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Pompey vs Saints: the South Coast Derby

10 ' di lettura“Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio.”, questa era l’idea che Winston Churchill aveva del popolo italiano espressa attraverso una delle sue citazioni più famose. Eppure il più grande personaggio politico inglese del secolo non avrebbe avuto bisogno di andare molto lontano da casa sua per poter trovare un rapporto così viscerale tra lo sport più praticato al mondo e i suoi seguaci più fedeli.

Nella moltitudine di rivalità che possiamo trovare in Inghilterra ce n’è una che appartiene più ad altre terre che a quella d’Albione. Un derby, che derby vero e proprio in realtà non lo è, intriso di un accanimento talmente feroce da poter esser catalogato come odio senza paura di esprimere un giudizio affrettato. Un’amalgama perfetta di differenze sociali e culturali, condita da una mitologia basata su clamorosi falsi storici e da soprannomi degni dei migliori cantori sudamericani, vissuta sul campo in talmente poche occasioni che ogni volta l’evento in sé supera l’effettivo significato sportivo. Una partita del genere potrebbe tranquillamente avere residenza nei quartieri più difficili di Buenos Aires, o nelle sempre difficili sfide sportive dell’Est Europa, oppure anche nei sentitissimi derby di Teheran; invece trova casa a sole due ore di treno da Londra, nella altrimenti pacifica e verdissima contea dell’Hampshire. Stiamo parlando di Portsmouth vs Southampton, Pompey vs Saints.

Due città, due porti, una rivalità

Southampton ha origini antichissime. La prima formazione somigliante a una città risale al primo secolo grazie ai Romani (ma i primi insediamenti sono dell’Età della Pietra), e già in questo periodo viene considerata fondamentale per la sua posizione strategica in fondo all’estuario chiamato semplicemente “Southampton Water”. Il porto della città è sempre stato il fulcro della sua vita, e il costante influsso di commerci con culture differenti ha definito il carattere aperto della sua popolazione. Durante l’età vittoriana diventa “The Gateway of the Empire”, il cancello d’entrata dell’Impero, proprio grazie ai suoi commerci e ai collegamenti con tutto il mondo. E così proprio da Southampton partiranno i Padri Fondatori a bordo della Mayflower, e successivamente le prime navi di trasporto passeggeri oltreoceano, tra le quali nel 1912 la RMS Titanic. L’80% dell’equipaggio sulla nave è della città, che viene di colpo strigliata di una fetta importante della sua working class.

Portsmouth nasce un paio di secoli dopo l’insediamento romano in cima al canale, ma non come città e porto. Infatti sull’isola di Portsea i Romani prima e i Sassoni poi erigono una fortezza a protezione del prolifico tratto di mare. Sempre secondo Winston Churchill, nel 501 un pirata di nome Ports uccide un nobile Bretone sull’isola e fonda la città. Guerra e pirateria sono una costante per Portsmouth, e dopo la fine degli assalti all’arma bianca dei Vichinghi danesi il Re la rende ufficialmente una base navale permanente della marina inglese. Siamo agli inizi del 1200, e quando un secolo dopo scoppia la Guerra dei cent’anni il primo obiettivo dei Francesi è proprio l’isoletta sulla Manica, che viene tartassata di raid e rasa al suolo almeno in un paio d’occasioni. Ma ogni volta la popolazione della città rifiuta di morire, e con le ultime forze rimaste ricaccia indietro gli invasori.

Così finito il conflitto Portsmouth diventa il primo porto al mondo ad avere strutture per la riparazione delle carene delle navi da guerra, e l’unica base navale nazionale ufficiale della Marina. Da quando i galletti d’oltralpe decisero di averne abbastanza di quest’incubo di città (e dopo un altro assedio, stavolta a opera degli stessi inglesi durante la Guerra Civile della prima parte del 1600), Pompey diviene la base di partenza di ogni spedizione della Royal Navy. Da qui James Cook parte a circumnavigare il mondo, undici altre navi fecero vela per la prima volta per colonizzare l’Australia, e l’ammiraglio Nelson si imbarcò per la battaglia di Trafalgar. Nel XX secolo Portsmouth è snodo centrale delle vicende delle due guerre mondiali, e fu scelta come uno dei primi target dei bombardamenti dell’aviazione tedesca negli anni ’40. Ovviamente è da qui che partirono molte delle squadriglie lanciate in Normandia per il D-Day, e il generale Eisenhower teneva il quartier generale delle forze alleate nel nord della città.

