Quando José Mourinho si presenta in conferenza stampa prima di un turno di FA Cup si sente che ha un legame speciale con questa competizione. Certamente riconosce l’importanza storica della manifestazione per qualsiasi squadra inglese, ma traspare un sentimento molto più profondo. Forse è la nostalgia dei pomeriggi passati col papà che ormai non è più tra di noi, forse è la nostalgia per un calcio che non c’è più. In quel giorno del 1981 José Mourinho si innamorò di una squadra, il Tottenham Hotspur, e dei suoi due funamboli argentini che decisero quella partita. E fu spettatore attento di quello che lui e moltissimi in Inghilterra reputano ancora il gol più bello di sempre mai segnato a Wembley.
Il Generale e l’arrivo a Londra
La vita di Keith Burkinshaw cambia da un giorno all’altro nell’estate del 1976. Tony Neill annuncia il suo passaggio all’Arsenal e il Tottenham si ritrova senza manager. Burkinshaw era già nello staff come coach, e la dirigenza conosceva il suo passato da allenatore-giocatore nelle divisioni inferiori. Il Generale, come viene chiamato dai suoi giocatori, viene scelto come nuovo capo allenatore. Burkinshaw vuole ricostruire un nucleo solido di giocatori importanti e vincere di nuovo un trofeo per gli Spurs. Si affida a Glenn Hoddle, giovane di bellissime speranze che ha esordito giusto l’anno precedente in Prima Divisione. Ma il progetto è ancora fragile, e il Tottenham retrocede.
La discesa nel purgatorio della Seconda Divisione dura solo un anno. Il Generale comincia subito a scandagliare il mercato per comprare quei giocatori che possono far fare un deciso salto di qualità alla squadra appena promossa. Il momento è favorevole: la Comunità Europea costringe la Football Association ad abrogare una regola in vigore fin dal 1931 che impediva a giocatori al di fuori della Gran Bretagna di giocare per squadre inglesi. Mentre gli altri team iniziano a pensare a qualche innesto dai campionati europei, Burkinshaw pensa più in grande.
I Campionati Mondiali del 1978 si sono svolti da poco in Argentina. È una manifestazione controversa, molto particolare. Due anni prima il generale Videla ha guidato il colpo di Stato contro Isabelita Peròn per prendere il controllo della nazione, e da quel momento arrivano sulla stampa internazionale (seppur poche) notizie di barbare violazioni dei diritti umani. I Mondiali diventano un’enorme macchinazione propagandistica per il regime e in molti Stati europei nascono movimenti di protesta riguardo l’assegnazione della manifestazione. Ma la FIFA non se ne preoccupa e i Mondiali si giocheranno.
La vincitrice del torneo sarà proprio l’Argentina padrona di casa. Nella finale giocata al Monumental di Buenos Aires sconfiggono 3-1 l’Olanda orfana di Johan Cruijff, alla presenza di Videla e tutte le alte cariche del regime. In un clima teso sia sul campo che sugli spalti, la partita verrà ricordata come una guerra senza esclusione di colpi. L’arbitro italiano Gonella viene ritenuto non all’altezza della situazione da molti commentatori, e gli olandesi si rifiutano di presentarsi alla premiazione ritenendo l’arbitraggio nettamente a favore dei padroni di casa. Ma La Selección ha in campo giocatori di grande qualità che meritano la vittoria come Mario Kempes (capocannoniere del torneo), Daniel Passarella e Osvaldo Ardiles.
Il Generale Burkinshaw ovviamente vede i Mondiali, e capisce subito che nessuna squadra inglese sta inseguendo quei calciatori. Corre dalla dirigenza e categorico fa sapere di voler comprare almeno uno dei giocatori argentini vittoriosi. Prende un biglietto per Buenos Aires e contatta subito Osvaldo Ardiles. Il talentuoso centrocampista argentino già studiava l’inglese e sembrava pronto al grande salto verso il Vecchio Continente. Certamente la sua piccola statura e la esile struttura fisica potevano essere un problema, ma Burkinshaw vede in lui il playmaker perfetto per l’attacco degli Spurs. Ardiles è richiesto da squadre in Spagna e in Italia, ma la presenza del Generale a Buenos Aires velocizza la trattativa. Ossie viaggia da Cordoba all’hotel dove Burkinshaw risiede e dopo poche ore raggiungono un’intesa.
