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Verón e il Manchester United: guizzi e delusioni di un amore mancato

4 ' di letturaJuan Sebastian Verón arriva a Manchester, sponda Red Devils, nell’estate del 2001. Non sono ancora arrivati i petroldollari di Mansour e, per il pallone che conta, in città esiste solo lo United.

Quando sbarca in terra d’Albione, la “Brujita” (la streghetta in argentino, soprannome ereditato dal padre Juan Ramón Verón, anch’egli ottimo centrocampista negli anni ‘60 e soprannominato la “Bruja”) è già celebre per aver disegnato calcio, in Italia ed in Europa, con le maglie di Sampdoria, Parma e Lazio. Un campione all’apice della sua carriera.

A 26 anni, oltre ad essere stabilmente nell’undici titolare dell’Albiceleste, nella sua bacheca ci sono 2 Coppe Italia, 1 Supercoppa Italiana ed una Coppa UEFA conquistate da protagonista.

Verón cerca la definitiva consacrazione alla corte del migliore, Sir Alex Ferguson, in una delle squadre più forti di tutti i tempi. Una squadra che può contare su gente del calibro di Laurent Blanc e Gary Neville in difesa, Van Nisterlooy, Solskjaer e i “Calipso boys” in attacco. E, soprattutto, una squadra che affida le chiavi del centrocampo a campioni come Roy Keane, Ryan Giggs, Paul Scholes, Nicky Butt e David Beckham. Praticamente degli Dei.

Juan Sebastian Verón viene accolto come un Re da giornalisti, compagni di squadra e tifosi. Niente di nuovo, da quelle parti, per chi inventa calcio e può far divertire addetti ai lavori e pubblico. La ciliegina sulla torta da inserire in mezzo al campo per disegnare traiettorie impossibili ai più. Un diamante in mezzo ai diamanti.

E la Brujita ci prova davvero. Parte bene, un assist dei suoi a Ryan Giggs nel 2 a 2 finale contro il Blackburn ad Ewood Park, un gran gol alla quarta giornata nel 4 a 1 rifilato all’Everton ad Old Trafford. Sempre titolare nelle prime cinque partite ed il premio di miglior giocatore della Premier nel mese di Settembre. Le premesse per una bellissima storia d’amore ci sono tutte, ma il feeling non scatta e non scatterà mai.

Piano piano, nel corso della prima stagione, Verón si eclissa. È un lontano parente del giocatore ammirato in Italia e non riesce ad integrarsi davvero nella galassia United. Non fa gruppo, nello spogliatoio sta sempre da solo e non parla mai con nessuno.

Quando le sue prestazioni peggiorano, i maligni tirano in ballo presunti dissidi con i compagni. In particolare con il capitano Roy Keane, che anni dopo dirà di essere stato effettivamente troppo duro ed esigente con l’argentino.

Il problema più importante, però, è di tipo tattico: la Brujita non trova una precisa collocazione in campo. Accantonando il suo celebre 4-4-2, Sir Alex prova a inserirlo nel nuovo 4-3-3 di stampo europeo, ma Veròn è un anarchico dai piedi gentili poco incline ai dettami tattici e molto più propenso a cercare, in piena libertà, il suo personale lampo di genio.

Fergie, nella sua autobiografia, dice: “Verón era un calciatore eccellente. Il problema era che non riuscivamo a trovargli una posizione. Se lo facevamo giocare centrocampista centrale finiva a fare il trequartista, o si allargava a destra o a sinistra; andava dov’era il pallone. Fu sempre difficile farlo coesistere con Scholes e Keane a centrocampo.”.

Il primo anno è un fiasco completo: “zeru tituli”, come dirà qualcuno anni dopo. In Premier, lo United si piazza al terzo posto alle spalle di Arsenal e Liverpool e, come se non bastasse, non vince nessuna delle competizioni a cui partecipa.

Nonostante tutto, Sir Alex continua a dare fiducia a Verón, arrivando addirittura ad uno scontro frontale con i giornalisti dopo l’eliminazione ai quarti di Champions League per mano del Bayer Leverkusen. In conferenza stampa, come al solito senza peli sulla lingua, lo scozzese difende a spada tratta il suo centrocampista: “Verón è un fottuto campione e voi siete tutti dei fottuti idioti”. Attestazione di stima e conferma per l’anno successivo.

Nella seconda stagione, Verón parte bene e sembra essersi finalmente ritagliato un posto nell’assetto tattico dello United. L’argentino è più a suo agio e si vede. Gestisce meglio il centrocampo e non fallisce gli appuntamenti importanti: le partite del girone di Champions e, in particolare, quella di Premier contro i campioni in carica dell’Arsenal, con lo United che vince 2 a 0 anche grazie ad un’ottima prestazione della Brujita.

A Marzo, però, nel match contro il Leeds, Verón rimedia un brutto infortunio al ginocchio che lo costringe a rimanere ai box fino al termine della stagione. Di fatto, è la fine della relazione tra l’argentino e i Red Devils. Anche a causa dell’infortunio della Brujita, Sir Alex torna al suo celebre 4-4-2 e, dopo un’epica rimonta sull’Arsenal, con quel modulo il suo United riesce a laurearsi campione d’Inghilterra.

Anni dopo, riferendosi a quei due anni insieme, Ferguson ricorda: “Verón non poteva giocare con noi. Era un solista. In certi momenti era sublime, e dal punto di vista del talento era indiscutibile. Semplicemente non era adatto alla squadra. Il calcio inglese non era un problema per lui, era coraggioso, aveva le palle”.

E proprio il calcio inglese continua, ancora per un anno, ad essere il teatro in cui si esibisce Juan Sebastian Verón da La Plata.

A fine stagione, infatti, non più sicuro del posto da titolare, la Brujita accetta la corte del Chelsea e del suo nuovo Presidente, un intraprendente imprenditore russo di nome Roman Abramovich.

Ne sentiremo parlare, ma questa è un’altra storia…

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Giovanni Mastria
Nato a Lucca, classe 1991. Scrivo con passione di cultura, attualità, cronaca e sport e, nella vita di tutti i giorni, faccio l’Avvocato.

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