Quarto figlio di un panettiere, il giovane Jürgen sembra destinato a seguire le orme del padre, che possiede una bottega in una piccola cittadina a non molti chilometri di distanza da Stoccarda. Il calcio però è nel suo sangue e il suo talento non passa inosservato agli occhi dei tanti talent scout che lo seguono. A spuntarla prima degli altri però sono i dirigenti degli Stuttgarter Kickers, la seconda squadra del Capoluogo del Baden-Württemberg, che gli fanno firmare un contratto da professionista ad appena sedici anni. Sbarcato nel nuovo mondo, Klinsmann viene sottoposto a una serie di allenamenti che ne potenziano l’esplosività. Il giovane tedesco è veramente un freccia, nessuno riesce a stargli dietro, un talento purissimo in cui a spiccare è l’accelerazione nel breve e la grande freddezza sotto porta. L’esordio in Bundesilga 2 è buono, ma la definitiva consacrazione avviene alla terza stagione coi Kickers, quando ha 19 anni. In un singolo campionato mette a referto 19 reti in 35 presenze. Da questo momento Jürgen attira le attenzioni dell’altra squadra di Stoccarda, con la quale firmerà un primo redditizio contratto.
Nelle cinque stagioni con la casacca dello Stoccarda arrivano ben 94 reti in 186 presenze, ma purtroppo il suo apporto alla causa non basta per arrivare a vincere un qualsiasi titolo di squadra, ma tuttavia gli permette di entrare in modo stabile nel giro della nazionale della Germania Ovest. Le ambizioni però sono tante, la chiamata dell’Inter è un’occasione da non rifiutare, in più tra i nerazzurri ci sono altri due compagni di nazionale come Matthäus e Brehme. Il trio teutonico fa faville in Italia, nel 1990 alzeranno insieme la Coppa del Mondo sotto al cielo di Roma, mentre l’anno successivo con la divisa interista portano a casa una prestigiosa Coppa Uefa. Nelle tre stagioni passate sotto alla Madonnina, Klinsmann si confermerà una stella del panorama calcistico internazionale, mettendo a segno 40 reti in 123 presenze. La “Pantegana Bionda”, come alcuni erano soliti chiamare la punta tedesca, è pronto a una nuova sfida, accettando la chiamata del Monaco. A Montecarlo non mancano i gol, ma qualcosa si rompe alla fine della seconda stagione, a quel punto la star tedesca accetta una chiamata imprevedibile, direttamente dall’Inghilterra.
È l’estate del 1994, Jürgen ha già 30 anni sulle spalle, in molti pensano che abbia già dato il meglio della sua carriera, ma è qui che sta l’errore. La chiamata del Tottenham si rivela una vera e propria missione vincente e sarà anche un grosso spartiacque per la storia della Premier League. In quelle torride giornate estive un assegno da 2 milioni di sterline viene incassato dal Monaco, il tedesco firma così per gli Spurs. Una grande superstar del calcio che attraversa il canale della Manica per arrivare in una squadra che non naviga di certo nelle parti altissime della classifica. Un fatto di certo non frequente in quel periodo storico. Il suo acquisto fa discutere, una marea di detrattori è pronto a buttare giù dalla torre il veloce attaccante tedesco, addirittura prima ancora che la stagione prendesse avvio, il Guardian pubblica un articolo di Andrew Anthony intitolato “Why I Hate Jurgen Klinsmann”. Il ragazzo di Stoccarda però non si scuote, anzi si inserisce benissimo nel nord di Londra, e non ha paura dei riflettori puntati su White Hart Lane. In breve tempo gli inglesi cominciano a conoscerlo e ad apprezzarlo. Nelle interviste il tedesco si dimostra brillante e simpatico, molto ironico. Dopo tre settimane dal suo articolo invettiva, Andrew Anthony titolerà un nuovo pezzo con: “Why I Love Jurgen Klinsmann”.
Sul campo l’impatto di Klinsmann è devastante, gol all’esordio e sette reti nelle prime sei giornate. Un uragano pronto a stravolgere le gerarchie dell’intero campionato inglese. Le sue marcature portano molti punti alla squadra londinese, tanto che cadono in sequenza sotto le sue cannonate West Ham, Everton, Sheffield Wednesday e Leicester. In Coppa d’Inghilterra è decisivo contro il Liverpool con una rete magnifica allo scadere dei quarti di finale. Alla fine della stagione le reti complessive saranno 30, di cui 20 solamente in campionato. Il Tottenham finisce al settimo posto della classifica nell’annata d’oro del Blackburn Rovers, ma Klinsmann si rivela una delle più grandi stelle del campionato, grazie a una delle migliori prestazioni individuali della storia della Premier League. Alla fine del campionato 1994 -1995 diventa il primo giocatore in assoluto a vincere la Football Writers Association Player of the Year, viene selezionato nella squadra PFA dell’anno insieme a Chris Sutton e Alan Shearer, e conclude al secondo posto nella classifica per il Pallone d’Oro, dietro soltanto a George Weah.
Alla fine della stagione accetta le lusinghe del Bayern Monaco per tornare in patria, ma la sua missione con l’Inghilterra non è ancora terminata. Nel 1996 si gioca il Campionato Europeo proprio in Terra di Albione, la Germania finalmente unita è una delle grandi favorite, insieme ai padroni di casa. Le due nazionali hanno un conto in sospeso per via della finale del 1966, la rivalità storica – non solo calcistica – alimenterà moltissimo l’entusiasmo intorno alla competizione. L’Inghilterra viene trascinata da uno straordinario Shearer fino alla semifinale in cui, per un gioco del destino, incontra proprio la compagine tedesca. Con il numero 18 sulla schiena, Klinsmann si carica sulle spalle la Mannschaft con tre reti, ma è costretto a saltare la sfida di Wembley. La partita tra le due nazionali finisce 1 a 1, con reti di Shearer e Kunst, ma ai calci di rigori vanno avanti i tedeschi. La vendetta è quasi completata. Klinsmann si riprende i galloni da titolare nella finale contro la Repubblica Ceca, che vedrà i tedeschi vincere per 2 a 1 con il golden gol di Bierhoff. Jürgen con la fascia di capitano alza in alto il trofeo di Campione d’Europa, davanti a Sua Maestà Elisabetta II. Missione compiuta…oppure no.
Dopo gli straordinari anni al Bayern Monaco e alla breve parentesi con la maglia della Sampdoria, Klinsmann a 34 anni suonati accetta l’SOS del Tottenham e a gennaio del 1998 torna a White Hart Lane per l’ultima delle sue missioni, salvare gli Spurs. In sei mesi mette a segno 9 reti in 16 partite, tutte decisive per la sorte del club londinese. La Premier League è salva e il tedesco si guadagna una statua di cera da Madame Toussads. Non una cosa da tutti. Questa è anche l’ultima vera maglia indossata da Klinsmann, che alla fine della stagione appende gli scarpini al chiodo (salvo un ritorno fugace in campo nel 2003 negli USA). Il teutonico di Göppingen è stato un elemento fondamentale per il moto calcistico inglese, un pioniere delle superstar che hanno scelto di calcare i campi di Albione, tanto che adesso nessuno si interroga più sul perché si ama Jürgen Klinsmann.