Il Generale chiede al suo nuovo centrocampista se conosce un altro argentino secondo lui pronto a venire a giocare in Inghilterra, per aiutarlo ad adattarsi alla vita londinese. Ardiles non ci pensa due volte e raccomanda il suo compagno di stanza durante i Mondiali. Ricardo Villa ha giocato solo due spezzoni di partita, ma è un’ala ben piazzata e con discrete doti atletiche e di dribbling. Viene da una zona agricola, Roque Perez, a più di 100 chilometri da Buenos Aires e andava a scuola a dorso di cavallo. Non è così convinto di andare in Europa, Ardiles però è suo buon amico e lo trascina verso questa nuova avventura. Dopo due giorni Burkinshaw torna in Inghilterra con i due Campioni del Mondo pronti a vestire la casacca Spurs.
Ossie’s Dream in Tottingham
“Spurs Scoop the World” titola il Daily Express il giorno del ritorno di Burkinshaw a Londra. L’arrivo di due argentini a giocare in First Division è un evento che rimarrà nella storia del calcio d’Oltremanica, i primi a cambiare definitivamente la tradizione del campionato inglese come terra di conquista solo per britannici.
Il Generale fa esordire subito i due nuovi acquisti nell’amichevole estiva contro la squadra belga dell’Antwerp, e la tifoseria già gode al pensiero dei trofei che gli Spurs avranno la possibilità di vincere. L’esordio in campionato poi è speciale, soprattutto per Ricky Villa. In trasferta contro il Nottingham Forest vincitore del campionato l’anno precedente sarà proprio l’ala argentina a segnare dopo pochi minuti.
Le speranze dei tifosi del Tottenham però non vengono ripagate così velocemente. Il team è buono, e i due insieme a Hoddle sono giocatori dall’alto tasso tecnico. Ma Ardiles avrà modo di far notare più volte come il gioco degli Spurs rimanga “insulare”, fatto di alta fisicità, verticalizzazioni e lanci alti e lunghi. Un modo diverso di intendere il gioco rispetto al Sudamerica, e molto diverso da quello giocato in patria da Ricky e Ossie. Glenn Hoddle è l’unico a condividere con loro la voglia di giocare diversamente.
Mentre però Ardiles di adatta comunque bene a Londra, soprattutto grazie alla conoscenza della lingua ma anche per la maggiore propensione alla vita inglese, Ricky Villa soffre terribilmente. Il ragazzino che scorrazzava per il ranch a mungere le mucche e andava a scuola a dorso di cavallo non è a suo agio in Inghilterra. Pensa semplicemente di chiudere i tre anni di contratto e tornarsene nel suo paese. Lo aiuta giusto la grande amicizia di Ossie. Il suo malumore si riflette in campo, dove è timoroso e poco legato al resto della squadra.
L’ultimo trofeo vinto dal Tottenham è la Coppa di Lega del 1973. Le speranze dei tifosi sembrano svanire dopo due stagioni finite mestamente a metà classifica e la terza che si sta chiudendo nello stesso modo. Mentre nei due anni precedenti però la corsa alla FA Cup si è arrestata ai quarti di finale, nel 1981 gli Spurs riescono a passare il turno contro l’Exeter City e si trovano in semifinale contro il Wolverhampton. La prima sfida termina 2-2, ma nel replay un secco 3-0 porta il Tottenham in finale contro il Manchester City. È l’anno del centenario della Coppa, e obiettivo ormai unico della squadra londinese.
Il 9 Maggio 1981 si svolge la finale di FA Cup. Il City passa in vantaggio con lo scozzese Hutchinson, e sembra tenere la partita in mano. Ricky Villa viene sostituito al 68’ dopo una prestazione molto deludente, e va via dal campo desolato. Al 79’ però proprio Hutchinson segna nella propria porta e porta il punteggio sull’1-1. Il pareggio tiene fino al 90’ e anche dopo i tempi supplementari. Sarà necessario il replay, per la prima volta nella storia di Wembley.
Le due formazioni sono di nuovo in campo il 14 Maggio. Il City sembra aver giocato un po’ meglio, mentre il Tottenham viene strigliato dalla stampa. Tutti si aspettano che Burkinshaw metta Villa in panchina, ma il Generale non vuole fare a meno dei suoi uomini più importanti e ripropone l’ala argentina dal primo minuto. La scelta si rivela più che giusta. Ricky è un altro giocatore rispetto alla partita prima e tutta la squadra è molto più concentrata. Bastano otto minuti agli Spurs per andare in vantaggio. Ardiles salta tre uomini al limite e la palla finisce in area, dove proprio Villa la deposita in rete.