Da una parte un porto commerciale, un paese abituato a commerci e traffici col mondo intero sparpagliato docilmente sulla riva di un canale sicuro, difeso dalla conformazione geografica della zona oltre che dagli sforzi di altri. Dall’altra una base militare fondata da un pirata, con più di mille anni di storia di guerra alle spalle, sopravvissuta a decine di assedi e assalti, risorta dalle macerie delle sue mura più volte e costretta a riconquistarsi il suo territorio metro dopo metro con estenuanti combattimenti, spesso il bastione su cui ha versato il peso della difesa di una nazione intera, il tutto condensato in un’isola di 24 chilometri quadrati. A 16 miglia di distanza l’una dall’altra si trovano due città dal DNA completamente e totalmente diverso. Come ci si può sorprendere che possa nascere proprio qui una delle rivalità più accese della nazione?

Pompey vs Saints, una storia senza inizio

Eppure non è sempre stato così. Entrambe le squadre vengono fondate prima dell’inizio del XX secolo: il St. Mary’s Young Men’s Association F.C. nasce nel 1885, nelle case parrocchiali vicino la chiesa omonima, e diventa Southampton FC pochi mesi prima che venga creato il Portsmouth FC nell’aprile del 1898. L’anno successivo entrambe le squadre costruiscono il proprio stadio: un campo di patate a un miglio di distanza dalla stazione ferroviaria omonima viene convertito in Fratton Park, mentre il The Dell del Southampton prende nome proprio dalla conca naturale (per l’appunto dell in inglese) stretta ma dalle terre ripidi che la circondavano adatte alla costruzione delle terrazze per i tifosi.

Il primo scenario in cui si scontrano le due future rivali è la Southern League, dove giocano contro 32 volte. Il bilancio è leggermente a favore del Southampton, ma le due squadre si scambiano in egual misura meriti e titoli fino all’introduzione nel circuito della Football League. Negli anni 20 le squadre militanti nella lega meridionale devono scalare la piramide dalla Terza Divisione, e il percorso di Pompey e Saints inizia a separarsi. Attenzione, perché a parte sporadiche occasioni difficilmente si incrocerà di nuovo. Il Portsmouth trova la Prima Divisione già nel 1925, trionfando in FA Cup nel 1939 e vincendo due titoli consecutivi nel 1949 e nel 1950. Il Southampton invece latita in Seconda Divisione, e nel 1953 trova addirittura la retrocessione.

La particolarità di quello che sarebbe diventato un derby infuocato è che in questi anni non lo è affatto. Sembra incredibile dato l’odio viscerale ancora oggi presente. Gli spettatori del Southampton sono ben felici dei successi dei loro vicini di casa, e molti non si presentano neanche allo stadio preferendo ascoltare alla radio la finale di FA Cup del ’39 che vede i Pompey alzare il trofeo. Non solo, ma la dirigenza dei Saints permette una parata di festeggiamenti proprio al The Dell, con gli spalti gremiti in festa per la vittoria di una squadra del Sud. E negli anni delle vittorie del titolo non è strano trovare svariati spettatori di Southampton sulle terrazze di Fratton Park a godersi uno spettacolo di livello molto superiore a quello assicurato dall’undici della propria città.

Com’è possibile che nei primi cinquant’anni di vita delle due squadre ci fosse rapporti addirittura amichevoli? Dove nasce tutto l’astio apparentemente incontenibile tra le due città, che al giorno d’oggi dichiarano facilmente “noi odiamo loro e loro odiano noi” come fosse una legge naturale sancita al tempo stesso del Big Bang, non è dato saperlo con certezza. Quel che si sa è che un primo punto d’incontro tra le strade di Pompey e Saints si trova nel 1959, quando il Portsmouth retrocede in Seconda Divisione. Ci vorranno 45 anni per ritrovare i blu una categoria sopra gli odiati rivali. Nel 1960, dopo una sola stagione, i Pompeys scivolano addirittura in Terza ma trovano di nuovo la promozione nel 1962 per godere di altre quattro stagioni di sfide con i vicini prima della salita dei Saints in Prima Divisione del 1966.

