<<He has actually Gascoigne got the yellow card. Oh dear… He’ s gonna be out of the final if England get there…>>
Dice in tono triste e quasi rassegnato il commentatore della tv inglese. Entri su Berthold, il crucco scapriola per terra, tu ti alzi, alzi le mani, ma l’arbitro brasiliano Wright è irremovibile: cartellino giallo. Il 2° della competizione. Resti in campo, Paul: ma la prossima la salti… e la prossima è l’ultima. E potrebbe essere la finale…
È il 1990. I Mondiali di calcio si giocano in Italia.
Ti ricordi com’era iniziato tutto? L’11 giugno a Cagliari. Il sorteggio della fase a gironi aveva infatti relegato la nazionale inglese sull’isola sarda. Le ferite dell’Heysel e di Hillsborough erano ancora fresche e le squadre di club della “perfida Albione” erano state squalificate dalle coppe europee: gli hooligans facevano paura. Quindi non è una casualità questo confinamento. Peraltro girava anche voce che il governo della Tatcher chiudesse volutamente gli occhi sui disordini in cui a rimetterci fossero stati i suoi compatrioti: le forze di polizia italiane e i tifosi avversari avevano quindi un tacito via libera… nessuno avrebbe alzato la voce più di tanto dall’altra parte de La Manica…
“…And the battle’s just begun. There’s many lost, but tell me who has won. The trench is dug within our hearts and mothers, children, brothers, sisters torn apart. Sunday, Bloody Sunday…”
Cantano gli U2. Sorteggio vuole infatti che la prima partita fosse Inghilterra-Eire, con gli irlandesi qualificatisi per la prima volta nella storia ad un mondiale e intenzionatissimi a fare bella figura. Gli outsider perfetti: finiti per scherzo del destino proprio in quel girone. E non è solo una partita: come è con l’Argentina, qui c’è in ballo molto di più. C’è una guerra dietro: ci sono i massacri seguiti alle bombe di Derry, lanciate il 30 gennaio 1972 dal reggimento paracadutisti britannico sulla folla della cittadina ad ovest di Belfast. Ci sono anni di lotte tra l’IRA e l’esercito di Sua Maestà. Una brutta storia, sanguinosa, che tutti, purtroppo, conosciamo… e che agli inizi degli anni ‘90 non si è ancora risolta. La tensione nell’aria è molto alta. Il match finisce 1-1.
I dubliners però arriveranno ai quarti: eliminati di misura dalla corazzata azzurra italiana. I Three Lions fanno un brutto 0-0 nella successiva contro l’Olanda e si giocano il passaggio di turno contro i faraoni egiziani all’ultima: 1-0 di misura. Same old story: buone qualificazioni e poi è come se si spegnesse qualcosa…
Per gli ottavi di finale si spostano a Bologna e l’avversario è il Belgio: di nuovo uno 0-0; si va ai supplementari e la salva David Platt, al 119°, quando riceve un assist da Gascoigne e la piazza sul secondo palo. Ai quarti scendono a Napoli e si trovano davanti nientemeno che i leoni indomabili africani del Camerun: vera rivelazione di questo mondiale! Roger Milla è una mina vagante: degno rappresentante del suo Paese; un lottatore nato. Gli inglesi vanno in vantaggio ancora con Platt, ma poi finiscono addirittura sotto di due gol; ci pensa il solito Lineker a riportare le sorti in parità, sul finire del secondo tempo: e nei primi minuti dei tempi supplementari segna anche il gol che garantisce il passaggio all’agognata semifinale. L’esperienza vince sull’entusiasmo, ma con molta fatica.
