La risposta è quanto mai ovvia, se si scorre la rosa dei felsinei. Hill – Wood vuole il pezzo pregiato. L’eroe nazionale. Già accarezza l’idea di vederlo disegnare impossibili traiettorie calcistiche in quella cattedrale che è Highbury. In poche parole, Hill – Wood vuole che Roberto Baggio si trasferisca all’Arsenal.
Nella stagione precedente l’ormai ex Divin Codino – sì, ha deciso di reciderlo proprio a Bologna – ha fatto scintille. Essendo consapevole che si sta giocando una maglia per Francia ’98, decide di trasferirsi in rossoblu per giocarsi le sue carte da titolare. Inviso a mister Renzo Ulivieri – Baggio lo attaccherà duramente nella sua biografia, accusandolo di essere invidioso della sua fama e delle sue qualità – Roby riesce comunque a cesellare una stagione atomica: 22 gol, un record per lui, ed un’infinità di assist.
Abbastanza per catalizzare su di sé i fari alogeni del glorioso club londinese. L’offerta sarebbe anche di quelle prepotenti: contratto triennale per 6 milioni di sterline a stagione. Baggio vacilla solo leggermente, ma in cuor suo sa che non vuole abbandonare la Serie A. Gazzoni lo dice chiaro a Hill – Wood: “Guarda che al 99,9 per cento ci lascia, ma per andare all’Inter“. E così vanno le cose.
Resta, in mezzo a tutto questo, il rimpianto di non aver potuto saggiare le abbacinanti doti di un campione fuori dallo spazio e dal tempo anche in Premier League. Certo, in quegli anni il campionato italiano custodiva ancora intatto il primo posto sul podio: i campioni sceglievano di giocare in Italia. La vera sfida si consumava sui campi del Belpaese.
In quella stagione l’Arsenal di Wenger – già orfano di Ian Wright – proverà a consolarsi ingaggiando un certo Freddie Ljungberg, insieme al non indimenticabile Nelson Vivas. L’annata sarà amara: il double di un anno prima verrà eroso e frantumato dalla prepotente ascesa del Manchester Utd, che vincerà il titolo all’ultima giornata, con un solo punto di vantaggio sui biancorossi. In Champions le cose andranno addirittura peggio: sbattuti fuori nella fase a gironi.
E Roby? Bé, certo la sua esperienza all’Inter non potrà dirsi epica, complice una serie di problemi alle ginocchia, una concorrenza surreale (Ronaldo, Zamorano, Djorkaeff) ed i soliti problemi con i mister di turno. Ma la classe, quella racchiusa in movenze innate, ancestrali, resta.
Così come un dubbio che rimmarrà inestricabile: come se la sarebbe cavata infilato in un calcio così fisico e ritmico? Considerando quello che hanno saputo fare fantasisti eccelsi come Benny Carbone, “The magic box” Zola e Di Canio – stelle luminose, ma pur sempre irrise dal bagliore accecante della supernova Roby – verrebbe da dire benissimo. Quell’Arsenal, peraltro, era una squadra sui generis per la Premier: classe, fantasia, lucido ragionamento. Altro che palla lunga e speriamo in qualche santo.
Quella domanda, però, continuerà a rimbalzarci in testa a lungo: metti Roberto Baggio all’Arsenal. E immagina cosa avrebbe potuto fare.