Le premesse erano decisamente disastrose per Klopp, ad un passo dall’ennesima caduta sul più bello. Sulla panchina dei Reds ha già perso tre finali (una di Coppa di Lega, una di Europa League e una di Champions League) e in campionato l’astronomica quota di 97 punti potrebbe non bastare per avere la meglio sul Manchester City. Delusioni il più delle volte beffarde, come la sconfitta nella semifinale di andata contro il Barcellona. Il Liverpool si presenta al Camp Nou con il coraggio di chi non si sente inferiore, rendendo la vita tremendamente difficile ai catalani. La squadra di Valverde è però più cinica, bucando Alisson tre volte e fallendo clamorosamente il 4-0 con Dembelè nel finale. Un errore che alla fine costerà caro.
Nonostante il 3-0 da recuperare, Klopp non demorde. Crede nell’impresa da parte dei suoi ragazzi, ben sapendo della superiorità numerica che li favorirà nell’arco della gara. Perché Anfield non è solo uno stadio, ma un dodicesimo uomo che in campo corre e lotta insieme ai suoi beniamini. Una convinzione che viene ulteriormente messa alla prova da due assenze importanti nei Reds, ovvero quelle di Salah e Firmino. Klopp non fa una piega, schierando dal primo minuto Shaqiri e soprattutto Origi. Che storia clamorosa quella del belga: da sicuro partente in estate a uomo risolutore nelle sfide decisive dei Reds.
Fin dai primi minuti della partita, si capisce quale sarà il modus operandi del Liverpool: attaccare a spron battuto accettando qualche pericolo a livello difensivo. Un rischio calcolato, visto che a dirigere la retroguardia troneggia Van Dijk e a proteggere la porta figura Alisson (decisivo con diverse parate nel corso della sfida). Il match si tinge subito di rosso: Mané premia l’inserimento di Henderson, conclusione del capitano rosso respinta corta da Ter Stegen, tapin di Origi e 1-0. Una rete che scatena la reazione dei blaugrana, con il Liverpool comunque sempre pronto a pungere in avanti. Il primo tempo regala altre occasioni da una parte e dall’altra, tutte neutralizzate dai due portieri.
L’ultima chance per il Liverpool porta la firma di Robertson, out per infortunio a fine primo tempo. Un altro schiaffo alle speranze dei Reds, al quale Klopp pone rimedio come meglio non potrebbe inserendo Wijnaldum. L’olandese ex Newcastle recita la parte del leone ad inizio ripresa. In 123 secondi, con una zampata in area su assist di Alexander-Arnold e con un imperioso colpo di testa su cross di Shaqiri, porta il match sul 3-0. Anfield impazzisce, il sogno sta diventando realtà.
Serve il punto esclamativo su questa straordinaria impresa. Un sigillo che certifichi la maggiore determinazione dei Reds rispetto al Barcellona nel volere a tutti i costi la finale. Un surplus di concentrazione (e furbizia) anche nei minimi dettagli della gara. Esattamente ciò che accade in occasione del 4-0: Alexander-Arnold prima finge di disinteressarsi di un calcio d’angolo e poi lo batte velocemente, Origi è solo in mezzo ai distratti difesi catalani e, a due passi dalla porta, spedisce il pallone alle spalle di Ter Stegen. Proprio Origi: l’esubero già con la testa al Wolfsburg che diventa il più micidiale deus ex machina possibile.
I minuti finali sono agonici, ma alla fine Klopp e i suoi ragazzi possono urlare al cielo la loro gioia. Una festa da vivere insieme al popolo di Anfield, come dimostrano le immagini dopo il novantesimo con tutta la squadra sotto la Kop. Un’impresa inimmaginabile per tutti ma non per il Liverpool, da sempre abituato ad exploit di tale portata epica. Una pagina indelebile nella storia del calcio che, ad un anno di distanza, fa ancora emozionare.
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