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David “Rocky” Rocastle, il campione gentile scomparso troppo presto

5 ' di letturaDi Remo Gandolfi

Sono chiuso nella mia auto. A 500 metri dal nostro campo di allenamento. Sto piangendo come un bambino. Ancora non riesco a crederci. Sono uscito mezz’ora fa dall’ufficio di George Graham, il Boss. Non potevo davvero credere alle sue parole. “David, ti ho appena venduto al Leeds United.” mi dice. “Ma … Boss … io non voglio andare al Leeds United !” “Io sono felice qui, nell’Arsenal”. E mentre glielo dico le prime lacrime iniziano a gonfiarmi gli occhi. Qualcuna inizia a scivolare giù … “Raccogli la tua roba. Dopodomani Howard Wilkinson ti aspetta a Dublino per unirti alla squadra”.

Adesso le lacrime arrivano copiose. Lo so che non dovrei. Lo so che non serve a nulla. George Graham non ha mai cambiato idea una volta. Sono 6 anni che lo conosco. E’ arrivato all’Arsenal che ero poco più di ragazzino. Ma non ha esitato un secondo a buttarci dentro in prima squadra. Tony, Martin, Niall, Michael ed io … una banda di ragazzini ! E con lui abbiamo vinto subito. La Coppa di Lega. A Wembley, in finale contro il Liverpool. Poi sono arrivati trofei ancora più importanti. Due campionati di Prima Divisione. Ora però il Boss mi ha detto di andarmene. Andarmene dall’Arsenal. Da casa mia. Sono qua da quando avevo 15 anni e l’Arsenal è l’unica squadra per la quale voglio giocare a calcio. Non riesco a smettere di piangere. Qui ci sono tutti i miei amici, molti dei quali hanno fatto tutte le giovanili con me. Prima di entrare nell’ufficio del Boss alcuni di loro mi prendevano in giro “Ehi Rocky, vai dal Boss. Maledetto bastardo ti beccherai un aumento di stipendio”.

La scorsa stagione è stata una delle più belle della mia carriera. L’anno prima avevo avuto dei guai seri ad un ginocchio. Ho fatto fatica a tornare ai miei livelli. Dicevano che era un problema serio. “Degenerativo” lo hanno definito i dottori. E’ vero, ho perso un po’ di quello spunto in velocità che caratterizzava il mio gioco e giocare in fascia è dura se non riesci a saltare l’avversario ! Il Boss allora mi ha messo in mezzo al campo. Mezz’ala. Non ci avevo mai giocato ma mi sono subito trovato a mio agio. Ho giocato praticamente sempre e ho fatto anche qualche gol. Probabilmente la più bella stagione della mia carriera ! E poi quel gol all’Old Trafford ! Che gioia ragazzi !! … e ora invece me ne devo andare … E ancora non riesco a smettere di piangere”.

Per David “Rocky” Rocastle lasciare i Gunners fu semplicemente insopportabile. Lui che per l’Arsenal faceva il tifo. Figlio di una famiglia caraibica emigrata in Inghilterra alla fine degli anni ’50. Il padre muore nel 1972, quando David ha solo 5 anni. Ma gli amici e i parenti ricordano a David quello che il padre amava spesso raccontare, anche lui innamorato del calcio. “Andare negli stadi inglesi per un uomo con la pelle scura alla fine degli anni ’60 non era affato semplice. Qualche insulto razzista arrivava sempre prima o dopo … quando addirittura non finiva peggio.

Ad Highbury non mi è mai capitato una volta”. Ed è per questo che ho cominciato a tifare per i Gunners”.

