di Ernesto Consolo – tratto da http://www.ilnobilecalcio.it
Per la stagione 1989 -‘90 la neopromossa Udinese non vuole sbagliare. Anzi, in due anni l’obiettivo è la coppa Uefa. Ha chiamato un tecnico nuovo,Bruno Mazzia : la fama di vincente, fa la zona. E sul mercato estero il direttore sportivo Marino Mariottini è letteralmente scatenato. E’ riuscito a visionare una trentina di elementi. Sono per lo più brasiliani, argentini, jugoslavi. Ma ci sono anche tedeschi, due spagnoli del Real Madrid. Forse anche un turco e un polacco. Ogni giorno salta fuori un nome nuovo. Il presidente Giampaolo Pozzo viene continuamente assediato da procuratori e mediatori che gli propongono mezzali, terzini, portieri e centravanti. Tanto che a un tratto sembra si debba fare un censimento e in quei giorni non c’è nemmeno il ministro degl’Interni.
Per sicurezza, il plenipotenziario Mariottini ha formalizzato addirittura l’opzione su dodici calciatori stranieri. Ma ai primi di luglio ancora nessun comunicato ufficiale. E Udine aspetta con impazienza. Si parla di un colpo a sensazione. Un giorno in Friuli sbarca una mezzapunta argentina: si chiama Nèstor Gorosito, ottime referenze. Si presenta alla stampa, è pronto per firmare. Ma all’Udinese non lo conosce nessuno : Gorosito se ne va. Poi s’insedia il tecnico Mazzia e dà le direttive: “Voglio tre stranieri tutti europei. Sono più adatti al nostro campionato”. Subito accontentato e preso alla lettera. La pesca a strascico si conclude finalmente con i tre nomi : quelli dell’argentino Nèstor Sensini, del brasiliano Donizete Oliveira e di un attaccante israeliano, Ronny Rosenthal. L’accordo è stato sottoscritto lunedì 3 luglio dal general manager dello Standard Liegi , Roger Henrotay, dai dirigenti dell’Udinese e dal calciatore. Ronny Rosenthal è il primo israeliano della serie A. Il nuovo allenatore lo vuole a tutti i costi. Arriva domenica 9 luglio 1989 all’aeroporto di Ronchi dei Legionari . Trova alcuni tifosi festanti. Da giorni intanto alla sede della società arrivano telefonate anonime.
Totò De Vitis
Il profeta
Ronny pranza col presidente Pozzo. Poi una passeggiata nel centro di Udine: “Qui si vive intensamente lo sport e il calcio in particolare. E nascono fior di campioni. Mi ha fatto un notevole effetto sentire le urla dei tifosi non appena sono sceso dalla scaletta dell’aereo. Aspetto con ansia di misurarmi con difensori fortissimi ed è un onore giocare nella squadra in cui ha giocato Zico. Considero la mia caratteristica migliore la velocità. Poco importa se con la maglia numero 9 o la 11”. Capelli castani e occhi azzurrissimi. Veste solo Lacoste. Negli ultimi due anni ha segnato quarantacinque gol. E’ il quarto di cinque fratelli e due sorelle. Suo padre è romeno, fa il gioielliere. Ha lasciato Bucarest nel 1951 per trasferirsi in Israele. Sua madre è marocchina. A sette anni Ronny entra nel Maccabi Haifa, la squadra della sua città. Il nome deriva da Giuda Maccabeo, antico leader militare ebreo che si oppose fieramente a Mitridate. A sedici anni Ronny viene convocato in prima squadra. Al debutto, doppietta. “Ho sempre segnato nella partita d’esordio”. Nel 1982 il suo allenatore è l’inglese Jack Mansell. Uno certo ispirato dall’ambiente. Diventa infatti buon profeta: “Ronny Rosenthal è l’anello debole della squadra. E non diventerà mai un calciatore”.
In panchina subentra un certo Shlomo Sharfche trasforma Ronny in un macchina da gol: trentotto in due stagioni bastano per vincere due titoli consecutivi: 1984 e 1985, più una coppa Nazionale. Ad Haifa non era mai successo: “Sono un calciatore d’impatto, che può cambiare un match. Le mie doti sono l’esplosività e il cervello. Meno la tecnica”. Predilige il mancino, è devastante in progressione, forte in acrobazia e nell’area piccola. Un metro e ottantatrè centimetri per settantotto chili.
