PRIMA UN GIRO DI GIOSTRA ALL’INFERNO
Il Leicester City ha ribaltato i nostri dogmi: cappuccetto rosso è stata divorata dal lupo (o dalle volpi, perché no), Mark Lenders ha battuto Oliver Hutton, Harry è diventato Re d’Inghilterra. No, non ci siamo ancora: l’impresa del Leicester vale semplicemente di più. Ma per diventare davvero epica, una vicenda eroica deve germogliare dal fango e dall’infamia. Partiamo da qui: partiamo dall’inferno. Il 12 maggio del 2013 si gioca la semifinale di ritorno dei playoff di Championship tra il Watford e le Foxes. Il punteggio è fissato sul 2 a 1 quando il direttore di gara fischia un penalty per il Leicester. Sul dischetto si presenta Anthony Knockaert: se segna, la squadra va dritta in finale, a Wembley, per giocarsi l’accesso alla Premier League. Solo che non segna. Manuel Almunia, un passato tra i prestigiosi pali dell’Arsenal, respinge con i piedi la botta centrale. Sarebbero comunque calci di rigore, ma sul ribaltamento di fronte Deeney spinge dentro il 3 a 1 che infila una pastiglia amara come il cianuro in fondo alla gola delle volpi d’Inghilterra. Il Vicarage Road è una bolgia infernale. Atterriti, ciondolano per il campo giocatori come Kasper Schemeichel, Jamie Vardy e Daniel Drinkwater. La Premier League è maledettamente lontana: il sogno di salire su sfuma.
QUESTIONE DI TEMPO
Passa quasi un anno esatto e il Leicester si prende la sua rivincita. Nell’aprile del 2014 le Foxes battono a domicilio lo Sheffield Wednesday e conquistano l’aritmetico primo posto in classifica: è promozione in Premier League, dopo un digiuno lungo un decennio. L’autore di questo prodigio è Nigel Pearson, l’uomo venuto da Nottingham. L’inizio in Premier è promettente: tutti hanno ancora negli occhi lo scintillante 5-3 rifilato ai Red Devils nelle prime giornate: quel giorno un certo Jamie Vardy segnerà il suo primo goal in premier. Solo che dopo quella vittoria le Foxes inciampano in un’allucinante sequela di sconfitte: nei 13 match successivi eccone ben 11, condite da 2 pareggi. Vuol dire salvezza lontana 7 punti. Soltanto un’altrettanto incredibile serie di vittorie di fila (7 nelle ultime 9) consente di mantenere la categoria. A Pearson non basta per savare la pelle: il club lo silura ed il 13 luglio 2015 ufficializza Claudio Ranieri.
L’INIZIO DI UNA NUOVA ERA
Ranieri ha un compito soltanto: condurre la squadra ad una salvezza tranquilla. Cos’altro si potrebbe chiedere, del resto, ad una compagine che solo qualche mese prima ha barcollato ad un passo dal baratro? Nulla, ovviamente: qualsiasi cosa in più sarebbe semplicemente inimmaginabile. Claudio può contare su 5 nuovi calciatori: i dimenticabili Inler (un buon rincalzo e nulla più) e Benalouane (rispedito al mittente a gennaio) non incidono. Gli altri tre sono il terzino austriaco Christian Fuchs (prelevato a zero dallo Shalke 04), l’attaccante giapponese Shinji Okazaki (preso dal Mainz per 7 milioni di sterline) e N’Golo Kanté, centrocampista francese (preso dal Caen per 5,5 milioni di sterline). Grazie a loro ed alla contestuale esplosione del working class hero Jamie Vardy e di Ryad Mahrez, la storia in serbo per le Foxes verrà strappata e riscritta. Di eroi, a dire il vero, in quella squadra ce ne sono tanti altri: Wes Morgan, Albrighton, Schmeichel, Drinkwater su tutti.
BENE MA NON BENISSIMO, POI LA SVOLTA
Il Leicester di Ranieri parte con un ruolino di marcia confortante: 3 vittorie e 3 pareggi. Per una squadra senza ambizioni, ci sta. Così, quando l’Arsenal asfalta le volpi al King Power Stadium (2-5 per i Gunners) nessuno si sente di fare drammi. Sembrerebbe l’incipit di una stagione all’insegna della mediocrità, ma nessuno ancora può saperlo che quella sconfitta sarà la svolta. Da lì in poi il Leicester infila 8 vittorie e 2 pareggi nelle successive dieci gare. Improvvisamente, quelli che fino ad una manciata di settimane prima erano giocatori normali, si trasformano in fenomeni atterrati da una galassia lontana per conquistare ogni cosa. Vardy è semplicemente inarrestabile. Mahrez ricama magie. Kantè divora gli avversari. Alla diciassettesima giornata, dopo la vittoria esterna al Goodison Park (2-3), il Leicester si sorprende primo in classifica. Le rivali provano a mantenersi in scia, ma Claudio, destinato a diventare Sir, le affonda già a dicembre: vittoria contro Liverpool (2-0) e City (3-1) e vetta consolidata. Da febbraio in poi una storia che sembrava essere semplicemente uno scherzo, una casualità del destino, comincia a infilarsi nelle teste del club e dei tifosi. Perché quando ti ritrovi nel bel mezzo di un sogno impossibile e sta succedendo davvero ti viene quasi da scrutarti allo specchio, allargare un sorriso e spolverare una spalla: “sono un tale scemo/a! No, non era poi così impossibile!“.
UNA STORIA DA TRAMANDARE PER GENERAZIONI
Da lì in poi è una cavalcata trionfale verso il titolo, conquistato a Old Trafford, con un pareggio che fa esplodere decine di migliaia di tifosi nel mondo. Perché il Leicester che vince la Premier League non è soltanto una squadra di calcio che compie un’impresa sportiva. No: è la metafora di qualcosa di più grande, che accomuna tutti quanti. Un’idea da accarezzare, destinata a rimanere tale per molti, certo. Ma è il messaggio che conta: you only live once. Quindi almeno provaci. Provaci sempre. Le Foxes incarnano l’archetipo della normalità che assurge a straordinario: gente come Vardy, che fino a pochi anni prima smontava dai turni in fabbrica prima di calciare un pallone e che ora solleva il titolo, ci insegna che nulla è impossibile. Alla fine il Leicester vince la Premier con 81 punti: dieci lunghezze di vantaggio sull’Arsenal, undici su quel Tottenham che ha provato per un pezzo a resistergli. Ma non si ferma il vento con le dita.
LE COORDINATE DI UN MIRACOLO
Le vittorie saranno 23, affiancate da 12 pareggi e soltanto 3 sconfitte. Le Foxes segnano 68 goal e ne subiscono 36. Jamie Vardy si piazza al secondo posto nella classifica marcatori, con 24 reti (meglio di lui solo Harry Kane, con 25). A fine stagione Riyad Mahrez vince il premio come miglior giocatore del campionato inglese.