I Citizens pareggiano dopo pochi secondi con un gran tiro al volo di MacKenzie e il primo tempo finisce 1-1. Al 50’ un rigore porta in vantaggio il Manchester, ma Garth Croocks segna al 70’ e riporta il risultato in parità. Gli ultimi venti minuti saranno di fuoco. Le squadre si allungano e provano ad attaccare senza sosta. Al 78’ Tony Galvin prende palla sulla sinistra. L’ala irlandese corre a testa bassa 40 metri palla al piede prima di essere pressato da due giocatori sulla linea del fallo laterale. Alza lo sguardo e vede due giocatori totalmente liberi dall’altra parte del campo, mentre Villa sta arrivando a rimorchio al centro. Serve l’argentino, che si porta sul limite dell’area.
Ricky ricorderà successivamente che in quel momento non ha mai pensato di passare il pallone. Lui quello scenario l’aveva vissuto migliaia di volte nella sua testa, mentre da piccolo correva scalzo col pallone tra le mucche e i macchinari del ranch. E la storia era sempre la solita, Ricky che dribblava tutti e segnava il gol decisivo della partita. Essere a Roque Perez o a Wembley non cambiava nulla. La sfida era tra lui e i difensori, e nessun altro. Villa entra col pallone in area, salta due difensori, poi anche il terzo, e appena il portiere si avventa su di lui tira. E come sempre ha immaginato da ragazzino, segna.
Wembley esplode di gioia. Villa permette al Tottenham di passare in vantaggio e di mantenerlo fino alla fine. Gli Spurs vincono la FA Cup del Centenario. Il Generale solleva il primo trofeo della sua carriera e riporta i londinesi a vincere una competizione dopo quasi dieci anni. Ricky assurge istantaneamente a idolo delle folle Spurs, con un gol che è considerato anche ai giorni nostri il più bello della storia dello stadio.
The Kings are claiming their crown
Dopo la vittoria della FA Cup c’è ancora più attesa per la prossima stagione del Tottenham. Ma ancora una volta vicende extracalcistiche irrompono nella nostra storia. Ancora una volta protagonista è il regime autoritario argentino, che per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dalla gravissima crisi economica interna decide di invadere le isole Falkland, territorio di proprietà inglese.
Il clima non è leggero a Londra per i due campioni. Villa racconterà che l’astio verso di lui però arrivava più dai giornali argentini che dagli inglesi. Era stato marchiato come un traditore, che faceva i soldi nella terra nemica. Ardiles capì presto la situazione e si fece prestare per un anno al Paris Saint-Germain. Ricky invece giocherà tutte le partite del Tottenham, a parte la finale di FA Cup dove deciderà platealmente di non scendere in campo. Nessuno dei due argentini solleverà di nuovo la Coppa, vinta dagli Spurs per il secondo anno di fila.
Le strade di Ardiles e Villa si divideranno poco tempo dopo. Ricky ha troppa nostalgia di casa ormai, e pensa di aver già dato tutto quel che poteva. Gioca un anno in MLS e poi torna dritto in Argentina, al Defensa Y Justicia dove si ritirerà nel 1989. Finita la carriera da giocatore, Villa acquista un ranch del tutto simile a quello in cui viveva da bambino e da cui mai avrebbe voluto separarsi. Ossie invece rimane felice al Tottenham fino al 1988, per poi continuare a giocare nel Blackburn e nel QPR e ritirarsi con la maglia dello Swindon Town. Non si guarderà più indietro e rimarrà a vivere in terra d’Albione, dove tutta la sua famiglia ha ormai radici.
Quando gli Spurs invitano le loro leggende a tornare, come per esempio in occasione della loro induzione nella Hall of Fame del Tottenham, Ricky viaggia volentieri fino a Londra. Viene ospitato ovviamente da Ossie a casa sua, come un cugino che ogni tanto va a trovarli. Vanno insieme allo stadio, dove la curva rivolge sempre calorosi applausi al loro ingresso in campo. Nessun tifoso degli Spurs mai dimenticherà Ossie e Ricky, i due campioni sudamericani protagonisti del gol più bello della storia di Wembley.