Ha adempiuto al dovere di ogni cittadino israeliano, tre anni di servizio militare coi carristi: “Non eravamo certo dei privilegiati. C’erano i kibbutz anche per noi. Si cresceva non tanto come calciatori, ma come uomini: allenamenti e training militare . Perché in Israele non esiste il congedo illimitato e difendere i confini è un sacro principio”. Poi la partita della svolta. E lui si gioca il terzo titolo consecutivo: “Una giornata drammatica: perdemmo lo scudetto all’ottantanovesimo. Ma in tribuna c’erano Henk Houwaart e Jacques De Nolf del Bruges. Devo aver giocato bene”.
Al Bruges cerca di adattarsi. E’ un estroverso. Qualche giornalista scrive che Ronny è stato acquistato solo con i filmati in videocassetta: “Non conoscevo quel campionato, ma ho imparato subito la lingua. E ho segnato al Waregem nella prima. Dopo l’allenamento andavo al mercato a mangiare un hamburger. E dopo le partite, una birra al Platse coi tifosi. Devi essere forte nella testa e avere la giusta mentalità. Girare il mondo per migliorare il tuo calcio”.
“Soltanto” diciotto gol in due stagioni tra campionato e coppe. Ma partecipa attivamente a una splendida Coppa Uefa: 5-0 allo Zenit di Leningrado, 4-0 alla Stella Rossa di Belgrado . Poi si perde 3-0 a Dortmund.
Al ritorno sembra impossibile, ma lui e il signor Jan Ceulemans mandano al manicomio la difesa tedesca: 5-0 ai supplementari. Si fermano in semifinale davanti all’Espanyol. Il secondo anno Ronny vince il campionato. Passa allo Standard Liegi, firmando il contratto in bianco e senza nemmeno discutere le cifre. Perché vuole dimostrare qualcosa. Il tecnico è Urbain Braems: “A volte hai la sensazione che Ronny si estranei dall’ambiente, che viva su una nuvoletta rosa. Poi all’improvviso torna sulla terra e diventa un perfezionista. Si sforza di risolvere immediatamente ogni piccolo problema. Dona molta fiducia al prossimo. Il che per un israeliano non è comune”. Segna quattordici gol in ventuno partite. Ne segna sette anche in coppa, dove ci si ferma solo in finale contro l’Anderlecht. Il commissario tecnico della sua Nazionale si chiama Isaac Shneor: “Rosenthal è l’anima della mia nazionale, il leader carismatico. Eli Ohana gioca meglio in casa, Ronny gioca meglio in trasferta. Chiaro no ?”. Con due gol alla Nuova Zelanda ha trascinato la Nazionale allo spareggio per Italia ’90 contro la Colombia. Si terrà in ottobre, quando Ronny avrà già iniziato il campionato più bello del mondo con l’Udinese .
Conosce ebraico, inglese e olandese. Adesso sta imparando la quarta lingua, grazie alla sua fidanzata Nancy, studentessa belga. Diventerà sua moglie e si convertirà all’ebraismo. “Non sono né Gullit, né Maradona e non mi illudo di diventare come loro. Vado a Udine per continuare a fare quello che ho sempre fatto. Lottare, lottare e lottare per me e per i nuovi compagni”. Intascherà ottocentomila dollari per tre stagioni, il doppio di quanto percepiva in Belgio. Allo Standard va un indennizzo di tre miliardi di lire. Con reciproca soddisfazione.
