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Mi chiamo George Best, questo è il mio dimenticabile esordio ad Old Trafford

4 ' di letturaManchester, 14 settembre 1963

Non avrei mai pensato di iniziare proprio contro questa squadra. Da bambino, qualche anno fa, guardavo le partite a casa di un vicino, un tizio che abitava poco distante da me e che poteva permettersi il lusso di tenere una TV in casa. Non avevamo questo lusso a casa, noi, dunque dovevo andare da lui per rubare qualche sogno infantile, qualche immaginazione che poco tempo dopo sarebbe divenuta realtà, senza che me ne accorgessi.

Scrivo queste parole di sera, dopo aver realizzato il fatto di essere ufficialmente diventato un calciatore professionista questo pomeriggio. Neanche mi ricordo tutto ciò che sia successo ieri, e sinceramente neanche tutto quello che ho vissuto da diciassette anni a questa parte. Li ho compiuti qualche mese fa, sono un ragazzino è vero, sono magro, ho un accento pessimo, una faccia da matricola, delle gambe secche, ma ho un cuore che batte, e sono un giocatore del Manchester United. Adesso posso dirlo, spero di restarci, almeno è questo il mio intento. Il cuore l’ho riempito d’orgoglio, l’ho ascoltato, l’ho sentito più vivo appena sono uscito dal tunnel e ho visto il prato verde immenso di Old Trafford, che da Belfast ovviamente potevo solo supporre esistesse. Non ci credi finché non lo vedi. Sinceramente era un altro lo stadio che sognavo da bambino, era quello del Wolverhampton, il Molineux ma accontentarsi, se così si può dire di un impianto come questo, è sempre bello in certi momenti. Difficilmente mi accontento però, e questo stadio non poteva che essere il migliore in cui fare un esordio, se ci penso con più attenzione.

George Best ha esordito in First Division all’età di diciassette anni

Matt Busby me l’ha detto negli spogliatoi che avrei giocato oggi. Non all’hotel, né sul pullman, né in una sala riunioni o in una sessione di allenamento. Me l’ha detto a bruciapelo, senza concedermi neanche il tempo di ragionare sul fatto che avrei indossato le stesse scarpe con cui calciavo il pallone fuori dai cancelli per farlo dentro. Adesso chi avrebbe pulito queste mie scarpe? Me le sarei pulite da solo o sarebbe venuto un altro ragazzino, più piccolo di me di qualche anno, a farlo? Non c’era spazio per nessun pensiero concreto in quel momento, nemmeno per quello di pulire le scarpe. Me le sarei pulite per conto mio oppure non le avrei pulite e basta.

Il fatto che il coach mi avesse detto che avrei giocato titolare poco prima del fischio d’inizio mi ha dato un grande sollievo: quello di non dover aspettare e mangiarmi l’anima fin quando non avrei lasciato gli spogliatoi e toccato l’erba fresca coi tacchetti. Ha ridotto la pressione saggiamente, capendo che ancora sono un povero ragazzino nordirlandese smarrito, a cui a malapena stanno i pantaloncini e la maglia, e che forse non avrebbe retto la pressione se avesse ricevuto la notizia a colazione o dopo pranzo. Ha fatto la scelta migliore, del resto uno come Busby difficilmente si sbaglia.

George Best
George Best ha giocato al Manchester United fino al 1974

La convocazione in sé per la partita con il West Bromwich Albion era una soddisfazione. Vedere i miei avversari dal vivo, e come vero avversario, mi avrebbe dato un senso di eccitazione e realizzazione che ci avrei pensato per giorni. Ma l’emozione più grande, ovviamente, l’ho provata nel momento in cui ho alzato gli occhi al cielo e ho visto tutti quei tifosi sulle tribune di Old Trafford. Come sono alte, e piene di posti, e quanti erano, e quanto tifavano… Non è stata una prestazione ottima la mia, sinceramente, non di certo una prestazione da numero 7. Non ho segnato, né concesso un assist. Non ho nemmeno fatto tutta questa figura in campo. Sento di aver fatto un esordio mediocre, uno come tutti gli altri. Forse rimarrò fino a fine stagione e poi chissà, andrò in prestito in una squadra di Second Division e farò li la mia gavetta. Quella che mi compete, anche se sono un professionista adesso. Ma quanto sarebbe bello restare qui a Manchester e giocarmi un posto in squadra con gli altri.

L’ho letto nei loro occhi. I miei compagni mi hanno fatto i complimenti soltanto perché era giusto farli ad un ragazzino come me. In parte sono insoddisfatto, e in parte sono soddisfatto. Lo sono per il mio amico David Sadler, che ci ha regalato la vittoria e che ha coronato un sogno sensazionale: quello di segnare ed essere protagonista ad Old Trafford. Mi vengono i brividi a pensarci, sono contento per lui. Sono anche contento perché quel “non male figliolo” di Busby, a fine partita, negli spoglitoi, ha avuto un valore per me. Significa qualcosa, anche se penso di aver fatto schifo oggi.

Sono ancora un ragazzino, ma posso diventare un uomo qui. Me lo auguro, e mi auguro anche che il coach mi convochi ancora, per sfidare nuovi avversari, per darmi una nuova chance e dimostrare che io, quel pallone, forse lo so prendere a calci davvero bene. Giocherei sette giorni su sette, specialmente con questa maglia addosso. Vorrei cucirmela sul cuore, come ho fatto un po’ di tempo fa con quella dei Wolves. Che goduria batterli oggi quelli del West Brom e che sogno esordire in First Division. Spero di diventare qualcuno di importante, oppure spero soltanto di continuare a fare il calciatore professionista. Lo spero davvero.

Tratto dal vero esordio di George Best in First Division

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