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Gary Shaw tifoso che divenne una bandiera dell’Aston Villa di cui Maradona volle la maglia…

Diego Armando Maradona, chiede al suo agente di recarsi negli spogliatoi dell’Aston Villa per farsi consegnare “la maglia numero 8 di quel biondino fenomenale”

6 ' di letturaDa “Il Nobile Calcio” che ringraziamo per la collaborazione un pezzo di Remo Gandolfi

Gary Shaw. Tra le bandiere dell’Aston Villa, debuttò in squadra nel 1978 rimanendovi quasi ininterrottamente, salvo un breve prestito al Blackpool, per un intero decennio. Pur a fronte della giovane età, nei primi anni 1980 partecipò da protagonista – nonché da unico giocatore nativo della città, Birmingham – al maggior ciclo di successi dei Villans dalla Seconda guerra mondiale, contribuendo coi suoi gol alla vittoria del campionato di First Division 1980-’81, affermazione che mancava al club da ben settantuno anni, nonché ai primi trionfi continentali dello stesso con la Coppa dei Campioni e la Supercoppa Uefa messe in bacheca nel 1982, aprendo nell’ultimo caso le marcature nella finale di ritorno contro il Barcellona.

Nella nostra antologia, vogliamo inserire questo articolo di Remo Gandolfi, dal titolo “Gary Shaw: quel maledetto ultimo sogno”…

Chi dice che i sogni non si realizzano? Quando sono entrato nelle giovanili dell’Aston Villa avevo un sogno: esordire in prima squadra per il club che ho sempre amato e per il quale facevo il tifo fin da bambino. Il 1° settembre del 1979, a 18 anni, questo sogno si è realizzato. Avevo un altro sogno. Riuscire a giocare almeno una volta a fianco dell’idolo assoluto della mia adolescenza, il mio punto di riferimento quando giocavo nelle giovanili e lo vedevo allenarsi e giocare al Villa Park al Sabato: Brian Little.

Neppure due mesi dopo, il 13 ottobre, abbiamo fatto coppia d’attacco in un match al Villa Park contro il Wba. Poi quando ho cominciato verso fine stagione a giocare stabilmente in prima squadra insieme a giocatori del valore di grande talento come Gordon Cowans, Allan Evans e Tony Morley ho iniziato a coltivarne un altro di sogni: vincere il campionato inglese di First Division con il mio amato club. Alla faccia del sogno! L’Aston Villa che non vince un campionato da più di 70 anni e che nelle ultime 40 stagioni non è arrivata una sola volta nelle prime 3! Solo che il 2 maggio del 1981 l’Aston Villa si è laureato Campione d’Inghilterra!

Credete che io abbia smesso di sognare? Niente affatto! Vincere il campionato vuol dire da sempre partecipare alla Coppa dei Campioni, ovvero la manifestazione per Club più importante del mondo. E io ho sognato di vincerla. Beh, con squadre come Juventus, Liverpool, Stella Rossa, Bayern Monaco, Celtic o Real Sociedad non esattamente una passeggiata!

Mentre riceve il “Bravo”: insieme a lui Enzo Bearzot e Franco Causio
Invece nella finale di Rotterdam del 26 maggio di quest’anno abbiamo sconfitto per 1 a 0 i favoritissimi tedeschi del Bayern Monaco e così siamo diventati campioni d’Europa. A questo punto di sogni me ne manca uno solo fra tutti quelli “sognati”.

E’ quello che fai fin da bambino appena inizi a tirare due calci ad un pallone e a guardare qualche partita in tv: quello di giocare per la Nazionale del tuo paese. Io ho già giocato 7 volte per l’Under 21 inglese e in questi giorni mi hanno inserito nella lista dei 40 giocatori da cui usciranno i 22 che andranno ai Mondiali di Spagna che inizieranno fra poche settimane. Insomma, ci sono ad un passo anche se la concorrenza è fortissima. Però non mollo di certo in fondo ho solo 21 anni e di sogni da avverare mi manca solo quello. Chi dice che i sogni non si realizzano?”.

L’ultimo sogno, quello definitivo e forse più importante di tutti, per Gary Shaw non si realizzerà mai. Nell’estate del 1982, nonostante la fresca vittoria in Coppa dei Campioni con il suo Aston Villa che lo vide tra i protagonisti assoluti Gary Shaw non riuscì ad entrare nei 22 di Ron Greenwood nella spedizione inglese per i mondiali di Spagna. L’anno successivo arrivò anche la vittoria nella Supercoppa Europea, vinta nel gennaio del 1983 contro il Barcellona di Diego Maradona e Bernd Schuster.