Murales
Sabato 15 luglio Ronny non supera le prime visite mediche. Due vertebre sono troppo ravvicinate: un’anomalia congenita al livello del passaggio L4 L5. Ma che non ha impedito a Ronny di giocare per quindici anni, di cui sette da professionista, senza avvertire dolore. Ronny si concede qualche altro giorno di vacanza in Israele. Conta di rientrare in Friuli martedì 18. Intanto il suo legale Itshak Ben Israel recapita a Udine gli esami radiografici degli ultimi sette anni. Nella notte tra domenica e lunedì in via Cotonificio 94, compaiono scritte sul muro di cinta della sede dell’Udinese: “Rosenthal go home” con accanto un teschio. Venti metri più in là: “Ebrei via dal Friuli”, abbinato a una svastica. Ancora quattro passi per apprezzare: “Rosenthal vai nel forno” . Firmato HTB, che sta per Hooligans Teddy Boys. “Non mi erano mai capitati episodi del genere. Né a Bruges, né a Liegi i tifosi si erano mossi contro di me a causa della mia nazionalità. Non so chi sono. Non so cosa vogliano farmi. Io non ho paura . In Israele sono stato abituato a vivere in una realtà molto più difficile di questa. Nei tre anni con l’esercito mi sono fatto le ossa e ho capito che il nostro popolo sarà sempre perseguitato. Constato con amarezza che, a questo punto, bisogna combattere fino in fondo questo fenomeno per cercare di isolarlo. Questi pazzi girano per tutto il mondo. Non mi fa specie il fatto che si trovino anche a Udine. E mi dispiace che siano coinvolte persone che non c’entrano nulla con questa vicenda”.
L’Associazione nazionale degli ex-deportati politici nei campi nazisti invia al questore di Udine e al presidente Pozzo un telegramma nel quale “nel ricordo dei friulani antifascisti e ebrei assassinati nella risiera di S. Saba e nei lager nazisti, esige un’immediata azione contro gli imbecilli autori delle scritte perseguibili secondo la legge 645 del 20 giugno 1952”. Molti vanno a verificare di persona e non si capacitano. “E’ impossibile”. Proprio a Udine, decorata di medaglia d’oro della Resistenza, che si appresta ad ospitare partite dei mondiali. Friulani da tutto il mondo scrivono sdegnati, rinfrescando il dramma dell’emigrazione. Curiosamente in quei giorni si tiene in città la mostra di Corrado Cagli, un artista ebreo che per primo liberò con le truppe alleate gl’internati di Buckenwald: nei suoi disegni c’è la vergogna del genere umano.
La dirigenza prova a minimizzare: “Non è giusto che questa manciata di reazionari compia un gesto tanto incivile e ricavi anche la soddisfazione di ritrovare la sua impresa sulle pagine dei giornali”. Alla redazione di Udine del “Gazzettino” arriva intanto una lettera con minacce di morte a Pozzo e alla sua famiglia con la svastica e ancora la sigla Hooligans Teddy Boys: c’è anche una bara al posto della “o”. Qualcuno risponde sui muri del vecchio stadio Moretti: “W Rosenthal” e “We want Rosenthal”. Poi un’altra scritta antisemita viene segnalata a Bibione, a una sessantina di chilometri da Udine. Ronny saluta i compagni dello Standard e mercoledì 19 luglio è pronto a partire con l’Udinese per il ritiro in Carnia, a Ravascletto. Una foto per i media insieme a Sensini.
Alle ore 11 del 19 luglio Ronny viene dichiarato abile dal professor Pietro Commessatti, primario della divisione ortopedica dell’ospedale di medicina fisica e riabilitazione Gervasutta . E alle ore 18, l’Udinese presenta ufficialmente alla stampa il suo nuovo straniero nell’albergo “Là di Moret”. Ma il presidente Pozzo interviene spiegando che non è sufficiente: “Aspettiamo un’ultima documentazione dallo Standard Liegi . Nel giro di un giorno o due andrà tutto a posto”. A quel punto quelle parole suonano male. Come quelle del nuovo accordo stipulato tra l’Udinese e il calciatore, in cui si rimanda all’ esplicita approvazione dell’allenatore Mazzia. Al punto 4 , storpiando il nome del calciatore, si dice infatti che “alla fine del ritiro, Mazzia deciderà se Rony è a posto per giocare con il Club “. Intanto nel giardino dell’hotel, Ronny parla già da calciatore dell’Udinese. E ci sono decine di tifosi in piedi ad ascoltarlo. E’ la sua prima conferenza stampa in Italia. E anche l’ultima.