David Dean, il Presidente dei Gunners, lo vede in un campetto di quartiere a Lewisham. Arrivato a casa racconterà estasiato alla moglie “Ho visto il nuovo numero 7 dell’Arsenal! Ha 14 anni e gioca come un brasiliano! Viene preso nelle giovanili. Con lui ci sono Tony Adams, Niall Quinn, Michael Thomas, Martin Keown, Martin Hayes e dopo poco arriverà anche Paul Merson. Del talento di David si accorgono tutti. Ma c’è un problema. Gioca sempre con la testa bassa, in dribbling salta gli avversari come birilli, ma sembra non avere idea di dove sia la porta. Nel suo sguardo “balordo” c’è la risposta: David ha uno astigmatismo importante che una volta corretto con un paio di lenti a contatto lo trasforma ben presto in una autentica iradiddio! Ha tecnica, velocità, dribbling, è anche forte fisicamente e lotta come un leone. Questa sarà la caratteristica che lo renderà un idolo per il popolo biancorosso di Highbury. E per tutte le squadre che verranno dopo.

Non è frequente vedere un giocatore del suo talento inseguire gli avversari come un indemoniato, lanciarsi in tackles impavidi, sacrificarsi in pressing e raddoppi di marcatura. Entrerà, per restarci per sempre, nel cuore dei tifosi dei Gunners, una sera di primavera del 1987. E’ la semifinale di Coppa di Lega. Dopo due pareggi si gioca “la bella”. Il campo però è quello degli odiati cugini del Totthenam. Uno squadrone da far paura. Hoddle, Waddle, Ardiles, Clive Allen … contro una banda di ragazzini alcuni dei quali neppure ventenni. David Rocastle segnerà il gol della vittoria, al 90mo minuto. Sarà il gol che permetterà ai Gunners di tornare a Wembley dopo 7 lunghi anni.

Arriveranno due titoli di First Division, 14 presenze in Nazionale ma purtroppo per Rocky niente Mondiali o Europei. L’arrivo al Leeds nell’estate del 1992 segnerà invece l’inizio di un declino inatteso quanto rapido. I dottori, purtroppo, avevano ragione. Il ginocchio gli crea sempre più spesso problemi. Con i campioni d’Inghilterra in carica non riuscirà mai ad esprimersi ai suoi eccellenti livelli e i trasferimenti al Manchester City, al Chelsea (lo vorrà Glenn Hoddle, dicendo che “si, so dei problemi al ginocchio di David. Ma 60 minuti suoi sono meglio di 90 di tanti altri giocatori !” poi al Norwich e poi addirittura al Hull in Terza divisione, saranno contraddistinti da prestazioni altalenanti, spesso incolori e da tanti guai fisici che lo costringeranno, a soli 32 anni, ad appendere le scarpe al chiodo. Lo farà dopo aver giocato un pugno di partite addirittura in Malesia, nel dicembre del 1999. Ma la dea bendata ha evidentemente deciso che tutto questo non bastava.

Poco più di un anno dopo, nel febbraio del 2001, David Rocastle conferma quello che in tanti nel mondo del calcio già sospettavano da tempo; Rocky è malato. Ma nessuno poteva immaginarne la gravità. David Rocastle ha un cancro. Il terribile “linfoma di Hodgkin”, una delle più aggressive forme di tumore che attacca il sistema immunitario. Il mondo del calcio si stringe intorno a Rocky, alla moglie Janet e ai suoi tre figli, Ryan, Melissa e Monique. Rocastle è amato e benvoluto da tutti. Professionista esemplare, correttissimo in campo, disponibile e affabile con tutti. E poi Rocky è il suo soprannome! Di combattere non ha mai avuto paura. Ma questa battaglia, la più importante di tutte, David Carlyle Rocastle, la perderà. Nemmeno due mesi dopo quel tragico annuncio. E’ il 31 marzo del 2001. David Rocastle è una delle 32 leggende della storia dell’Arsenal dipinte sui muri del nuovo Emirates Stadium. Di lui, una frase rimarrà per sempre a cementarne il ricordo, quella che amava dire a tutti, soprattutto ai nuovi arrivati in prima squadra, o ai ragazzi delle giovanili, riferendosi all’Arsenal, la squadra che amava.

REMEMBER WHO YOU ARE, WHAT YOU ARE AND WHO YOU REPRESENT !”

Tratto dal libro “Storie Maledette – L’altra metà del calcio” – a cura di Remo Gandolfi

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