Gli invincibili uomini in rosso sembrano un’armata insuperabile, e in campo schierano gente del calibro di Stam, Beckham, Keane, Scholes e Giggs. Sono diretti e orchestrati da una leggenda vivente che risponde al nome di Sir Alex Ferguson, e l’anno prima sono saliti sul tetto d’Europa strappando letteralmente la coppa dalle grandi orecchie dalle mani di uno sfortunato Bayern Monaco.
Ma, attenzione, perché a Firenze non si scherza. Fergie lo sa e non si fida degli uomini del vulcanico presidente Cecchi Gori. Quella Fiorentina è bella e dannata: è estro e sregolatezza allo stato puro, e può far male in ogni momento! In quegli anni la serie A è costellata di campioni, ma i viola non sfigurano di certo in mezzo alle grandi sorelle del calcio italiano.
Francesco Toldo in porta, Tomáš Řepka, Moreno Torricelli, Daniele Adani, Angelo Di Livio, il carismatico centrocampista catalano Guillermo Amor, Mauro Bressan e il genio di Manuel Rui Costa a disegnare calcio. Davanti Enrico Chiesa, Abél Balbo, Lulù Oliveira e Predrag Mijatovic. Ma soprattutto lui, il Re Leone Gabriel Omar Batistuta: l’uomo della provvidenza, l’incontenibile oggetto dei desideri di mezza Europa.
C’è poi un fattore aggiunto, rappresentato dal fatto che quella squadra risponde agli ordini di un guru come Giovanni Trapattoni: non dire gatto se non l’hai nel sacco, quindi! La vecchia volpe lombarda – grande conoscitore di calcio e di uomini – ha vinto tutto, e solo gli sciocchi potrebbero sottovalutarlo.
In quell’occasione, il Trap dà ai suoi giocatori un consiglio che si rivela vincente: “Lasciateli stancare, sbaglieranno e noi dovremo essere bravi a punirli!”. Il vecchio allenatore conosce bene i suoi uomini, sa che al momento del bisogno non sbaglieranno. Soprattutto, sa che non sbaglierà lui: il bomber di Avellaneda.
Detto, fatto. È il minuto ’24 e il capitano dei Red Devils Roy Keane porta palla poco prima del centrocampo, vorrebbe impostare ma è pressato e gli spazi sono tutti chiusi. I viola hanno addormentato la partita, lasciano giocare i rossi di Manchester ma sono pronti ad azzannare con il sangue agli occhi.
L’irlandese appoggia dietro, ma il pallone rimane a metà strada tra Scholes, Stam e il portiere Bosnich. Prende tutti in controtempo. Tutti tranne uno, il migliore. Batistuta non controlla nemmeno, non ne ha bisogno. Calcia di prima intenzione, con l’interno del piede destro. La palla supera il portiere australiano dello United e si insacca in porta: 1 a 0 per gli uomini del Trap e il bomber argentino che esulta per aver beffato i campioni d’Europa in carica.
Ma non è finita. I Red Devils provano a rialzare la testa, ma sono un pugile suonato e il Franchi è una bolgia che renderebbe difficile irrealizzabile ogni sogno di rimonta. La Fiorentina – sorniona e bella – lascia giocare gli avversari e punta tutto sulle ripartenze. L’uomo della provvidenza, là davanti, è evidentemente in giornata di grazia.
È proprio il capitano Batistuta, infatti, che pochi minuti dopo l’inizio del secondo tempo serve al compagno di nazionale Abel Balbo il pallone per il definitivo 2 a 0. Il Re Leone supera lo sfortunato Henning Berg, entra in area di rigore dalla sinistra e, anticipando Stam, appoggia dietro per Balbo che arriva a rimorchio e scaraventa il pallone in rete di prima intenzione.
I temibili Red Devils tornano in Inghilterra con la coda tra le gambe. Poco importa se, alla fine, la Fiorentina uscirà dal girone non superando il terzo posto. Quel 23 Novembre del 1999, gli uomini di Ferguson hanno conosciuto la potenza di fuoco della Fiorentina di Giovanni Trapattoni. Hanno conosciuto, soprattutto, Gabriel Omar Batistuta.
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