinesi perdono la Charity Shield ai rigori contro il Manchester United e in campionato non decollano. Nel febbraio del 1998 la proprietà prova a dare una scossa, esonerando Gullit e affidando a Vialli il ruolo di allenatore-giocatore. Una scelta rischiosa, che però si rivela azzeccata. Con Vialli come leader diviso tra campo e panchina, il Chelsea riprende a marciare e si aggiudica la League Cup in finale contro il Middlesbrough (sempre per 2-0 e con Di Matteo ancora in gol). Una gioia bissata dal successo in Coppa delle Coppe, con i tre assi italiani in copertina viste le numerose reti realizzate (Vialli chiude a quota 6, Zola a 4 e Di Matteo 3). Il fantasista sardo è anche il match winner della finale contro lo Stoccarda, con una conclusione di controbalzo effettuata pochi secondi dopo il suo ingresso in campo.
Il canto del cigno del Chelsea made in Italy
La striscia di vittorie prosegue nella stagione 1998/99, quando il Chelsea si aggiudica la finale di Supercoppa Europea battendo in finale il Real Madrid. Un’annata in cui la colonia italiana a Londra aumenta, con l’arrivo di Pierluigi Casiraghi. L’ex attaccante di Juventus e Lazio non riesce però a risultare decisivo come i suoi connazionali, soprattutto per via dei numerosi infortuni che lo tormentano nella parte finale della sua carriera. Oltre al trionfo in Supercoppa Europea il Chelsea chiude il campionato al terzo posto, piazzamento che non otteneva dalla stagione 1969/70.
Il ciclo del “Chelsea tricolore” regala altre due soddisfazioni al pubblico londinese. Nella stagione 1999/00, con Vialli passato stabilmente ad allenare e altri tre giocatori italiani in rosa (il portiere Carlo Cudicini e i centrocampisti Samuele Dalla Bona e Gabriele Ambrosetti), i Blues si aggiudicano la seconda FA Cup in 4 anni superando in finale l’Aston Villa. È DI Matteo – ça va sans dire – a segnare il gol decisivo a circa un quarto d’ora dalla fine. Un trofeo che consente ai Blues di vendicare la sconfitta in Charity Shield contro il Manchester United di tre anni prima. Il 13 agosto del 2000 sono i Red Devils a soccombere, affondati dalle reti di Hasselbaink e Melchiot. L’ultima recita di quel Chelsea nato a metà anni ’90, che conoscerà tanti altri momenti di gloria dopo l’avvento del magnate russo Roman Abramovich.
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