“…Hush, hush… I thought I heard you’re calling my name now
Hush, hush…you broke my heart but that was a dream now…”
(“Hush” – Kula Shaker)
“Silenzio”, canta la band inglese nella loro hit del 1996. Silenzio: quello che Ravanelli deve aver chiesto dopo aver appreso che la sua squadra, la Vecchia Signora del calcio italiano, aveva intenzione di cederlo. L’uomo del testo pensa alla sua ragazza che l’ha mollato: la migliore che abbia mai avuto, ma che ora lo sta facendo sentire più triste che mai. Respira, butta giù aria, espira e la lascia fuoriuscire: time-out. Il sogno si interrompe. E bisogna ricominciare daccapo e crearne uno nuovo. E dopo quei momenti di smarrimento, da combattente qual è, proprio come nella ritmatissima canzone, Fabrizio riprende in mano la sua vita e la sua carriera e fa una scelta che lo consegnerà agli annali del calcio inglese: firma per il Middlesbrough F.C.
Gli inizi
Fabrizio Ravanelli nasce nel 1968 a Perugia: e proprio con la maglia della sua città, dove cresce, inizia a giocare a pallone. Un colosso alto 190cm, col fiuto del gol, ma pronto ad indietreggiare e a recuperare palloni. Il suo ruolo ideale è quello di seconda punta: corre, crea, partecipa al gioco e la butta dentro. E segna. Tanto: 41 gol in tre anni, tra le allora Serie C2 e C1. Ma lui tifa Juventus fin da bambino e ha un solo sogno: indossare quella maglia. Ci arriva nel 1992 e ci rimane fino all’estate del 1996: è stato il giocatore giusto al momento giusto, incastrandosi perfettamente negli schemi di Trapattoni prima, ma soprattutto di Lippi poi. Con Gianluca Vialli, Roberto Baggio e un giovane Alex Del Piero (a farsi largo dalle giovanili) forma un attacco da far paura! In quegli anni, i bianconeri, raggiungono alti livelli in Italia e in Europa, contendendosi trofei anche con un’altra squadra nostrana, il Parma: sono tra i migliori anni del calcio italico. Segna 68 reti in quattro stagioni e finisce anche nella classifica del Pallone d’Oro. E la sua avventura, con la squadra tanto amata, culmina nella vittoria del trofeo più prestigioso: la Coppa dei Campioni, contro il temibile Ajax del tempo (dei fratelli De Boer e di Jari Litmanen), sotto il cielo stellato di Roma. Ma la sua stella, il giorno dopo, perde quota… Inspiegabilmente, tempo dopo quella vittoria, gli Agnelli decidono di cederlo. È un duro colpo: ma non è la fine; perché a modo suo, troverà il modo di continuare a fare quello che sa meglio fare: cioè rincorrere e calciare un pallone.
La scelta del “Boro”
Il club che ha scelto ha, come molte squadre britanniche, una propensione a promuovere e coltivare i talenti delle giovanili: ma il suo proprietario, Steve Gibson, non disdegna acquisti importanti, magari nomi “di grido”. E quelli erano gli anni in cui, la perfida Albione, pescava parecchio nel bel Paese. Da quelle parti, sulle rive del fiume Tees, tra fabbriche e case a schiera tutte uguali, non sono abituati a vincere: hanno sempre navigato nelle serie minori; ma hanno una grossa fame di riscossa, sia calcistica che sociale. In barba anche ai rivali vicini, più famosi: come le “gazze” di Newcastle, i “gatti neri” del Sunderland o i “bianchi furiosi” del Leeds. I “leoni rossi” vogliono dare filo da torcere a tutti. Sulla panchina siede Bryan Robson, ex-Manchester United: e proprio lui, Ravanelli, Emerson e Juninho Paulista, saranno i simboli di quella squadra che tutti abbiamo seguito in quell’annata da cardiopalma.
Quando arriva, nell’estate del 1996, Gibson ha appena sborsato una cifra enorme: 18 miliardi di vecchie Lire. Quando arriva non gli servono gli occhiali da sole che spesso porta: e il tipico cielo british sarà un po’ come l’esperienza che sta per fare… bello, per carità: ti ci abitui anche. Io lo adoro! Ma parliamoci chiaro: forse avrebbe preferito una cosa tipo il tramonto sulla Riviera ligure o quello su Ponte Milvio (che arriverà a guardare due anni dopo)… Parliamoci chiaro: se non fosse stato per il calcio, chi accidenti conoscerebbe Middlesbrough?? Cittadina inglese, per niente affatto ridente, dispersa in mezzo al nulla del centro nord? Però, a ben pensarci, una cosa bella c’è: l’alba sul Mare del Nord. La sottoscritta se l’è gustata passando in pullman. E hai detto poco…!?! E anche Fabrizio, come chi sta scrivendo, riesce a trovare dei lati positivi in tutto questo: infatti si ambienta subito, si cala nella realtà locale e si trova anche bene.