Se è successo qualcosa, deve essere questo intervallo di tempo il periodo incriminato. I protagonisti della faida non aiutano, incapaci di far luce sulle cause della rivalità. C’è chi si appella alla gelosia dei Pompeys dopo aver perso lo scettro di squadra più forte della zona, chi parla di un odio innato che però come visto non è storicamente del tutto vero. Forse la spiegazione sta nel mezzo, nelle differenze del DNA delle due città, nel carattere tanto scontroso e battagliero di Portsmouth quanto rilassato e aperto al mondo di Southampton (da non confondere con accondiscendente e riluttante però). Fatto sta che si passa dall’assistere pacificamente alle partite più interessanti dall’altra parte del canale, alla creazione di una vera e propria faida di sangue. Una rivalità che nasce nel football, e ne sorpassa ampiamente i confini.

Quelli del Southampton così diventano “scummers” o “scum”, dall’acronimo Southampton City (o Corporation, a seconda della fonte) Union Men, il sindacato dei portuali della città che in uno sciopero non ben datato (chi dice 1930, chi 1890, chi anni ’50) non avrebbe appoggiato la rivolta dei dockers di Portsmouth. Peccato che di questo sciopero non ci sia traccia nei documenti, e che se c’è un posto dove non si può scioperare sono proprio i docks della Royal Navy a Portsmouth. Di contro i Saints dicono che alla biblioteca pubblica sulla Portsea Island vengono eliminate le prove della loro vittoria della FA Cup nel 1976, e anche questo mito viene smentito alla prova dei fatti. Alla fine degli anni ’80 il nickname da affibbiare ai Pompeys viene eletto da un sondaggio su una fanzine: i tifosi Saints scelgono “skate”, che indica sia genericamente i pesci ma è anche un nomignolo peggiorativo per i marinai e in particolare quelli militari. A quel punto anche qui la leggenda supera la realtà, e la storia è che quelli di Portsmouth coi pesci allevierebbero le pulsioni fisiche più ferali nelle lunghe notti di pesca sulla Manica.

A parte questa esageratissima narrazione necessaria per sostenere la rivalità, rimane comunque un astio di proporzioni bibliche. I tifosi del Portsmouth sfoggiano fieri sui loro corpi scritte in cui inneggiano allo sfanculamento del nemico numero 1. In qualsiasi pub dell’isoletta nessuno potrà mai accettare alcun tipo di rimando agli avversari. Loro sono veri e propri combattenti della working class più povera, e quelle mezze seghe non hanno mai potuto nulla negli anni d’oro del tifo organizzato. Dall’altra parte rimarcano come siano loro i veri portuali proletari di sinistra, mentre Pompey è stata per secoli un seggio di destra (anche se la 6.57 crew provò a entrare in politica, leggere “Docker” Hughes per i dettagli), che anche i Saints hanno avuto le loro bande di scagnozzi apparentemente dediti al tifo, e che alla fine quelli nell’isoletta sono chiusi mentalmente quanto lo è geograficamente la loro città e forse anche un po’ tonti. E se una partita al gioco delle pulci (gioco da tavolo evidentemente conosciuto nella zona) tra squadre di pub delle due città vede l’arrivo di 500 spettatori di poco rassicuranti volontà, potete immaginare cosa è successo negli anni sugli spalti degli stadi dell’Hampshire.

Pompey vs Saints, una storia probabilmente infinita

Dagli anni ’60 a oggi Portsmouth-Southampton si è giocata solo 18 volte in campionato, più una manciata di apparizioni di Coppa. La rivalità nel frattempo monta senza freni, e la particolare tendenza di vedere i successi di una contemporanei ai peggiori momenti dell’altra aiuta a caricare il clima, sempre che ce ne sia bisogno.

Lo scontro del ’66, che ha visto poi il Southampton essere promosso pochi mesi dopo in First Division per la prima volta nella loro storia, segna l’inizio delle ostilità. I due gruppi di supporters invadono il campo nel dopo partita e se le danno di santa ragione. Secondo i Pompeys è un massacro vinto da loro, secondo gli altri i Saints anche se divisi in diversi gruppi si difesero spalla a spalla e non si fecero abbattere.