Perché alle ore 20.00, cioè qualche minuto dopo, le due parti si ritrovano insieme e l’una contro l’altra armata. A pochi metri di distanza. E mentre le autorità cittadine sono a cena con il presidente Pozzo, l’avvocato Israel chiama i giornalisti : “Adesso vi racconto come conduce gli affari una società di calcio in Italia”. E’ un’ arringa: “I medici dell’Udinese mi avevano sempre assicurato che non esistevano problemi. Ieri invece hanno cominciato a manifestare dei dubbi , nonostante io avessi portato un’ampia documentazione che dimostrava la perfetta integrità fisica del giocatore. Il venticinque per cento della popolazione ha dalla nascita due vertebre ravvicinate come le ha lui . Improvvisamente Pozzo voleva che lo Standard Liegi desse delle garanzie all’Udinese. Volevano giocare a ping pong con noi. A questo punto ci siamo arrabbiati e abbiamo detto basta. Io tratto da ventiquattro anni affari ben più importanti di questo e non avevo mai visto gente condurre trattative in questo modo. Sappiamo che Mariottini è abituato a tenere in piedi tante trattative contemporaneamente. Lui ha cercato di guadagnare tempo anche con noi, ma non abbiamo accettato la proposta di mandare il giocatore in ritiro per dieci giorni in prova”. Come fosse un pacco postale , facile da rispedire in Belgio con tante scuse. E poi lo Standard ha già speso quattrini per rimpiazzarlo.
“Rosenthal ha chiuso con l’Udinese , ma la vertenza legale comincia adesso perché ci sono regolari contratti firmati. La verità è che questa delle condizioni fisiche è una scusa: l’Udinese non aveva i soldi”.
Rocket
Alle 22 Ronny ha la sciarpa dell’Udinese al collo. Niente ritiro con la squadra. Non vedrà mai i boschi della Carnia. E’ livido, non ci crede: “Basta, me ne torno a Liegi. Ne ho fin sopra i capelli. E’ incredibile. Non si può cambiare idea ogni cinque minuti. Sono nauseato. Mi hanno fatto capire che non si fidano di me. Ma io da sei anni non salto una partita per infortunio. Per dimostrare che non volevo ingannare nessuno , ho perfino proposto alla società di rinunciare al mio ingaggio se durante la stagione fossi stato costretto a fermarmi per un problema alla schiena. Neppure questo è servito e allora io penso che dietro la decisione dell’Udinese ci siano altri motivi. Non credo c’entri la faccenda delle scritte . Il fatto che il mio trasferimento all’Udinese sia andato in fumo non è dipeso certo da questi idioti che nulla hanno a che vedere con il mondo dello sport. E poi chissà, questa potrebbe essere la mia fortuna”.
Pozzo si alza da tavola. Prova a spiegarlo ancora. Forse anche a se stesso: “Possiamo consegnare a tutti le lastre che dimostrano il problema alla schiena. Abbiamo proposto al giocatore di rimanere con noi in ritiro dieci giorni ed era d’accordo. Al termine avremmo preso una decisione definitiva. Allora abbiamo cercato un’altra soluzione, proponendo di tenere comunque il giocatore , ma di pagarlo meno se fossero sorti inconvenienti legati alla sua malformazione alla schiena. Visto che non è stato possibile trovare neppure un’ultima intesa , abbiamo dovuto rinunciare al giocatore. Dovevo cautelarmi. Le firme ? Rosenthal non ha superato le visite mediche: tutto qua. Ci faccia pure causa , ma penso che la perderà”.
La perde Pozzo e viene condannato a versare sessantuno milioni di lire a Ronny.
Piovono le interrogazioni parlamentari. I deputati socialisti Del Bue, De Carli, Breda, Gangi e Colucci chiedono al ministro Franco Carraro di conoscere “le reali motivazioni” . Il responsabile dello sport per il Partito comunista , Nedo Canetti non crede all’inidoneità fisica : “E’ una gherminella, un alibi. Lo sport che dovrebbe affratellare popoli e razze , è invece percorso da rigurgiti razzisti. Con la loro decisione, i dirigenti dell’Udinese hanno avallato una tale aberrazione , obbedendo praticamente a quanti chiedevano di cacciare Rosenthal. Una brutta storia e una figuraccia dell’Udinese”. Interviene un deputato democristiano. Si chiama Gianni Rivera : “Assurdo che si verifichino fatti di questo genere. In un’epoca come la nostra, di grandi aperture internazionali , rasenta la follia pensare di poter classificare e giudicare le persone secondo la razza, la religione o il colore della pelle”. Ciò che commuove è anche il fatto che i parlamentari abbiano sottratto tanto tempo prezioso alla discussione sul governo che nasce proprio in quei giorni: anche perché è il sesto di Giulio Andreotti.
