Quello in cui hai accumulato sufficiente esperienza per imparare a gestire qualunque situazione ti si presenti in partita e al tempo stesso avere ancora la prestanza fisica per giocare senza alcuna fatica ai massimi livelli.
Invece io, a 31 anni, non ho piĆ¹ neppure una squadra per cui giocare.
Avevo 17 anni e avevo giocato un pugno di partite con il Torquay in Terza Divisione quando Alex Ferguson venne a vedermi giocare.
Gli piacque quello che vide e mi portĆ² con lui al Manchester United.
PagĆ² la cifra piĆ¹ alta mai pagata per un āteenagerā nella storia del calcio britannico: 300.000 sterline.
Un sacco di soldi allāepoca.
Era il giugno del 1988.
A settembre di quello stesso anno Ferguson mi buttĆ² nella mischia.
Era una partita di campionato contro il West Ham.
Vincemmo 2 a 0.
E quando dopo pochi mesi Jesper Olsen venne ceduto al Bordeaux la maglia numero 11 si trovĆ² improvvisamente senza un padrone capii che era arrivata la mia grande occasione. Non avevo ancora 18 anni e giocavo davanti a 40.000 spettatori allāOld Trafford.
Roba da non crederci.
Mi riusciva tutto facile.
Anzi, i ritmi in Terza Divisione erano assai piĆ¹ ossessivi !
Nella massima serie almeno se sapevi stoppare decentemente un pallone avevi il tempo di alzare la testa e scegliere lāopzione migliore.
Ferguson mi lasciĆ² il tempo di maturare, facendomi giocare spesso ma non facendomi mai sentire troppa pressione.
Anche se non fui felice di dover assistere dalla tribuna alla nostra vittoria in FA CUP, il primo trionfo dellāera Ferguson dopo tanti anni di vacche magre.
Nellāestate del 1990 perĆ² Ferguson fu chiarissimo con me āFigliolo, sarai la nostra ala sinistra titolare ad inizio stagione. Dipende da te se vuoi che quella maglia sia tua per tutta la stagione o menoā.
Giocai una stagione meravigliosa, sensazionale, fantastica.
Vincemmo la Coppa delle Coppe battendo il Barcellona in finale e per me arrivĆ² il premio come āMiglior giovane calciatore dellāannoā.
Avevo appena compiuto 20 anni.
Addirittura qualche settimana prima del mio compleanno arrivĆ² anche lāesordio in Nazionale.
Ero il piĆ¹ giovane calciatore a indossare la maglia bianca dei āTre Leoniā dopo Duncan Edwards.
Cosa poteva andare storto ?
Invece qualcosa di storto cāera.
Era la mia testa.
Avevo 20 anni e pensavo che vivere come un normale ventenne fosse non solo possibile anche per un calciatore professionista, ma che fosse anche la cosa piĆ¹ naturale di questo mondo.
La vita notturna di Manchester era meravigliosa a quei tempi.
Locali a tutti gli angoli di strada, musica fantastica e ragazze che ti cadevano ai piedi.
Passai lāestate del 1991 a āvivereā.
Come un ragazzo di ventāanni.
Con la differenza che avevo molti piĆ¹ soldi in tasca dei miei coetanei e ā¦ diciamocelo, ero e sono anche piuttosto attraente !
Credo che in quellāestate passai non piĆ¹ di 3 giorni sobrio ā¦
Ma il primo giorno di allenamento nei 12 minuti di corsa a cui ci sottoponeva Ferguson per vedere in che stato eravamo al rientro dallāestate arrivai terzo ā¦
Altre vittorie, altre grandi partite (tra cui una tripletta contro lāArsenal in coppa di lega) ma poi qualcosa comincia ad andare storto.
Nel novembre 1992 mi ammalo di meningite.
Non esattamente una passeggiata.
I tabloids inglesi mi sono sempre piĆ¹ addosso.
Le loro risorse di fango da tirarmi addosso sono infinite.
Dicono che mi drogo, che sono ubriaco tutte le sere, che salto gli allenamenti ā¦
Tutte cazzate.
Sto solo male.
E ci metto dei mesi prima di rimettermi a posto, in condizione di giocare a calcio ai livelli a cui avevo abituato il Boss, i miei compagni e i tifosi dellāOld Trafford.
Ma il problema non ĆØ solo il mio fisico che ha bisogno di un poā di tempo per tornare quello di prima.
Lāaltro problema ĆØ che quando sono finalmente pronto per tornare in squadra allāala sinistra gioca un ragazzino secco secco ma piĆ¹ veloce di un fulmine: si chiama Ryan Giggs e capisco subito che riprendere la maglia numero 11 sarĆ un impresa.
E allora divento un ācomodinoā come si dice da questa parti.
Buono per tutte le occasioni ā¦ e per tutti i ruoli.
Terzino sinistro, ala destra, centrocampista centrale e qualche volta perfino nel mio ruolo allāala sinistra quando Ryan era stanco o aveva problemi fisici.
Tante volte in panchina o in tribuna.
Il mio gioco ĆØ basato su tre cose; velocitĆ , cross e autostima.
