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Sol Campbell, la dura vita da novellino nello spogliatoio degli Spurs e quell’esordio da sogno

L'apprendistato del colosso di Plaistow in quel di Londra: calcioni, panchine umide e un indimenticabile debutto.

4 ' di letturaGli anni nelle giovanili, qui a White Hart Lane, passano in fretta. Sono cresciuto tecnicamente e mentalmente, ma una cosa continuo a fare imperterrito: dominare lā€™aria. Le mie prestazioni sono convincenti, a tratti soverchianti, tanto da convincere il coach della prima squadra a farmi allenare con loro. Cazzo che emozione! Per me ĆØ un sogno che diventa realtĆ ā€¦ arrivare al campo e poggiare il borsone vicino a quello di Nick Barmby, veder sfrecciare Darren Anderton a pochi metri da me, dover marcare stretto Teddy Sheringham per cercare di fermarlo e fare una bella figura ā€¦ davvero non riesco a crederci. E poi ci sono loroā€¦ i mestieranti della difesa, gente dura e pura che ne ha prese e date tante, loro sƬ che possono spiegare cosa significhi fare il difensore in Inghilterra.

Sono mesi in cui imparo a fare il giocatore di calcio: Neil Ruddock e Steve Mabbutt, con la loro aria bruta, oltre a rifilarmi tanti calcioni, mi insegnano i trucchetti del mestiere, la cui importanza uno sbarbatello come me ignora totalmente. A loro piace il mio atteggiamento: incasso i colpi, molti, e seguo fedelmente il loro esempio. ā€œSii convinto del tuo potenziale, ma non eccedere mai in presunzioneā€, diceva mio padre. E cosƬ faccio, osservo e mi impegno, in allenamento verso fino all’ultima goccia di sudore. Il duro lavoro paga sempre. CosƬ arrivano anche le prime convocazioni. All’inizio colleziono una quantitĆ  innumerevole di fredde e umide panchineā€¦ ma che meraviglia gli stadi gremiti, il tifo caldo, i cori, le pinte di birra agitate in aria.. tutto per ventidue scatenati che scendono in un rettangolo verde. Ma la bellezza del calcio ĆØ proprio questā€™aura di irrazionalitĆ  che ammanta lā€™aria della Domenica, e che ci rende follemente innamorati di questo sport.

5 Dicembre 1992. In una notte gelida giochiamo in casa col Chelsea. Io, come al solito, mi metto buono in panchina, convinto che quello sarĆ  il mio cantuccio per novanta minuti. Bella squadra loro, ci schiacciano e comandano il gioco, tanto che vanno avanti due reti a zero. A un certo punto perĆ² accade lā€™imprevedibile. Coach Venables si volta verso la panchina e mi guarda: ā€œVeloce Sol, scaldatiā€. Non capisco niente di quello che mi sta dicendo, o forse non ci credo. ā€œHai bisogno diĀ una mano Sol? Muoviti, tra poco tocca a te!ā€. Schizzo fuori dalla panchina come un fulmine e inizio a scaldarmi: fanculo lo stretching, ho in testa un turbinio di emozioni che non riesco a gestire, sto per esordire in Premier! Dopo pochi minuti mi chiamano dalla panchina, il cambio si fa. Mi butta dentro al posto di Nick (Barmby), lui giocava in mezzo, io ormai mi ero abituato a giocare dietro e non pensavo minimamente di poter entrare in mediana. Per un istante mi dico ā€œecco adesso farĆ² una figura pietosa, entro fuori ruolo contro questi che ci stanno facendo neriā€. Poi mi calmo, ricordo che non ho nulla da perdere, ma tutto da guadagnare: devo solo pensare a giocare, a godermi lā€™esordio respirando il profumo dellā€™erba. Pochi minuti in cui dare tutto.

Ad un certo punto ricevo un filtrante da Nayim. Sono spalle alla porta, non so minimamente come muovermi, tento uno scarico sulla fascia ma esce un passaggio orribile che viene intercettato dal terzino avversario, il quale perĆ² grazie a Dio rinvia frettolosamente. CosƬ la palla finisce tra i piedi di Dean Austin, che effettua un lancio in area senza troppe pretese, se non fosse che Pat Sinclair va completamente a gallina, e il pallone se lo ritrova addosso Sheringham. Io ero ancora fuori posizione, ma vedo aprirsi un varco nella loro retroguardia, allora seguo lā€™istinto, mi allungo in avanti in una sorta di inserimento, timido, senza crederci neanche piĆ¹ di tantoā€¦ Teddy mi ha visto e con un gran pallone mi mette davanti al portiere. Con la coda dellā€™occhio lo riesco a vedere, mi pare una montagnaā€¦ e ora che faccio? Lā€™agitazione sta per prendere il sopravvento, ma prima che mi si blocchi interamente lā€™arto sinistro riesco a calciare. Faccio partire una conclusione debole, tremendamente brutta. Ā La tocca, la sporca, la rallenta, ma la sfera si avvia lentamente verso la riga di porta. Due secondi che sembrano unā€™eternitĆ , ma ĆØ goal!

Realizzo che il pallone ha varcato davvero la linea. Non so cosa fare, come festeggiare, lā€™unica cosa che mi viene in mente ĆØ correre veloce e saltare di gioia. Alla fine perdiamo 1-2, ma poco importa, per me ĆØ un giorno indimenticabile. Lā€™indomani i tabloids sono piuttosto critici nei confronti della prestazione della squadra, a detta loro di positivo cā€™ĆØ soltanto il mio debutto. Io, dal canto mio, so perfettamente di non aver fatto ancora un bel niente. Del resto il calcio ĆØ ricco delle storie di giovani esordienti promettenti; io voglio diventare piĆ¹ di una meteora, piĆ¹ di un astro nascente consacrato al dimenticatoio. E per farlo cā€™ĆØ unā€™unica via: work hard.

Anche perchĆ© questo ĆØ uno sport che ti mette a dura prova, fisicamente sƬ, ma soprattutto mentalmente. Le cose infatti per noi non vanno troppo bene, la classifica ĆØ quella che ĆØ, pertanto nessun allenatore in un momento come questo si sente di puntare su un giovane talentuoso. Meglio lā€™usato sicuro in questi casi, cosƬ si dice. Lo capisco, del resto sono un novellino, pedalo e continuo a farmi il culo. Il duro lavoro paga sempre. Finalmente la musica cambia quando in panchina arriva Osvaldo Ardiles, una divinitĆ  da queste parti. Mi piace, e anche io a lui. Sfortunatamente Austin si fa male, non vorresti mai prendere il posto di un compagno perchĆ© si infortuna, ad ogni modo a me ĆØ toccato cosƬ. Il coach mi sposta terzino destro per sopperire all’assenza, mi piacerebbe di piĆ¹ giocare da centrale, ma che fai rifiuti un’occasione del genere? Niente affatto. Una volta entrato nell’undici titolare, non ne sono piĆ¹ uscito sino alla fine della mia carriera.

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