Primi passi calcistici a forti tinte biancorosse
Torres nasce a Fuenlabrada, il 20 marzo 1984. A 11 anni sostiene un provino con l’Atletico Madrid, che supera entrando a far parte delle giovanili dei Colchoneros. Tra lui e l’Atletico si forma un legame speciale, impreziosito da record ed exploit personali fin dalle sue prime apparizioni. Esordendo il 27 maggio 2001 al Vicente Calderon contro il Leganés, Torres diventa a 17 anni il più giovane giocatore ad aver indossato la casacca madridista. Per il primo gol deve attendere solo una settimana, nella successiva sfida contro l’Albacete.
Un inizio da urlo, che dà il là ad un’ascesa irrefrenabile. Nella stagione 2001/2002, con 6 reti realizzate, contribuisce al ritorno nel massimo campionato spagnolo dell’Atletico. L’approdo nella Liga carica ulteriormente il Niño, chiamato così per i suoi tratti somatici bambineschi oltre che per la sua incredibile precocità calcistica. Nelle successive cinque stagioni va sempre in doppia cifra di gol, caricandosi la squadra sulle spalle e diventando – a soli 19 anni – il capitano della squadra. Il club però è lontano dai fasti degli ultimi anni e, quando arriva un’offerta monstre dall’Inghilterra, non può che accettare. Torres lascia così la squadra del suo cuore, promettendo a sé stesso che un giorno tornerà ad infiammare il pubblico biancorosso.
Torres faro del Liverpool: tante prodezze, zero trofei
Siamo nell’estate 2007 e il Liverpool vuole riscattarsi dopo la finale di Champions League persa pochi mesi prima contro il Milan. Il tecnico Rafa Benitez vede in Torres il miglior attaccante in circolazione e la dirigenza non bada a spese pur di vestirlo di rosso: 36 milioni di euro vengono versati nelle casse dell’Atletico, sommati al cartellino di Luis Garcia. Un investimento oneroso, ma immediatamente ripagato dallo spagnolo.
Nella sua prima annata ad Anfield Torres realizza 33 gol tra tutte le competizioni, superando il precedente record di un’icona come Michael Owen (ferma a 28). Inoltre, con 23 gol in Premier, risulta lo straniero più prolifico di sempre nella sua prima stagione in Inghilterra (primato che apparteneva a Ruud Van Nistelrooj). Anfield fa presto ad innamorarsi del suo nuovo centravanti, che dribbla gli avversari come birilli per poi punire il portiere di turno con conclusioni potenti e precise. Prodezze in serie che non contribuiscono ad arricchire la bacheca del Liverpool, ma che regalano al Niño un posto speciale nel patheon dei tifosi della Kop.
Gli infortuni e l’esperienza altalenante al Chelsea
Nelle ultime due stagioni al Liverpool, qualcosa s’incrina nel fisico e di conseguenza nella testa dell’ariete spagnolo. Torres si procura due gravi infortuni al ginocchio destro, restando fuori per tanto tempo e perdendo quel mix tra potenza, agilità e fame di gol che era sempre stato il suo marchio di fabbrica. Un calo di rendimento di cui si avvertono le prime avvisaglie al Liverpool, ma che si concretizza dopo il suo passaggio al Chelsea. L’addio al popolo di Anfield avviene nel gennaio del 2011, quando i Blues mettono sul piatto una cifra mai spesa da un club inglese per un giocatore: 58 milioni di euro. I londinesi possono però contare solo sulla brutta copia dell’infallibile cannoniere che è stato, che si riaccende in via del tutto episodica.
L’esperienza al Chelsea di Torres ha un che di paradossale visto che, pur nella globale mediocrità delle sue esibizioni, riesce comunque a conquistare trofei importanti e a segnare gol decisivi. Nel 2011/12 i Blues si aggiudicano la Champions League battendo in finale il Bayern Monaco, dopo aver eliminato al penultimo atto il Barcellona. Proprio di Torres il gol che manda k.o. i blaugrana, nella combattutissima semifinale di ritorno. Lo spagnolo si conferma uomo da match importanti l’anno successivo, aprendo le danze nella finale di Europa League vinta per 2-1 contro il Benfica. Due exploit a cui fanno da contraltare tanti gol miseramente falliti, oltre alla sensazione che Torres non sia più – innanzitutto nella testa – il giocatore di qualche anno prima.
Protagonista della Spagna pigliatutto
Se a livello di club la carriera di Torres è da considerare altalenante, lo stesso non si può dire per la sua esperienza in Nazionale. Torres è infatti uno dei punti cardine sui cui si poggia la rinascita della Roja, uscita con le ossa rotte dall’Europeo 2004. Inevitabile il ricambio generazionale, vista la schiera di talenti pronta a prendersi la Nazionale maggiore. Oltre a Torres, emergono giocatori del calibro di Xavi, Iniesta, Sergio Ramos e David Villa che, uniti a leader esperti come Puyol, danno vita ad una delle più forti nazionali di tutti i tempi.
Dopo l’interlocutorio Mondiale del 2006, la Spagna inizia la sua epoca d’oro prendendosi l’Europeo del 2008. Competizione in cui Torres recita la parte del leone, segnando il gol decisivo nella finale contro la Germania. Un successo che, unito alla grande stagione al Liverpool, vale al Niño il terzo posto nella classifica del Pallone d’Oro. La striscia positiva degli iberici prosegue con il Mondiale In Sudafrica, nel quale Torres lascia a Villa lo scettro di marcatore principe. La Spagna chiude poi una leggendaria tripletta vincendo il secondo Europeo consecutivo (avvenimento mai accaduto della storia). Con la rete del momentaneo 3-0 nella finale vinta contro l’Italia, Torres diventa l’unico giocatore ad aver segnato in due diverse finali degli Europei.
Il ritorno del figliol prodigo a Madrid
Dopo una fugace e deludente parentesi al Milan, nel 2015 Torres torna a casa. Il 4 gennaio, ad attenderlo al Vicente Calderon ci sono 45.000 tifosi in delirio. Pur avendo ammirato negli anni precedenti attaccanti del calibro di Aguero, Falcao e Diego Costa, il popolo Colchonero non ha mai dimenticato un simbolo come Torres che, dal canto suo, ha sempre sognato di tornare nella sua squadra del cuore.
Naturalmente non è più il ragazzo prodigio di 10 anni prima, ma riesce comunque ad inanellare soddisfazioni personali e di squadra. Il 6 febbraio 2016, contribuendo alla vittoria sull’Eibar, segna il suo centesimo gol con la maglia dell’Atletico. Un risultato di tutto rispetto, ma nulla a che vedere con la conquista dell’Europa League nella stagione 2017/18. Il primo trofeo con la squadra che l’ha cresciuto, lanciato e riabbracciato. L’epilogo migliore per la carriera di una stella del calcio moderno che poteva essere ancora più splendente.
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