“…ma non aver paura di tirare un calcio di rigore: non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore…”
Canta l’italiano De Gregori in una bellissima canzone. La semifinale tra Germania Ovest e Inghilterra finisce pari 1-1. Al gol di Brehme replica Lineker. I tedeschi sono impostati e solidi, ma efficaci. L’Inghilterra ha l’estro di Gazza, una solida difesa che diventa da 4 a 3 all’occorrenza e il talento di Gary davanti. Le due squadre si equivalgono e in un certo senso si completano… I supplementari stavolta non bastano e si va ai calci di rigore. Segna di nuovo Lineker, che rompe il ghiaccio tirando il primo. Segna Peter Beardsley. Segna David Platt, che farà carriera in Italia. Brheme, Matthaus e Riedle (altri noti agli italiani di Inter e Lazio) replicano. Poi tocca a Pearce… caro Stuart: non è questo rigore a determinare la tua carriera. Lo saprà bene anche Southgate, qualche anno dopo. Però pesa: da matti. Quando Illgner para il tuo tiro, potente ma centrale, è come se quel pallone colpisse in pieno il tuo cuore. Poi arriva Thon e segna: Shilton aveva intuito tutti i tiri, ma, per un soffio, non ne ha parato uno. La palla alta di Waddle fa calare il sipario sulla partita, sui sogni e sulle speranze dei soldati della Regina Elisabetta.
“…My riches can’t buy everything. I want to hear the children sing. All I hear is the sound of rain falling on the ground. I sit and watch as tears go by…”
Cantano i Rolling Stones. Guardi le lacrime scendere e scivolare via, Paul, in questa serata torinese in cui vedi il sogno della Coppa del Mondo sgretolarsi davanti ai tuoi occhi… prima il cartellino giallo e poi la lotteria dei rigori… Un sogno, quello della Nazionale, coltivato e inseguito fin da bambino. E quella coppa era lì ad un passo… fino a pochi minuti fa. Piangi e sei inconsolabile. Sai di aver fatto il possibile, ma temi di non aver fatto abbastanza. Ma non sentirti in colpa Paul: i trofei non contano nulla, quando riesci a conquistare il cuore della gente e dei tuoi colleghi. E proprio in Italia ne lascerai un pezzetto: a Roma, sponda biancoceleste del Tevere, dove ti accoglieranno come un figlio, un fratello e ti ameranno per sempre. E anche in patria: dovunque hai giocato e giocherai. Non piangere Paul: purtroppo i momenti davvero duri saranno altri e devono ancora arrivare… ma saranno tutti dalla tua parte e ti rialzerai sempre, ogni fottuta volta.
Si va a Bari, alla “finalina” con l’Italia padrona di casa, uscita anch’essa ai rigori contro l’odiata Argentina. Sudamericani che vanno in finale, ma impattano contro i coriacei tedeschi e perdono: niente mano de Dios stavolta (che c’era stata – ma per respingere fuori dalla propria porta un gol fatto dall’Unione Sovietica), niente sviste arbitrali a loro favore e finisce con i crucchi che saltano di gioia e Diego e i suoi in lacrime. Vicini, Schillaci, Zenga & co., invece, si giocano il 3° e 4° posto proprio contro gli uomini di Robson. Il morale è a terra per entrambe: finisce in un abbraccio collettivo, fra mezzi sorrisi, come un terzo posto in un certo senso unico (e immeritato) per entrambe, ma sul 2-1 per gli Azzurri.
Questa Inghilterra può recriminare molto: a parte il giallo a Gascoigne, che Berthold confessa solo ora essere stato ingiusto (perché non fu realmente colpito), è mancata quella precisione necessaria sotto porta avversaria; quel pizzico di aggressività e spavalderia in più, anche, non avrebbero guastato (punti forti della seleccion 2° classificata). Quella nazionale avrebbe, infatti, con l’esperienza dei “vecchi”, la fantasia e il genio di Gazza e la bravura di Lineker, potuto aspirare a di più. Sono arrivate le 4 migliori, in semifinale. Poi, come disse proprio bomber Gary, dopo il match contro i tedeschi campioni: <<Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 o 120 minuti e alla fine la Germania vince.>>