Il mediano di Mayfield, scartato dalla maggior parte dei club in età adolescenziale perché “troppo leggero fisicamente”, fu infatti notato da un osservatore dei foresters mentre combatteva in mezzo ai campi fangosi di periferia per i Cobh Ramblers. Finito il match il contratto era già pronto: Little Roy si trasferì a Nottingham a soli 19 anni, per l’irrisoria cifra di £47,000. Il suo fu un approdo in sordina, nell’indifferenza generale: nessuno, in una barca che stava affondando, poteva curarsi di un piccolo bruto giunto in Terra d’Albione. Nessuno, eccetto Brian Clough.
Ben presto Keane iniziò a dar sfoggio delle doti temperamentali e della sua energia inesauribile. Il salto tra i grandi fu praticamente immediato; diventare un giocatore chiave dell’undici di Clough una formalità.
Il leggendario manager, condottiero di irripetibili successi in patria ed in campo internazionale, mostrò sin da subito una grande considerazione per quell’irlandese scapestrato, gettandolo nella mischia per la prima volta ad Anfield contro il Liverpool. Per la serie: “Ragazzino fai tanto il duro, allora vediamo di che pasta sei fatto”… Con il coltello tra i denti Keane rispose egregiamente sul campo, come del resto si abituerà a fare nel corso della sua gloriosa carriera.
Sul rapporto tra Keane e Sir Alex sono stati scritti fiumi di parole. Due anime gemelle all’ombra di Old Trafford, prima che il tempo e i temperamenti forti logorassero una partnership dannatamente vincente. Poco invece è stato detto sulla convivenza tra Roy e Clough. Ed allora abbiamo deciso di provarci noi, riportando qualche episodio di un triennio di fuoco, visto dalla prospettiva dei diretti interessati.
Amore calcistico, ira e rispetto. Non manca niente. Keane stesso racconta di quanto poco abbia impiegato a capire di che pasta fosse fatto il coach, e di quanto fosse importante non farlo sbroccare. Un’intuizione fulminea come il gancio di un pugile, o come quello rifilatogli da Clough al termine di una gara di FA CUP persa per un errore tecnico dell’irlandese.
“Quando entrai nello spogliatoio alla fine della gara, Clough mi colpì con un pugno dritto in faccia”. <<Non passare la palla indietro al portiere!>>, urlò non appena caddi a terra, mentre stava in piedi sopra di me. Ero dolorante e impaurito, troppo scioccato per fare qualsiasi cosa, se non un cenno di assenso col capo. Fu lì che capii che la mia luna di miele con Clough e con una romantica visione del calcio era finita”.
Avete mai visto Keane sbagliare un retropassaggio da quel giorno in poi? Nonostante questo episodio, il rispetto tra i due non venne meno, e neanche l’ammirazione calcistica che il tecnico provava nei confronti del suo mastino. Secondo quanto riporta Nick Miller, penna di FourFourTwo, dopo le sconfitte dei foresters, Keane era l’unico componente ad essere risparmiato dal celebre lancio degli asciugacapelli made in Brian Clough.
“Al termine di una partita persa il coach camminava avanti e indietro per la stanza, offrendo un insulto differente a ogni singolo giocatore. Urlò al povero Mark Crossley di comprarsi una casa in quel di Nottingham o di andare a farsi fottere e firmare per il Barnsley”. Quando invece raggiunse Keane, disse lui: <<“Ti adoro, Irishman”>>.
Scot Gemmill, altro membro di quello sgangherato Forest, qualche tempo fa ha raccontato un ulteriore episodio a testimonianza del genio calcistico che Clough vedeva in Roy Keane: “ Alla fine della partita, normalmente Clough si metteva in ginocchio, offrendosi di slegare i lacci degli scarpini di Keane, da quanto lo idolatrava”.
I due si stavano incamminando su sentieri diversi. Keane di lì a poco sarebbe diventato uno dei calciatori più dominanti nel panorama europeo, mentre Clough giungeva all’epilogo di un triste declino, inerme ed impotente nell’impedire la discesa della sua creatura nella serie cadetta. Alla fine della stagione 92/93, primo anno dell’odierna “Premier League”, il Nottingham Forest retrocesse in Championship. Clough decise di lasciare la panchina sulla quale aveva fatto la storia e ritirarsi dal mondo del calcio. Era giusto così: andare altrove sarebbe equivalso a scarabocchiare un affresco di Michelangelo, o imbrattare la Venere di Botticelli. Roy, invece, fece le valigie per Manchester… il posto giusto per scrivere una storia diversa, ma altrettanto vincente.