Si apre intanto la discussione anche nella Knesset , il parlamento israeliano. Alle sei meno un quarto di mattina del 20 luglio, Ronny lascia l’albergo . Ma allo Standard comunica che non se la sente di allenarsi . Decide di attendere un segnale da Udine fino a martedì 25. Arrivano solo un freddo comunicato e un invito a sottoporsi a un nuovo collegio di specialisti nominato di comune accordo. Ronny non ne vuole sentire. E salta fuori anche la notizia che da giovanissimo avrebbe rischiato di essere riformato alla visita di leva: “Il capitolo non è chiuso. E anche lo Standard Liegi chiederà i danni . La vera ragione della mia esclusione è la loro trattativa con Balbo”. Col quale l’Udinese aveva sottoscritto un preliminare già il 10 luglio.
Per la controprova sulle condizioni fisiche di Ronny bisogna aspettare poco: il 3 agosto, soltanto una settimana. Un quadrangolare in Romania tra la Dinamo Bucarest, l’Anversa, lo Standard Liegi e una squadra italiana, il Bari. C’è anche papà Rosenthal a vederlo . E lui non gioca bene: più precisamente, vince la coppa come miglior calciatore del torneo. E tanti saluti.
Qualche mese e va in prestito al Liverpool. Per la prima volta in Israele c’è la televisione via cavo. E qualcuno può permettersi anche di vedere la Big League inglese. Quando Ronny arriva, il Liverpool si batte per la vittoria finale con l’Aston Villa , ma è in affanno. Un pareggio interno col Luton, un altro a Norwich . Ronny si presenta segnando tre gol in tre partite con la squadra riserve. Convince così Kenny Dalglish ad accantonare Beardsley. Ronny gioca solo venti minuti ad Anfield contro il Southampton: la squadra è sotto 1-2. Lui conquista un corner e il Liverpool pareggia. Poi i reds la ribaltano : 3-2. “Entrare in quello spogliatoio è stato fantastico”.
L’11 aprile 1990 al Selhurst Park, Ronny esordisce dal primo minuto: Charlton – Liverpool. “Solo un’ora prima Kenny mi disse che avrei giocato. Una doccia fredda. Ero quasi uno sconosciuto in Inghilterra e venivo da un campionato molto più piccolo. Avevo una motivazione folle”. Passati dieci minuti, c’è una spizzata di Barnes e lui fa fuori il primo in velocità. Ne punta un altro, lo salta netto. E incrocia nell’angolo col destro. Nella ripresa raddoppia col sinistro sotto l’incrocio. Chiude la tripletta di testa, dopo triangolo largo con Barnes: Charlton – Liverpool 0-4. “The perfect hat-trick al debutto ha cambiato la mia carriera. Ho sentito vicino una parte della squadra. Anche perché fino a quel momento c’era stata una certa distanza. Kenny mi disse che potevo usare il telefono del pullman. Non solo: voleva che chiamassi tutti quelli che volevano sapere dei miei gol. Sono un tipo calmo, non molto emotivo. Ma quella notte non ho dormito ”. Aveva la maglia numero 9 quel giorno, quella di Ian Rush.
Rosenthal chiuse la carriera nel Watford
Non si ferma più: rifila una doppietta al Coventry in un memorabile 6-1. Chiude a sette gol in otto partite.
La Kop intona il suo nome. Con Rocket Ronny, il Liverpool stacca l’Aston Villa di nove punti ed è campione d’Inghilterra. Non accadrà più. Per Dalglish “senza di lui, non avremmo vinto il campionato”.
Lì, in Inghilterra, Ronny si sente a casa. Ci vive anche adesso. Per la cronaca, quell’anno l’Udinese retrocede in serie B.
Ernesto Consolo – Ilnobilecalcio.it