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Una Champions all’improvviso: Roberto Di Matteo ed il tempismo

Fortunatamente per i Blues, quella sera di maggio il genio ebbe la sorte migliore. Il Chelsea è Campione d’Europa per la sua prima volta...

5 ' di letturaDi Filippo Rocchi

19 maggio 2012, Allianz Arena. Tutto si preannuncia per una marcia trionfale del Bayern Monaco sullo sbandato Chelsea. Era impossibile perdere contro una squadra senza attitudine mentale e con il vice-allenatore a capo. La casa bavarese era pronta per tornare ad accogliere la Champions League.

Bisogna però fare un balzo temporale indietro. Roberto Di Matteo è un ragazzo nato a Sciaffusa, una cittadina svizzera, da due italiani emigrati in terra elvetica. Da giocatore troverà il suo massimo splendore con la maglia della Lazio. Il biancoceleste si trasferì poi al Chelsea disputando un paio di stagioni ancora ad alto livello per poi ritirarsi. (LEGGI QUI IL CHELSEA MADE IN ITALY)

Dopo alcune esperienze nelle serie minori inglesi, la svolta della sua carriera arriva di nuovo con il Chelsea. Questa volta arriva ai blues come vice allenatore del nuovo coach, Andrè Villas-Boas. Il portoghese aveva appena disputato una stagione molto positiva al Porto ed approdava a Londra con grandi aspettative.

Il patron Abramovich voleva tornare ai vertici del calcio europeo. Dopo la Champions sfumata con un solo calcio di rigore, il magnate russo non voleva far risultare inutile il suo investimento. Purtroppo l’esperienza di Villas Boas sulla panchina del Chelsea durò appena otto mesi.

Goodbye Villas Boas, Welcome Di Matteo

Di Matteo raccolse una squadra con le forze mentali completamente a terra e con una situazione disastrosa in molte delle competizioni. Concentrandoci sul percorso in Champions, l’italiano riuscì a rimontare un 3-1 al Napoli agli ottavi con una prestazione sublime. Un 4-1 al ritorno con strabordo ai supplementari che non
lasciò scampo ai partenopei. Tutto merito dell’allenatore o i giocatori si erano “limitati” con l’ex tecnico?

Non è dato sapere, fatto sta che questo è solo l’inizio di una splendida favola.
Dopo aver arginato la minaccia Benfica, l’urna di Nyon decise di mettere Chelsea e Barcellona contrapposte per giocarsi l’accesso alla finale. I blaugrana erano in splendida forma ed erano i maggiori indiziati per la vittoria finale. Il passaggio con i londinesi sembrava solo una formalità, ma così non fu. La gara d’andata si rivelerà più equilibrata del previsto. La retroguardia Blues, nonostante sia stata messa a
dura prova, reagì bene non facendo passare neanche l’aria. A decidere il match sarà il solito Didier Drogba con un goal da vero rapace d’area. Lo sterile vantaggio dello Stamford Bridge non poteva far dormire sonni tranquilli alla squadra di Di Matteo. Tutti gridavano alla fortuna del Chelsea in quella partita. “Il Barcellona ha sempre attaccato, in Spagna gliene faranno 6”, così si diceva in giro.

La battaglia di Barcellona

Al Camp Nou si presagiva una vera e propria battaglia, e così è stato. I blaugrana hanno assediato la porta di Cech fin dai primi minuti, trovando però un muro ben solido. A sbloccare il risultato è Sergio Busquets che a porta libera insacca il pallone del virtuale pareggio. Piove sempre sul bagnato: il Chelsea perde capitan Terry (LEGGI QUI LA STORIA DI TERRY), espulso per un brutto intervento su Sanchez. La partita sembra condizionata ed indirizzata verso l’inevitabile eliminazione. Sullo scadere del primo tempo, arriva anche la rete del 2-0 con Iniesta. Di Matteo ed i suoi ragazzi appaiono spaesati, sono in completa balia del tiki taka spagnolo.

“Unbelievable”

Ed è a quel punto che Lampard si prende sulle spalle la squadra e se la trascina in finale. L’inglese serve un filtrante al bacio per Ramires che di prima infila un pallonetto quasi commovente alle spalle di Valdes.