Le prime due non mi sono mai mancate ā¦ con la terza cominciavo ad avere dei problemi.
Mi metto in testa che le volte che Ferguson mi mette in campo devo per forza fare sfracelli.
Per lāamor di Dio ā¦ qualche volta ci riesco pure !
Contro il Barcellona in Champions League nellāottobre del 1994 semplicemente non riuscivano a prendermi.
Un assist (uno dei miei cross al bacio per Hughesy) e un gol ā¦ e che gol !
Un colpo di tacco che fece venire giĆ¹ lāOld Trafford !
Ma i guai fisici cominciavano a diventare sempre piĆ¹ costanti e quando la stagione successiva arrivĆ² una brutta frattura alla caviglia pensai davvero che ormai la sfortuna mi si fosse appiccicata addosso.
Quando tornai Kanchelskis, lāala destra titolare, venne venduto allāEverton.
E visto che Giggs sullāaltra fascia era ormai semplicemente di un altro pianeta pensai che quella potesse diventare la mia posizione.
Ferguson perĆ² stava allevando una generazione di piccoli fenomeni nelle giovanili.
Uno di questi era biondino, con i capelli sempre impeccabili.
Non era un fulmine di guerra ma con il piede destro faceva davvero quello che voleva.
Si chiamava David Beckham.
Chiesi di andare via.
Non ne potevo piĆ¹ di vedere i miei compagni sollevare un trofeo dopo lāaltro ed io restare sempre ai margini.
Ok, quando cāera da festeggiare ero sempre una star e nei locali facevo abbondantemente la mia parte ma in campo contavo sempre meno.
Si fece avanti il Leeds United.
Fino a pochi anni prima erano stati fra i nostri piĆ¹ acerrimi rivali.
Anzi, ci strapparono proprio un titolo che sentivamo giĆ nostro nel 1992.
Howard Wilkinson mi voleva a tutti i costi.
Ok, questa ĆØ lāoccasione mi sono detto.
Dopo un mese lāuomo che mi aveva voluto a tutti i costi a Leeds (pagando la bellezza di 4.5 milioni di sterline) venne licenziato.
Al suo posto George Graham.
Uno che con i calciatori ācreativiā e un poā anarchici come il sottoscritto ci va dāaccordo come i gatti con lāacqua.
Non mi sono arreso e per un poā di tempo avevamo trovato il modo di convivere.
Tra un guaio muscolare e lāaltro giocai 26 partite in campionato e feci 5 gol.
Insomma, non avevo fatto sfracelli ma la mia parte si, e appieno.
Ma quella puttana della sfortuna decide di non mollarmi.
Nellāultima partita di precampionato della stagione successiva mi saltano i legamenti crociati del ginocchio.
Allora non era uno scherzo.
Sono rimasto fuori tutta la stagione.
Del sottoscritto tifosi e compagni si ricordano solo per avermi visto nella foto di squadra il primo giorno di ritiro.
Rientro ma non sono piĆ¹ io.
Ho perso quel metro di velocitĆ che per me era tutto, era la ādifferenzaā.
Graham (fra la gioia di tutta la squadra) se ne va da Leeds per accasarsi al Totthenam.
David OāLeary, che era il suo braccio destro, diventa il nostro Manager.
Se non altro ĆØ stato onesto.
āNon rientri nei miei piani Sharpey, occorre che ti trovi una squadraā.
Non mollo, continuo ad allenarmi e a lottare per avere una occasione.
OāLeary forse si commuove e mi butta dentro per una partita di Coppa Uefa contro la Roma.
Dopo unāora in cui dalle tribune mi dicono di tutto (il coro piĆ¹ gentile ĆØ āSharp, you are shit !ā) OāLeary, sempre per compassione mi toglie dal campo.
Sparisco negli spogliatoi.
So benissimo che quella sarĆ lāultima partita a Leeds.
Da lƬ in poi ĆØ un precipitare senza paracadute verso lāabisso.
Bradford, Portsmouth in prestito ā¦ fino ad essere addirittura scartato dallāExeter City, che gioca nella Quarta serie Professionistica.
Accetto di provare per il Grimsby e per il Rotheram.
Niente da fare. Non mi ritengono allāaltezza.
E adesso sono qua, in attesa che suoni quel maledetto telefono e che mi venga data unāaltra possibilitĆ .
A Dubai ? In Sudafrica ? Negli Stati Uniti ?
Dovunque sia ā¦ ma a 31 anni non ho nessuna intenzione di arrendermi ā¦ anche se sono il primo a sapere che il Lee Sharpe di quellāArsenal ā Manchester United di Coppa non tornerĆ mai piĆ¹ ā¦
Lee Sharpe avrĆ effettivamente unāofferta per continuare a giocare a calcio.
Dalla squadra islandese del Grindavik.
Ci giocherĆ sette partite prima di rendersi conto che forse cāĆØ un limite a tutto.
In Inghilterra le uniche offerte che arrivano sono da squadra semi professionistiche.
La voglia di giocare sarĆ piĆ¹ forte dellāorgoglio ma dopo una stagione al Garforth Town anche Lee capisce che non ĆØ il caso di continuare a farsi del male.