Nel 1976 la partita è ancora più importante. Siamo sempre a Fratton Park, come dieci anni prima, e sempre in Second Division. Ma questa volta in gioco c’è la salvezza del Portsmouth nella seconda serie. La partita viene risolta per il Southampton da un gol di Mick Channon, che a fine carriera avrà anche l’ardore di giocare con i blues del Sud, e così i Pompeys si ritrovano in Third Division. I tifosi di casa non si fanno pregare nell’uscire prima dallo stadio e andare a pararsi davanti il gate di quelli in trasferta, per ricordare comunque chi comanda. Gli enormi scontri non fanno sì che l’entusiasmo cali a Southampton, visto che i Saints festeggeranno di lì a poche settimane la FA Cup, il loro unico trofeo mai vinto, conquistata da quel Bobby Stokes nativo di Portsmouth. Un doppio smacco insostenibile.

Il prossimo scontro importante è nel 1984. La battaglia di Fratton Park. Quarto round di FA Cup, sempre a Portsmouth. I poliziotti ormai contrastano come possono il fenomeno, scortando i tifosi in trasferta armati in tenuta antisommossa e presenziando in grande numero nei dintorni dello stadio. Ma non riescono a fermare quel che succede all’interno. Il difensore dei Saints Mick Dennis si becca una pioggia di monetine dagli hooligans di casa, mentre il nigeriano Agboola riceve svariate banane. “Scummers scummers here we came” cantano i Pompeys, convinti di giocare il replay, ma nel tempo di recupero concesso per i lanci vari il Southampton segna. La terrazza dei tifosi rischia di crollare. E Portsmouth rischia di saltare per aria, tutta intera, nel dopo partita. Una carneficina vera e propria, secondo i testimoni.

Dopo questo ennesimo episodio, e con la stretta delle misure anti-hooligans, scontri come la battaglia di Fratton Park sono stati in un certo senso evitati. Ma ogni nuovo derby è una fonte di preoccupazione, in cui vengono mobilitati svariate centinaia di poliziotti che seguono i due gruppi dall’inizio alla fine e tengono separati i nuclei più caldi.

Nel 2003 il Portsmouth viene promosso per la prima volta in Premier League. E le due rivali si ritrovano ancora. Non è ancora passata abbastanza acqua sotto i proverbiali ponti, sempre che bastino tutti gli oceani della Terra per sanare il conflitto. Quattro partite in due anni di Premier, due vittorie a testa e di nuovo due destini diversi. Solo per il match del marzo 2004 ci sono 94 arresti, soprattutto tra le fila Pompeys, ma il clou è nell’aprile 2005. Harry Redknapp ha da poco saltato la barricata, e dopo essersi licenziato da Portsmouth è andato ad allenare i rivali. Per il South Coast Derby è accompagnato da elicotteri e una scorta composta da veterani dei reparti speciali dell’esercito. Peccato che i Saints non solo perderanno la partita con un rotondo 4-1, ma si ritrovano invischiati nella lotta retrocessione che porta al Survival Sunday, una delle giornate più pazze della storia della Premier League. E i Pompeys aiutano come possono a spingere gli odiati vicini in Championship, perdendo 2-0 contro il WBA che riuscirà nell’impresa di salvarsi. A fine partita tutti al The Hawthorns invadono il campo, tifosi di casa e in trasferta, le bandiere blu intrise di insulti agli scums. Giusto per aggiungere un po’ di sale sulla ferita, dopo la retrocessione Redknapp pensa bene di lasciare la panchina del Southampton per tornare proprio al Portsmouth, dove vincerà la FA Cup nel 2008. L’anno seguente i Saints finiranno in League One.

Le ultime vicende della saga di Portsmouth e Southampton sono ancora una volta dai tragitti discordanti. Dai fasti della FA Cup al baratro finanziario passano pochi anni, e i Pompeys ancora una volta si trovano prima in League One e poi addirittura in League Two, salvati solo dalla resilienza tipica nel DNA della città. Saranno i tifosi a pagare di tasca propria per mantenere il nome e la squadra integri, e lottare nelle divisioni inferiori per risalire. I Saints invece, lavata l’onta della doppia retrocessione, ritornano in Premier League, non più abbandonata dal 2012. Proprio gli anni della doppia retrocessione dei rivali. Le apparizioni in coppa degli ultimi tempi non possono ridare lustro alla sfida, troppo importanti le differenze economiche (e quindi tecniche) tra le due squadre. Ed è vero, sicuramente il South Coast Derby ha imposto (e continua tuttora) un prezzo salato da pagare per le comunità. Esagerato per delle partite di calcio. Ma in un mondo che ormai fa più riferimento all’economia aziendale che alla passione per lo sport, forse abbiamo ancora bisogno di sfide come questa per assaporare il calcio come piacerebbe ancora a noi.

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