Il Chelsea è ancora vivo. Ora è il Barcellona che deve nuovamente tornare in attacco e provare a ribaltare ancora una volta il risultato. Un rigore arriverà in aiuto del Barcellona: Drogba entra male su Fabregas e l’arbitro assegna il penalty. Tiro dagli undici metri che verrà fallito da Messi che stampa il pallone sulla traversa. Tutte le speranze blaugrana si spegneranno lì. Ogni ulteriore tentativo sarà vano. Nel finale c’è
ancora spazio per l’apoteosi Chelsea: Torres si invola verso la porta ed indisturbato salta l’estremo difensore avversario e segna il goal del pareggio. È fatta! Il Chelsea è in finale di Champions League. Torniamo al principio: 19 maggio 2012, Allianz Arena. Il Bayern sta per concludere una stagione a dir poco deludente: secondo posto in campionato e finale persa in Coppa di Germania. Tutti e due i trofei sono stati
alzati dal BVB ed i bavaresi vogliono almeno rifarsi con la Champions. Sono sempre stati i sfavoriti di questa edizione. Però, dopo aver superato il Real Madrid solo dopo i rigori, non vogliono buttare all’aria il lavoro fatto. Devono alzare quella coppa per l’orgoglio. Le squalifiche di Ivanovic, Terry, Ramires e Meireles non hanno dato dubbi all’italiano che manda in campo il solito 4-2-3-1 con capitan Lampard abbassato sulla mediana insieme a Mikel. Il tridente Bertrand-Mata-Kalou alle spalle dell’unica punta Drogba, la speranza di ogni tifoso Blues. A difendere la porta di Cech, Cole
e Bosingwa sulle fasce, David Luiz ed un monumentale Cahill centrali.

Il teatro delle meraviglie

Un Allianz gremito è il teatro di una delle finali di Champions League più belle di sempre. Nel primo tempo il Chelsea rispecchia perfettamente il gioco imposto da Di Matteo: aspettare l’avversario e ripartire in contropiede. Un Cech miracoloso ed una linea difensiva impenetrabile portano il Chelsea negli spogliatoi a rete inviolata. Molti i rischi corsi, ma la fisionomia della retroguardia data dal tecnico ha quel qualcosa in
più che in pochi sono riusciti a capire. Ad otto minuti dalla fine, i tedeschi riescono a bucare la difesa blues e si portano in vantaggio con il solito Muller. I sogni e la fortuna sembrano essere finiti. Alla sua ultima stagione con la maglia del Chelsea, è Didier Drogba a trascinare i suoi compagni. Dopo una vita dando tutto per quella squadra, la pantera ivoriana non vuole rassegnarsi proprio adesso. 88esimo minuto, calcio d’angolo per i londinesi, probabilmente l’ultima vera azione della partita: Drogba salta più in alto di tutti e la insacca alle spalle di Neuer, è 1-1. Gli uomini di Di Matteo esplodono dalla gioia, sono riusciti a pareggiare una partita già scritta.
Nei supplementari è ancora Drogba il protagonista della sfida. Questa volta però, come in semifinale, atterra in area Ribery. È calcio di rigore. Tutti gli sforzi degli inglesi sembrano essere vanificati in quell’unico intervento. Sarà per l’amore verso la sua ex squadra, sarà per ingenuità, ma Arjen Robben tira uno dei rigori peggiori della sua carriera e l’appoggia tra le mani di Cech. Il Chelsea è ancora vivo. I tedeschi
attaccano all’impazzata, ma non c’è nulla da fare, si va ai rigori.

Meravigliosamente, Didier Drogba
Dopo il primo penalty sbagliato da Mata, il Bayern si porta in vantaggio nella serie con Lahm, Gomez e lo stesso Neuer. I due a sbagliare saranno Schweinsteiger ed Olic, mentre il Chelsea li segnerà tutti. Quello decisivo non poteva tirarlo che lui: Didier Drogba. In quella partita aveva fatto vedere tutto se stesso, genio e sregolatezza. Fortunatamente per i Blues, quella sera di maggio il genio ebbe la sorte migliore. Il Chelsea è Campione d’Europa per la sua prima volta.

E poi diteci che è un solo gioco

Quella rappresenterà la stagione di spicco per molti dei protagonisti di questa favola, allenatore compreso. Gente come Di Matteo, Bertrand, Kalou e molti altri dopo quella notte sono finiti nel dimenticatoio. Anche il Bayern si prese le sue rivincite solo 12 mesi dopo riuscendo a portare a casa la coppa dalle grandi orecchie. È come se per quella sera, ogni legge del calcio non ebbe effetto, e la magia l’ha fatta da padrona trascinando quei ragazzi verso traguardi inimmaginabili. E poi diteci che il calcio è solo un gioco.

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