Proprio al termine della partita di ritorno in cui Gary fu determinante (suo il primo gol che portò l’incontro ai supplementari e poi vinto dai Villans per 3 reti a 0) accadde qualcosa che forse vale più di un trofeo:  

Tre anni meravigliosi per Gary. Un campionato, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa europea a cui si vanno aggiungere riconoscimenti personali quali miglior giovane giocatore dell’anno del campionato inglese nella stagione 1980-’81 e addirittura l’anno successivo, quello della vittoria in Coppa dei Campioni, quello di miglior giovane giocatore europeo (il famoso “Guerin Bravo”). Sembra tutto perfetto. La Nazionale maggiore, l’ultimo sogno da realizzare è sempre lì, ad un passo. Siamo nel settembre del 1983. L’Aston Villa è sempre nei quartieri alti della classifica anche se un po’ dello smalto delle stagioni precedenti sembra ormai perduto.

I Villans giocano in trasferta a Nottingham. Di fronte il Forest di Brian Clough che è invece la pallida controfigura dello squadrone che vinse la Coppa dei Campioni nel 1979 e nel 1980. Gary Shaw riceve palla, finta con il corpo di andare a sinistra e poi sterza verso destra, in uno dei suoi classici movimenti. Da dietro arriva un difensore del Nottingham, fuori tempo e “spiazzato” dal movimento di Shaw. Gli entra sul piede d’appoggio. Gary va a terra. Ian Bowyer, il forte centrocampista del Forest, lo aiuta a rimettersi in piedi. In quel momento, sono parole di Gary “ho sentito distintamente un crack, come qualcosa che si spezzava dentro il mio ginocchio”.

Una prima operazione e poi il recupero. Forse affrettato. Il ginocchio non regge e continua a gonfiarsi. Altra operazione per “pulirlo” dai frammenti di cartilagine. Un nuovo recupero. Gary torna in campo. Ma è evidente a tutti che non è più lui. La sua agilità nel breve, i suoi repentini cambi di direzione, quella rapidità che unita alla incredibile capacità di “leggere” le giocate in anticipo sugli avversari non sono quelli di prima. La tecnica è sempre cristallina, il suo opportunismo sotto porta inalterato ma è lampante che nel suo gioco si è perso qualcosa. La squadra intanto si sta sfaldando. Se ne vanno in tanti di quell’11 meraviglioso che nell’anno del trionfo in campionato giocò praticamente tutte le partite con solo tre giocatori in più utilizzati in ben 42 partite di campionato.

Swain, Mortimer, Mc Naught e soprattutto Gordon Cowans, quello capace di “mettere in porta” Gary con un passaggio filtrante o un lancio di 40 metri, hanno lasciato il club. Gary rimane. Lui ama il club, non si immagina di giocare da nessuna altra parte. L’Aston Villa lo aspetta e continua a sperare che torni quello di una volta. In fondo quando il suo ginocchio va in pezzi ha solo 22 anni … c’è tempo e nessuno vuole rinunciare a provarci. Ma il tempo passa e Gary trova i suoi spazi in prima squadra sempre più limitati. Quel “qualcosa” che faceva la differenza, che lo aveva catapultato giovanissimo ai vertici del calcio inglese ed europeo, che avrebbe fatto di lui la bandiera dei Villans per almeno una decade si è perduto per sempre.

Lui, nato a Kingshurst, ad un tiro di schioppo dal Villa Park e unico giocatore nato nella zona di Birmingham in quell’Aston Villa capace in un anno solare di arrivare prima sul tetto d’Inghilterra e poi su quello d’Europa. Della sua partnership con Peter Withe, il possente centravanti dei Villans di quegli anni, della loro intesa quasi telepatica, si parla ancora oggi tra i tifosi negli “anta” dei Villans. Lo stesso Peter Withe ammette che nessuno tra i suoi tanti partner d’attacco si è mai anche solo avvicinato a Gary per qualità, tecnica e intelligenza calcistica. Gary rimarrà all’Aston Villa fino al 1988, tra speranze di un completo recupero e disillusioni di una realtà purtroppo molto diversa. Inizierà a vagabondare tra squadre minori inglesi (Walsall e Shrewsbury) e campionati di secondo (o terzo) piano come quello danese o austriaco chiudendo addirittura la sua carriera ad Hong Kong.

Allan Evans, Gary Shaw, Ken McNaught, Peter Withe e Dennis Mortimer
In poco più di tre stagioni Gary Shaw ha ottenuto quello che moltissimi calciatori firmerebbero per raggiungere in una carriera intera. Nessuno può sapere cosa avrebbe potuto fare davvero Gary Shaw senza quel dannato infortunio ma una certezza l’abbiamo; che anche quel maledetto ultimo sogno Gary Shaw lo avrebbe realizzato.

Come sempre la parte iniziale raccontata in prima persona è frutto della “fantasia” del sottoscritto anche se basata su fatti reali, interviste e informazioni raccolte per poter raccontare questo piccolo tributo all’ennesimo grande e sfortunato campione

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