Mettiamola così: se vivi in Gran Bretagna a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta e le gradinate degli stadi sono la tua seconda casa, forse non stai passando un momento da incorniciare. Al numero 10 di Downing Street il nome Margaret Thatcher suona come un presagio nefasto per decine di migliaia di appassionati che hanno inciso poche semplici regole nel cuore: Support your local team. Provate a scandire le parole. Quasi una liturgia. Una fede laica.
La questione è che gli occupanti delle Terrace (le gradinate, appunto) non assomigliano esattamente ad un gruppetto di seminaristi in gita in Vaticano. La loro fama li precede e raramente può essere ritratta come edificante agli occhi dell’opinione pubblica. Gli Hooligans rappresentano una pianta dalle radici profonde che Thatcher si è ripromessa da estirpare: cercando lo scontro fisico con gli avversari delle altre Firm (i gruppi di supporters organizzati di ogni club del Regno) e con la polizia, rappresentano ormai un problema di ordine pubblico di fronte al quale non è più possibile voltarsi dall’altra parte. Questi gruppi sono formati in prevalenza da Skinhead e Hard Mod. Il loro abbigliamento li renderebbe facilmente distinguibili anche nel bel mezzo di un concerto degli Oasis con centomila persone.
E cosa c’entra Lucca, una cittadina della provincia Toscana, con tutto questo? Un attimo di pazienza, ora ci arriviamo. Gli hooligans, si diceva, se la vedono brutta. L’unica per non finire nei guai è cambiare modo di vestire. Allora i ragazzi fanno una cosa: iniziano ad aprire gli armadi eleganti dei loro genitori. Vestono in modo classico. D’un tratto, gli stadi britannici si riempiono di figurini che indossano impeccabilmente marche che denotano eleganza come Barbour, Burberry, ma anche Acquascutum ed Henry Lloyd. La polizia non ci capisce più nulla. Le firm cambiano modelli di abbigliamento ogni settimana, pur rimanendo collocati all’interno dello stesso stile, lo stile casual. Quella che sembrava soltanto una via di fuga temporanea diventa rapidamente una sottocultura radicata in tutta la Gran Bretagna, pronta per essere esportata ed emulata.
Un fenomeno tipicamente british, che è riuscito tuttavia ad intascare consensi anche in Italia, dove gradualmente si sono affacciati negozi di abbigliamento improntati al tema. Piccolo stacco in avanti: Lucca, 2021. In Toscana è davvero raro pescare shop che siano un punto di riferimento per la questione. Sì, esiste un appiglio nel capoluogo, Firenze, e poco altro. È così che Simone decide di aprire il suo Casual Shop: un’operazione coraggiosa, specie in un momento complesso come quello che stiamo vivendo globalmente. Ma con una certezza: la passione incendiaria di migliaia di supporters che, anche qua, si riconoscono in una filosofia di vita. Sostieni la tua squadra locale. Difendi la tua fede. “Sapevamo – commenta il titolare del negozio che si trova proprio ad un passo dalla mura – che c’era una grandissima quantità di persone, maschi e femmine, che adora questo stile di vita e questo abbigliamento. Lo sappiamo perché sia io che la mia fidanzata ne facciamo parte, abbiamo potuto toccare con mano questa realtà. Però – ricorda – era come se si fosse formato un gigantesco imbuto: tantissima domanda, pochissima offerta. Quindi ho fatto due conti ed ho realizzato che potevo fare della mia passione il mio lavoro. Quante altre persone possono dire altrettanto?”.
E Casual Shop diventa subito un fenomeno deflagrante. In piena crisi pandemica riesce ad affastellare consensi e, mentre altre categorie si scoprono purtroppo vulnerabili, l’abbigliamento Casual fa perno su un consenso profondo e granitico, che supera le difficoltà. Lyle and Scott, Weekend Offender, Three Stroke, Ben Sherman e molto altro ancora: il negozio diventa una fucina di richieste. In molti arrivano dalle città vicine. Sui profili social si moltiplicano gli ordini.
“Un’iniziativa – conclude Simone – che in questi primi tre mesi ci ha regalato grandi soddisfazioni. Ora vogliamo continuare ad allargare il campionario senza mai perdere di vista la strada maestra del nostro credo e della qualità superiore dei prodotti. Conoscete il vecchio adagio delle Firm? Vestirsi bene, comportarsi male”, sorride.
Un fenomeno, questo, raccontato magistralmente in diverse pellicole che hanno segnato la storia: The Firm (1988) resta il cult. Green Street Elite (2005), narra la storia di un aspirante giornalista americano (Elijah Wood) espulso da Harvard che si prende una pausa per andare a trovare la sorella a Londra e finisce per fare amicizia con l’Intercity Firm, i supporters del West Ham: un successo globale da 4 milioni e mezzo do sterline al box office. Sintomo evidente di un fenomeno che non può e non deve passare in secondo piano: preservare l’onore del proprio club, a prescindere dai risultati sul campo, è un obbligo morale. Farlo vestendosi bene, l’unica via possibile.
Un angolo di Gran Bretagna e della sua più imponente sottocultura – troppo banale ridurla al cliché del tifo – adesso è presente anche nella città murata. Lo trovate in Via borgo Giannotti 42, a Lucca.
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