Ma basta raggiungere un’altra latitudine, sbarcare al di là della Manica, e magari piazzarsi nel Nord di Londra – sponda Arsenal – per capire che la percezione delle qualità di Lehmann è decisamente all’opposto di quella che hanno gli italiani. Eh già, strano a dirsi, ma dopo l’incubo milanista il nativo di Essen ha avuto modo di riscattarsi con gli interessi, diventando uno dei pilastri della favola Arsenal di Wenger, quella degli “invincibili”. Il tecnico francese lo scelse come custode della porta di una squadra ambiziosa e spregiudicata, e come gli capitò al Milan, anche stavolta dovette raccogliere un’eredità pesante, quella lasciata da David Seaman. Ma le cose andarono in tutt’altra maniera.
Lehmann arrivò ad Highbury nell’estate del 2003 e si inserì subito all’interno di un gruppo – come per sua stessa ammissione – difficile da gestire: “La gente pensa che la nostra squadra fosse unita e che fossimo tutti amici, protesi in un ambiente ideale, ma non era per niente così. Ad essere onesti, vi erano discussioni sul campo quasi ogni giorno, perché tutti quanti erano ambiziosi e volevano il successo. Quindi il clima non era idilliaco, ma tutte le discussioni che abbiamo avuto ci hanno spinto a raggiungere degli ottimi risultati”. Accanto a Lehmann vi erano giocatori straordinari, come Campbell, Vieira, Pires, Ljungberg, Bergkamp e naturalmente Thierry Henry. Una squadra dal tasso tecnico devastante, in cui la fantasia era letteralmente al potere.
La cavalcata in Premier League nella stagione 2003/2004 è passata alla storia, con ben 90 punti e 0 sconfitte all’attivo, l’Arsenal divenne campione. Lehmann giocò tutte le partite, non saltando neanche un minuto e riuscì a mantenere immacolata la sua porta in ben 15 occasioni, un bel record. Quella squadra divenne l’Arsenal degli “invincibili”, un team che non ha bisogno certamente di presentazioni. In molti pensavano che si potesse aprire un ciclo vincente, ma anche stavolta i Gunners hanno sovvertito le previsioni. Quindi l’anno successivo, il 2005, l’Arsenal doveva vincere tutto, ma portò a casa soltanto la FA Cup contro il Manchester United, dovendo cedere lo scettro della Premier League al Chelsea di Mourinho.
Quel talentuoso gruppo di straordinari interpreti ha la sua ultima occasione nel 2006, quando al Parco dei Principi di Parigi, va in scena l’atto finale della Champions League. Di fronte ai Gunners di Wenger si trova il Barcellona di Rijkaard. Henry contro Ronaldihno, le telecamere di tutto il mondo sono puntate su un evento che si prospetta epico. Ma a prendersi la scena è proprio Lehmann, che al 18′ si fa espellere per una sciagurata uscita dall’area di rigore con cui travolge Eto’o lanciato a rete. Calcio di punizione e cartellino rosso diretto. Per il tedesco arriva il non invidiabile primato di primo giocatore espulso in una finale di Champions League. La partita finisce 2 a 1 per il Barcellona, vincendo in rimonta con le reti Eto’o e Belletti, che ribaltano il gol iniziale di Campbell.
Lehmann ha vissuto altre tre stagioni intere con la maglia Gunners dopo quel triste epilogo di Parigi, vivendo la rivoluzione e il cambio generazionale che si è susseguito in quegli anni, quando l’Arsenal scelse di perseguire la strada dei giovani. Recentemente il tedesco è stato critico circa la gestione di quella situazione: “Penso che l’Arsenal abbia fatto un errore. All’epoca potevo considerarlo un piccolo errore, ma ora penso che sia stato uno sbaglio decisivo per gli anni successivi. Nel 2008 Gilberto Silva e io eravamo gli ultimi superstiti di quella squadra che poco prima aveva vinto molto. In rosa vi erano ragazzi come Robin Van Persie, Cesc Fabregas, Alex Hleb e Thomas Rosicky. Tutti giovani e talentuosi, che dopo una buona partita si sentivano arrivati, perché mancava una vera guida per quello spogliatoio”. L’ex portiere tedesco ha anche aggiunto: “Non è stata colpa loro, ma non c’era nessuno che potesse effettivamente trasferire i vecchi valori e gli approcci all’allenamento e al gioco alla nuova generazione perché vi era troppa distanza caratteriale. È stata una transizione troppo veloce, quei ragazzi stavano molto attenti allo stipendio e alle statistiche, probabilmente qualcuno della vecchia guardia in più sarebbe stato fondamentale”.
Lehmann ha concluso la sua carriera proprio con l’Arsenal, quando tornò a vestire la maglia dei Gunners nel 2011, dopo una fugace parentesi allo Stoccarda. Purtroppo per lui, l’espulsione in finale di Champions League è una ferita ancora aperta: “Purtroppo è un momento che non riesco a cancellare, un qualcosa che continua a ronzarmi intorno alla testa…in particolare quando le persone me lo chiedono. Ma nel complesso, la mia esperienza all’Arsenal è stato un concentrato di delusioni ma anche di successi. Non abbiamo vinto tutto, ma quasi tutto”. Sicuramente la sua carriera è stata riscattata, facendo parte attiva di una delle squadre più belle e affascinanti della storia della Premier League, potendo vantarsi di essere uno degli invincibili, per la precisione la saracinesca degli invincibili.