A 33 anni Lee Sharpe chiude con il calcio.
E si aggiunge alla lunga, interminabile lista dei calciatori di cui si dirĆ in eterno āavrebbe potuto fare molto di piĆ¹ā ā¦
ANEDDOTI E CURIOSITAā
āUn giorno venne a casa mia Alex Ferguson. Era convintissimo che Giggs ed io fossimo stati fuori tutto il giorno a bere e a fare casino.
Quando suonĆ² alla porta andĆ² ad aprire proprio Giggs che aveva in mano le uniche due bottiglie di birra che avevamo in casa.
Ferguson ce ne disse di tutti i colori.
āSiete stati fuori a bere tutto il giorno e ancora non vi basta. Anche in casa continuate a bere come dei vecchi alcolizzatiā ci disse il Boss su tutte le furie.
Noi incassammo, zitti e a testa bassa.
ā¦ mica potevamo dirgli che stavamo uscendo proprio in quel momento !ā
Ferguson era veramente incredibile.
Sapeva tutto, non lo potevi fregare.
Uscivi al sabato sera e lui al lunedƬ allāallenamento sapeva dovāeri stato, con chi e a che ora e in che condizioni eri tornato.
Allora mi terrorizzava ā¦ poi capii che era un modo per prendersi cura di noi.
Al rientro dal grave infortunio al Leeds trovare posto nel team di David OāLeary per Sharpe fu impossibile. Unāancora di salvezza arrivĆ², nellāautunno del 1998, dal vecchio compagno di nazionale David Platt, neo-allenatore della Sampdoria.
Sharpe fa le valigie per lāItalia, carico come una molla e convinto che questa sarĆ la sua grande occasione.
ā¦ dopo neppure un mese per problemi burocratici Platt verrĆ sollevato dallāincarico ā¦ Sharpe non giocherĆ piĆ¹ una sola partita e prima della fine dellāanno tornerĆ in Inghilterra.
I quattro mesi in Islanda con il Grindavik saranno ricordati da Sharpe per diversi motivi.
Il primo ĆØ sicuramente il calore e lāaccoglienza del popolo islandese e dei compagni di squadra ā¦ ma ancora di piĆ¹ la ferrea regola imposta dalla societĆ sul divieto assoluto di bere alcol.
āI quattro mesi piĆ¹ lunghi della mia vitaā ricorda oggi con un sorriso Sharpe.
āLāerrore piĆ¹ grosso che ho commesso ĆØ stato quello di andare al Bradford. Ero convinto che da lƬ sarebbe ripartita la mia carrieraā.
Invece lƬ ĆØ dove si ĆØ affossata definitivamente.
Chris Hutchings, lāallenatore, faceva la formazione. Poi entrava negli spogliatoi il Presidente e decideva che qualche scelta non gli andava a genio ā¦ ho visto gente giĆ cambiata e pronta a scendere in campo doversi rimettere la tuta perchĆ© il Signor Geoffrey Richmond, il Presidente del Club, non apprezzava la scelta del Mister.
Infine la chicca assoluta del repertorio di Sharpe.
Si gioca Crystal Palace ā Manchester United.
Eā il 25 gennaio del 1995.
Si, ĆØ proprio āquelā Crystal Palace ā Manchester United.
Quello in cui Eric Cantona decide di prendere a calci uno spettatore che aveva dato della puttana a sua madre.
Il Manchester United, dopo essere passato in vantaggio pochi minuti dopo lāespulsione di Cantona, si fa raggiungere da Southgate nel finale.
Quando a fine partita Alex Ferguson entra negli spogliatoi ĆØ unāautentica furia.
Volano bicchieri e panini, le borse dei calciatori e qualche vestito dagli attaccapanni.
Le urla di Ferguson si sentono probabilmente anche nel centro di Londra.
Ferguson ne ha per tutti.
āPallister, porca puttana, non hai rinviato un solo pallone di testa in 90 minuti !ā āInce dove cazzo eri stasera ? in vacanza ?ā āSharp mia nonna avrebbe corso piĆ¹ di te stasera ā¦ e avrebbe fatto piĆ¹ cross !ā āCole, lo sai che per fare gol devi tirare in porta qualche volta ? E centrarla possibilmenteā
Poi Ferguson arriva a Cantona.
Tutti ci aspettiamo il peggio.
Anche se tutti sappiamo che Ferguson un poā di timore nei confronti di quel āmattoā di un francese ce lāha.
Invece il tono di voce del nostro manager cala di diversi decibel.
Diventa quasi gentile.
āEric, figliolo ā¦ non puoi andartene in giro a prendere a calci la genteā.
(Questo racconto ĆØ ancora oggi il ācavallo di battagliaā di Sharpe nelle serate in cui ĆØ ospite e intrattenitore)
Come al solito la prima parte raccontata in prima persona ĆØ āromanzataā da chi scrive ma raccolta da diverse interviste, articoli e profili di e su Lee Sharpe e la sua carriera.
http://www.urbone.eu/obchod/mavericks-cult-heroes-del-calcio-britannico