Un’annata intensa…
Si presenta ai tifosi del nuovissimo “Riverside Stadium” (la cui costruzione fu completata nel 1995 – l’anno prima) in modo sontuoso. Il suo inizio è esplosivo: tripletta al Liverpool di Robbie Fowler alla prima di campionato! Finisce 3-3 ma, ladies and gentlemen: Penna bianca è arrivato in England… anzi, no: “Silver Fox”, come verrà poi ribattezzato; perché “volpe d’argento” rende meglio l’idea della caratura da bomber di razza di cui stiamo parlando… e ovviamente: welcome. Iniziano così anche oltremanica le sue esultanze: fatte da “voli immaginari” a braccia aperte e con la maglietta a coprirsi il capo. I tifosi se ne innamorano all’istante. E il “The Sun” lo elegge esordio migliore di sempre. L’intesa coi compagni è evidente! Torna al gol all’inizio di settembre contro il West Ham. E poi, successivamente, di nuovo, col Coventry. Poi ne rifila quattro all’Hereford, in League Cup, a metà mese. Segna con costanza e spesso. E di nuovo hat-trick sarà anche contro il Derby County, in campionato, a marzo: dove inscenerà un balletto curioso, a bordo campo, davanti ai suoi supporters, dopo aver imbracciato un microfono.
Da solo colleziona 33 presenze e segna 16 gol in campionato; 48 presenze e 31 gol totali. Raggiungono le finali di Coppa di Lega ed F.A.Cup: perse purtroppo entrambe, rispettivamente contro Leicester e il Chelsea del vecchio compagno in bianconero Vialli. Ma se la squadra è prolifica in attacco, non è altrettanto abile dietro: la difesa non ferma a dovere i colpi dei nemici e la fragilità del reparto arretrato è evidente; nonostante l’arrivo di un altro italiano, Gianluca Festa, a cercare di dare man forte, nel mercato riparatorio invernale. Saranno infatti ben 60 i gol al passivo, a fine stagione. Un’annata calcistica che è stata una vera altalena di emozioni. Ad un passo dal sogno: con due finali di coppe nazionali agguantate… la lenta discesa nelle parti basse della classifica… in mezzo: i tanti infortuni… Gli stessi infortuni che faranno avere ai leoni in maglia rossa, per non essere scesi in campo a Blackburn, 3 punti di penalizzazione dalla Federazione: rivelatisi poi fatali ai fini della classifica. Il Middlesbrough scende così di nuovo di categoria.
La retrocessione fa decidere all’italiano e al brasiliano Paulista di lasciare il club: in cerca di maggiore visibilità, essendo ormai prossimi i Mondiali di Francia ‘98. Fabrizio approda all’Olympique di Marsiglia, dove segnerà ancora ma non legherà mai del tutto coi tifosi e nemmeno con la società. Passerà poi alla Lazio, dando comunque il suo contributo ad una squadra già forte. Tornerà poi oltremanica, tra l’estate del 2001 e il gennaio del 2004: veste dapprima la casacca del Derby County, con cui colleziona 53 presenze e segna 16 gol, in due stagioni di permanenza; poi quella del Dundee F.C., per soli sei mesi però, entrando in campo 6 volte e segnando 3 gol. Dopodiché torna nella sua Perugia a chiudere, nell’estate del 2005, 19 anni di onorata e bellissima carriera come calciatore.
Ricordi col senno di poi…
Fabrizio ha amato tutto di quel suo anno al Boro: sentiva che avrebbe fatto bene e conserva la squadra e la gente nel cuore (sua dichiarazione del 2018 al sito “Planet Football”). E forse non se n’è reso conto: ma lui e i suoi compagni, avevano solo gettato le basi di una squadra che lotterà, con unghie e convinzione, per tornare dov’era arrivata e provare a realizzare quei sogni che erano loro sfuggiti di mano… Succederà qualche anno più tardi e, quasi per uno scherzo del destino, ci sarà un altro italiano in squadra: “Big Mac” Maccarone; ma quella è un’altra storia… e dalle parti del Teeside, nonostante tutti i giocatori che sono passati e i vari eventi calcistici che si sono succeduti, Silver Fox e Juninho Paulista: non se li dimenticheranno mai…!
[…] In conclusione, Ravanelli Da Giovane ha lasciato un segno importante nel calcio italiano grazie alle sue doti tecniche, al suo senso del gol e alla sua dedizione in campo. Il suo stile di gioco aggressivo e la sua abilità nel segnare gol hanno fatto di lui un attaccante temuto dagli avversari. La sua carriera di successo testimonia il suo grande talento e la sua ambizione nel raggiungere l’eccellenza nel mondo del calcio italiano. [17][18][19][20] […]